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- LA NATURA E LE REGOLE DI chiusiblog.it
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- Accordo per l’innovazione 16/9/2019
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- Articolo Nazione 16 febbraio 2022 su impianto biogas a Montepulciano
- Articolo Ottavia Spaggiari
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- Bettollini, documento del 20 gennaio 2021
- Bilancio Orizzonti 2016
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- Comunicato stampa PD Chiusi 18 Febbraio 2021
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Archivi del giorno: 27 Novembre 2011
L’occupazione francese di Chiusi nel 1799 e la rivolta dei “Viva Maria”
Nel 1796, le truppe repubblicane francesi valicarono le Alpi e occuparono la Lombardia. Il Granduca di Toscana, Ferdinando III, succeduto a suo padre Pietro Leopoldo nel 1791, nonostante avesse sottoscritto un trattato di neutralità con la Francia e l’Inghilterra, vide lo stesso entrare nel proprio territorio le armate napoleoniche.
L’unica
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ABC: Per riportare l’attenzione sui contenuti
di Roberta Mazzetti* e Roberta Meniconi* Poiché riteniamo che occorra ragionare sul merito delle questioni poste, di seguito, pubblichiamo l’intervento che è stato letto dalla portavoce all’assemblea del 21 novembre scorso sul Piano Strutturale. Sono solo una parte delle riflessioni che l’Associazione è venuta sviluppando nelle discussioni interne, e che sono state portate in assemblea come un possibile contributo di un gruppo di cittadini che vivono la città. Saranno i lettori a giudicare se il documento è “un delitto di lesa maestà”, se si tratta di “un regolamento di conti” o se, come invece riteniamo, per i toni e per le questioni che pone, non sia semplicemente un gruppo di domande cui occorrerebbe dare una risposta. Sorge il dubbio che il rumore fatto sul documento non sia altro che un diversivo per evitare di discutere le questioni che poniamo. O forse è l’atteggiamento un po’ sciocco di chi osserva il dito senza scorgere la luna che indica? “L’Associazione ene Comune è una nuova associazione culturale, da poco costituitasi , che si pone l’obbiettivo di contribuire al dibattito locale. Oggi ci proponiamo di farlo anche sul tema del Piano strutturale che è strumento importante, che coinvolge tutti, perché riguarda il futuro della nostra città. Un dibattito che, partendo dal quadro conoscitivo, ponga al centro un’analisi attenta e aggiornata delle trasformazioni che sta attraversando la nostra realtà, focalizzando i bisogni e le aspettative che abbiamo e che attraverso il PS dovremmo tradurre in un nuovo disegno di città. Chiusi vive una fase di passaggio. Molti fattori che ne hanno determinato lo sviluppo nei decenni passati sono o stanno entrando in crisi. E sappiamo che le cose non torneranno ad essere come prima. I Cambiamenti inerenti la nostra specifica dimensione si intrecciano con le più ampie trasformazioni generali, con i cambiamenti istituzionali che probabilmente avranno delle accelerazioni e certamente ridisegneranno i ruoli della programmazione comunale e territoriale. In questo senso il PS assume una strategicità essenziale e deve quindi essere di ampio respiro. Condividiamo l’urgenza di dotare Chiusi di un nuovo Piano. Gli obiettivi di fondo devono essere la crescita della coesione sociale, la valorizzazione delle nostre risorse, uno sviluppo economico assolutamente equilibrato e rispettoso dell’ambiente, una effettiva integrazione con il territorio circostante per rafforzare al massimo la capacità di fare sistema. Questi aspetti, non possono essere solo enunciazioni teoriche o di corollario ai documenti allegati. Ma, devono trovare nelle scelte una piena e chiara coerenza. Nella relazione per il riavvio del PS sono indicati tre requisiti da porre alla base del Piano. 1. La chiarezza 2. La capacità di interagire con gli altri atti di governo del territorio 3. La qualità delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie Questi requisiti non trovano coerenza con quanto prefigura concretamente il piano stesso, almeno per come è presentato. Alcune proposte e obiettivi non ci convincono. Esprimono un respiro corto, contraddittorio per alcuni versi sbagliato. La prima cosa che si evidenzia è che tutto si sta determinando sul dimensionamento. (Che vuol dire?).Vuol dire che in sostanza si ragiona su, dove si costruisce e quanto si costruisce. Al la fine di questo percorso non avremo un PS con cui governare l’evoluzione della nostra città: del suo tessuto sociale, della creazione di nuove prospettive economiche, delle compatibilità ambientali, delle dotazioni infrastrutturali. Ma, forse più semplicemente avremo uno strumento molto simile ad un piano regolatore degli anni sessanta, inadeguato ai nostri bisogni e insufficiente a proiettare Chiusi verso i prossimi decenni, che non sono quelli solo del mattone, ma sempre più quelli dell’innovazione , della conoscenza, della competizione qualitativa di tutti i suoi fattori trainanti, vecchi e nuovi. Il dimensionamento ha condotto immediatamente all’obiettivo del raggiungimento dei 10 mila abitanti. La riflessione non ò tanto, se è un traguardo raggiungibili o irraggiungibile. L’obiettivo prioritario in questo momento non è tanto un’ipotesi numerica di crescita della popolazione (che per forza di cose può essere in questo momento solo teorica). Ma, invece, affermare una nuova fase di sviluppo (progresso), in grado di migliorare la qualità della vita della città, dare la possibilità di una crescita culturale singola e collettiva, creare opportunità di lavoro, favorire nuovi motori di crescita economica, senza compromettere il nostro ambiente, (anzi farlo divenire valore e risorsa), che dobbiamo demandare alle future generazioni e non consumare in una visione dell’interesse immediato e contingente. In ciò, c’è una domanda , la cui risposta deve costituire una priorità: definire un progetto e un’idea di città che permetta ai giovani di costruirsi qui una prospettiva di vita. Pensare di andare altrove deve essere una scelta e non come avviene troppo spesso una necessità. Se non partiamo da qui non esiste nessuna ipotesi di crescita, né numerica , né economica, sociale o culturale. Una città che non offre futuro ai giovani non va avanti. Il motore di cui oggi Chiusi ha bisogno sono le nuove generazioni, che qui vivono, lavorano, fanno impresa , alimentano il tasso di innovazione, accrescono il valore culturale e sociale della città. L’idea di città dei prossi mi decenni deve partire da questo. L’accesso all’abitazione è un tema. Ma, non il solo e forse neanche il più determinante. E comunque non può essere risolto con un’offerta massiccia di nuove edificazioni, che invece potrebbe finire per rispondere ad altre logiche. Diciamo chiaramente che un PS che punta sull’espansione urbanistica e con essa la crescita dell’edilizia vecchia maniera, consuma territorio e assume una visione insufficiente e di brevissimo periodo. Oggi la vera sfida è sulla qualità degