La democrazia a “caso” nostro. Parlamentari? meglio l’estrazione

di Giampaolo Tomassoni

Scorrendo il numero di gennaio di “Le Scienze”, mi sono imbattuto in un interessante articolo di Alessandro Pluchino et al.1, a titolo “L’efficienza del caso”.

Dal titolo si sarebbe potuto pensare ad un argomento su qualche forma di arcana pompa stocastica, senz’altro zeppo di spasmodici tecnicismi affioranti da convolute distribuzioni gaussiane.

Nvece no. Lì, in termini molto semplici, viene affrontato un argomento a noi piuttosto vicino: come migliorare la rappresentatività di un parlamento (del nostro Parlamento, visto che gli autori sono italiani) in maniera da mitigare la tendenza dei partiti ad imporre le scelte ai propri eletti, ma contemporaneamente evitando il rischio di immobilismo politico?

Gli autori prendono in considerazione l’ipotesi di eleggere una parte del parlamento a caso, letteralmente: il nome di un certo numero di aventi diritto al voto viene casualmente estratto e quindi i soggetti vengono catapultati in parlamento, con pantofole e pigiama, dove vanno a costituire il gruppo degli “indipendenti”.

La cosa in sé non è affatto nuova: nell’articolo scopro che già nella democrazia ateniese di Solone un certo numero di magistrati2 veniva estratto a sorte tra gli aventi diritto. Ma anche senza andare troppo indietro nel tempo e lontano nei luoghi, i numerosi tentativi di “liste civiche”, che oggi vengono organizzati nelle elezioni di ogni grado nel nostro Paese, sono spesso l’espressione della diffusa volontà d’inquinare le schiere dei nostri “rappresentanti” con gente meno vicina alle logiche di partito e, quindi, indipendente e persino più rappresentativa. Gli stessi grillini mi pare che rientrino in questa matrice, se i continui diktat dello stesso Grillo non finiranno per rappresentare una logica di partito.

Da notare che l’elezione di rappresentanti a caso tra gli aventi diritto non sconvolge affatto le fondamenta della democrazia rappresentativa. Infatti, gli eletti ovviamente costituiscono un campione rappresentativo dell’intero elettorato proprio perché non vengono selezionati sulla base di attributi particolari: ci sarebbero quindi sia uomini che donne, la persona per bene e la canaglia, l’equo ed il profittatore, il saggio e lo scemo, il professore e lo studente, il giusto e il mafioso, il diavolo e l’acqua santa. Tutte categorie rappresentate nelle debite proporzioni.

Ma allora perché non fare così con tutti i nostri rappresentanti? Sai che risparmio fare estrazioni piuttosto che elezioni? Purtroppo un approccio completamente casuale nella scelta dei rappresentanti avrebbe delle disastrose conseguenze in termini di efficienza legiferativa: troppe teste mal coordinate che (nella migliore delle ipotesi) tentino ognuna d’imporre una personale visione della società, rischiano di proporre leggi troppo poco condivise per risultare accettabili dalla maggioranza. Il risultato netto sarebbe quindi l’immobilismo politico. Il fatto che anche Solone pensò bene di non eleggere tutti i magistrati a caso, forse poteva essere il risultato di qualche disastroso, pregresso tentativo di elezione completamente casuale.

Ma qui entra in campo il lavoro di Pluchino e colleghi, i quali hanno individuato una semplice “regola aurea” tramite la quale stabilire il numero di parlamentari indipendenti, da eleggere a caso, in funzione del numero complessivo di parlamentari e della percentuale dei voti ottenuti dalla maggioranza (vd. regola). L’equazione presuppone un parlamento bipartito o, perlomeno, a due coalizioni compatte (una di maggioranza ed una di minoranza), entrambe con le loro rispettive percentuali di voto normalizzate3.

Gli effetti dell’applicazione della “Regola Aurea” ad un parlamento di 500 membri si possono vedere nella fig.1, dove appare chiaro che maggiore è la percentuale di voti ottenuti dalla maggioranza, maggiore deve essere il numero di parlamentari “indipendenti”. È palese, infatti, che lo strapotere di una maggioranza “allineata” alle direttive partorite in seno alla propria coalizione, può facilmente attuare scelte che sono il risultato dell’influenza della manciata di persone che controlla la coalizione

Fig.1

stessa. Siccome non sempre l’interesse dei pochi è in linea con quello dei molti (Spock docet), si rende necessario un discreto numero di indipendenti in grado di valutare ed eventualmente scartare quelle proposte di legge che andrebbero contro gli interessi del Paese.

Interessante è anche il caso di maggioranza minima (51% a sinistra nel grafico), dove è evidente che gli indipendenti rappresentano di fatto l’ago della bilancia parlamentare. Questo è tipico di un sistema nel quale ci sono due opposte pulsioni che vengono fatte emergere alternativamente da un sistema di filtraggio stocastico (gli indipendenti): chiunque proponga una legge potrò attendersi di vederla accettata solo se condivisibile dalla maggioranza dei cittadini. E ciò indipendentemente da chi la propone.

Per me tutto questo ambaradan non fa altro che confermare quanto perfettibile sia il nostro sistema di rappresentanza democratica e quanto a volte una soluzione possa essere controintuitiva: affidare al caso le sorti di una nazione non pare la soluzione migliore di primo acchito…

Ma, ovviamente, col caso si riuscirà a fare una cosa del genere!

 

 

1 Andrea Rapisarda, Cesare Garofalo , Salvatore Spagano e Maurizio Caserta.

2 All’epoca il termine “magistrato” aveva un significato più ampio dell’attuale, dato che anche gli odierni uomini politici venivano considerati tali. Si veda http://www.chiusinews.it/?p=10767#comment-3658 .

3 Nelle votazioni c’è sempre un certo numero di schede nulle e bianche. Normalmente non vengono considerate. Quindi la somma delle percentuali di voto date a maggioranza e opposizione non arrivano praticamente mai al 100%. Un metodo di normalizzazione consiste nel calcolare le rispettive proporzioni escludendo dal novero i voti inammissibili, ottenendo così due percentuali che sommate danno il 100%.

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19 risposte a La democrazia a “caso” nostro. Parlamentari? meglio l’estrazione

  1. carlo sacco scrive:

    Concordo con Miccichè.L’opinione che si è affermata è proprio quella ed i motivi sono quelli indubbiamente, come sono quelli i guasti che ne derivano.Non è una provocazione quella di Miccichè ma la realtà.C’è chi la sa leggere e criticare e c’è chi beve tutto ad occhi chiusi.Ma il problema è sempre ”politico”.

  2. pmicciche scrive:

    Si Tomassoni, certo che sarebbe meglio ma, come vedi, le “grandi” democrazie occidentali pare stiano invece tutte regredendo nuovamente verso il populismo e l’emotività superficiale come base del giudizio. La mia, che in parte ovviamente è una provocazione, vuole solo dire che non è possibile sentire in giro gente che è “stata convinta” che Napolitano ha mandato a casa Berlusconi e messo Monti perché è nei suoi poteri. Neanche così è Democrazia poiché manca la possibilità di avere opinioni diverse a confronto, essendo una delle posizioni oggettivamente errata e solo frutto di una induzione propagandistica. E, quel che è peggio, l’espressione del voto come atto finale viene così ad essere falsata all’origine.

  3. A parte che al telegiornale non l’hanno detto che aveva mangiato Napolitano la sera prima, quindi il dubbio é lecito… 😉

    Secondo me non é creando un’oligarchia per titoli ed esami che riusciremo a risolvere gli annosi problemi della democrazia: si rischia cosí di allontanarsi dal modello rappresentativo e creare una società a due caste.

    E poi gli esami sono strumenti imperfetti, nella migliore delle ipotesi, quando non manipolabili… No, dài. Ma non é meglio seguire la direzione opposta e portare il cittadino piú vicino alle leve del potere?

  4. pmicciche scrive:

    Sono due cose diverse. Un conto e’ valutare un insegnante e un conto verificare che un elettore sappia che la Corte Costituzionale non fa le leggi o che il Presidente della Repubblica non decide di mandare a casa un governo solo perché la sera prima ha mangiato pesante.

  5. No, Micciché, dài. Che poi fanno come per l’ammissione al concorso per insegnanti che c’é in questi giorni: una sequela di quiz assurdi che nulla hanno a che fare con l’insegnamento…

  6. pmiccichè scrive:

    Si è confuso il Diritto al Suffragio Universale con il Dovere per ogni cittadino di possedere i requisiti per esercitarlo. Un conto è non escludere a priori una o più categorie sociali dal diritto di voto, un altro è rischiare di renderlo un atto non consapevole, per lo più emotivo e quindi facilmente manipolabile. Un giorno una persona che criticava una sentenza di un giudice, ripetendo il mantra corrente, mi disse che le leggi che i giudici applicano le fa direttamente il CSM. Un’altra che il Presidente della Repubblica era fuori legge perchè aveva destituito Berlusconi per insediare chi voleva lui, in base ai troppi poteri che gli abbiamo dato. Due esempi questi di persone a cui andrebbe sospeso il diritto di voto. Insomma tutti possono guidare se hanno una patente di guida; tutti possano votare se conoscono le regole base di del sistema sul funzionamento del quale vanno ad esprimere un voto. Basterebbe anche un semplice quiz “oggettivo” di domande per realizzare un primo significativo salto di qualità rispetto alla consapevolezza del voto.

  7. Paolo, ti va di fa’ casino.

    Una cosa è proporre che una parte del Parlamento sia estratta a sorte, un’altra è stabilire quanta parte.

    La prima non ha niente a che vedere con alcun modello, tantomeno quelli deterministici che erano in auge decenni fa, agli albori dell’informatica.

    Sull’altra possiamo senz’altro discutere. Anzi, mi piacerebbe farlo, dato che l’articolo du Pulchino, Rapisarda et alt. mi pare che dica solo che è una funzione semplice che ben approssima la miglior soluzione calcolata da complessi modelli iterativi, senza descrivere questi ultimi.

    Ma è chiaro che mettere in discussione la Regola Aurea non mette certo in discussione il principio di migliorare la rappresentanza (e non solo) del nostro parlamento tramite estrazioni…

  8. pscattoni scrive:

    Davvero curiosa la posizione della Società Italiana di Statistica. Mi ricorda quando da giovane ricercatore mi occupavo con entusiasmo di modelli matematici applicati alla pianificazione urbana. Poi ho dovuto riconoscere, quando ho approfondito nel mio dottorato a Newcastle, che per quelle applicazioni non c’era futuro.
    Per quello che posso capire, lo studio dei ricercatori dell’Università di Catania è una pura ipotesi di scuola, che non può essere realisticamente proposta per la formazione del Parlamento.
    Un affinamento delle tecniche per la scelta casuale di componenti di assemblee può avere una nicchia applicativa per la cosiddetta “democrazia deliberativa”, dove la maturazione delle proposte è affidata ad assemblee che in teoria dovrebbero comprendere tutti gli interessati. E’ rarissimamente possibile. Si ripiega allora su micro assemblee che “rappresentano” il tutto, scelte proprio “a caso”.
    Per chi volesse una buona sintesi sulla democrazia deliberativa consiglio un intervento di Giuliano Amato alla biennale della democrazia del 2009:
    http://www.radioradicale.it/scheda/277485/spirito-e-pratica-della-democrazia-deliberativa

  9. Non volevo dire un parlamento fatto tutto da membri a caso. Questa era la proposta della Società Italiana di Statistica
    che ho scoperto ieri cercando delle note in italiano sul famoso esperimento di Galton. In realta quello che emerge dal nostro studio è che sarebbe molto meglio e piu’ efficiente un sistema misto


    Giampaolo Tomassoni:

    Non capisco. Nell’articolo vi affannate tanto a trovare una regola per calcolare il numero di indipendenti da estrarre a sorte, e poi qui dice che l’obiettivo sarebbe un parlamento completamente a caso?

  10. Non capisco. Nell’articolo vi affannate tanto a trovare una regola per calcolare il numero di indipendenti da estrarre a sorte, e poi qui dice che l’obiettivo sarebbe un parlamento completamente a caso?

  11. luciano fiorani scrive:

    Ai tempi della guerra fredda era facile spacciare la democrazia occidentale come modello universale, oggi finalmente sono sempre più quelli che ne vedono limiti e difetti.
    La realtà è che in ogni epoca e in ogni latitudine hanno sempre comandato le oligarchie. E noi siamo le vittime della retorica democratica.
    La nostra sofisticata democrazia nello scegliere a chi affidare il potere non risulta, alla prova dei fatti, più efficace del modello usato dai talebani, dalle tirbù primitive o dalle chiese (non solo quella cattolica, ovviamente) in cui a scegliere non è il popolo tutto.
    La questione di fondo è il suffragio universale. Se lo si vuol mantenere occorrono molti aggiustamenti perchè così com’è non funziona. Non solo in Italia, ma in nessun luogo.

  12. A proposito della presenza di esperti, le suggerisco di leggere questa nota a questo link http://www.sis-statistica.it/magazine/spip.php?article20&debut_auteurs=180&debut_artR=60
    sul famoso esperimento di Galton che dimostra la saggezza statistica delle folle


    pscattoni:

    Non so come andrà in Islanda. Certo se la riforma della costituzione (poi bocciata da un referendum nel 2006) viene preparata in una baita di montagna con quattro luminari del calibro di Claderoli, è sicuramente possibile che sarebbe venuta meglio con “costituenti” estratti a sorte.
    Ma Alessandro Pluchino dovrebbe calcolare quale sarebbe la probabilità di avere una costituente con personaggi del calibro di De Gasperi, Terracini, Croce, Dossetti, La Pira, Togliatti, Calamandrei, etc.

  13. La democrazia significa governo del popolo, cosa che oggi non è, specialmente in Italia. Selezionare a sorte, fra coloro che vogliano farlo ed abbiamo dei requisiti minimi (fra cui fedina penale pulita) , una parte dei parlamentari, aldilà del nostro modello, significa sicuramente avvicinarsi a quello che questa parola significa. Nel passato ha funzionato molto bene e non solo ad Atene. Il Doge di Venezia per piu’ di 500 anni è stato selezionato con un complicato meccanismo misto di sorteggio ed elezioni, proprio per limitare il potere delle famiglie piu’ potenti. In Canada, qualche anno fa, una selezione di cittadini scelti a caso ha proposto una legge elettorale approvata poi con un referendum. E di questi esempi ne posso fare molto altri. Quindi si puo’ fare e funziona, fra l’altro è a costo zero ed abbassa pure le spese della politica, basta volerlo.

  14. pscattoni scrive:

    Non so come andrà in Islanda. Certo se la riforma della costituzione (poi bocciata da un referendum nel 2006) viene preparata in una baita di montagna con quattro luminari del calibro di Claderoli, è sicuramente possibile che sarebbe venuta meglio con “costituenti” estratti a sorte.
    Ma Alessandro Pluchino dovrebbe calcolare quale sarebbe la probabilità di avere una costituente con personaggi del calibro di De Gasperi, Terracini, Croce, Dossetti, La Pira, Togliatti, Calamandrei, etc.

  15. Resto di stucco per la gradita partecipazione di uno degli autori e spero di non aver fatto troppo danno nel riassumere il senso del vostro articolo.

  16. Salve
    sono uno degli autori dell’articolo citato. La nostra proposta è molto seria anche se ovviamente il modellino è schematico.
    Il sorteggio è stato molto usato nel passato fino ai giorni nostri e sta ritornando in auge. Basti pensare che in Islanda un gruppo di persone scelte a caso sta riscrivendo la costituzione. Per maggiori informazioni potete consultare questo link dedicato al nostro studio e vari commenti/interviste in proposito http://www.pluchino.it/parliament-ita.html

  17. Paolo, la tua preoccupazione é comprensibile e, mi pare, condivisa anche dal gruppo di Pluchino.

    E, infatti, la proposta non é quella di riempire il parlamento di gente a caso, ma solo una (generalmente piccola) parte.

    Ci si può aspettare che la quota indipendente non sarà mai in grado di svolgere un’opera propositiva, ma si limiterà a filtrare le proposte provenienti dagli schieramenti “canonici”.

    Tra l’altro, nell’articolo di Puchino si propone di utilizzare solo gente “fresca” come indipendenti, escudendo quindi chi é già entrato in parlamento (come indipendente o meno non importa). In questo modo si limita l’esposizione dei membri del gruppo al rischio di corruzione del proprio operato.

  18. pscattoni scrive:

    Per quel poco che so di questi argomenti, condivido l’analisi di Norberto Bobbio nel suo “Il futuro della democrazia”, del 1884 e aggiornato sino al 1995. Bobbio individua sei promesse mancate nel sistema democratico moderno, quello uscito dalla rivoluzione francese. Di queste sei limiti della democrazia (sia essa rappresentativa o diretta) cinque possono essere visti come manchevolezze a cui progressivamente riparare. Per uno invece non c’è rimedio ed è quello del “potere invisibile”. Da qui la necessità di trovare meccanismi che possano aiutare ad eliminarlo attraverso la trasparenza.
    Insomma se per i primi cinque limiti si può accetatre una strategia incremntalista per l’ultimo ciò non è dato.
    L’estrazione dei rappresentanti è solo un’utile provocazione.
    E’ ovvio che il voto deve servire a scegliere i rappresentanti migliori. Ve la immaginate la nostra assemblea costituente entratta a sorte? Quante probabilità ci sarebbero state di trovarbi personaggi del livello di De Gasperi, Terracini, La Pira, Croce, Moro, Togliatti e così via?

  19. luciano fiorani scrive:

    Questa interessante segnalazione non fa altro che aggiungere argomenti a quello che finalmente sembra essere diventato un tema non più riservato agli addetti ai lavori ma che ormai trova sempre più spazio in tutti i ragionamenti che riguardano le decisioni politiche.
    Per ragioni di spazio segnalo solo tre spunti sul tema: Chomsky, La rappresentanza non funziona perchè su tante, troppe questini fondamentali, il volere popolare è esattamente l’opposto di quello che decidono i parlamenti (guerre, tasse, welfare…).
    Michele Ainis (costituzionalista), solo col sorteggio di un’ampia parte dei parlamentari si ovvierebbe ai privilegi e agli abnormi costi della casta politica.
    Ernesto Rossi, se si prendessero i primi cento cittadini che incontriamo per strada per sostituire cento parlamentari, la qualità delle leggi non cambierebbe perchè in realtà è un piccolo gruppo di parlamentari (capibastone) a decidere tutto.
    Solo i propagandisti di bassa lega continuano a spacciare il suffragio universale per democrazia. Il nostro sistema è a suffragio universale ma la democrazia (se mai verrà) è altra cosa.

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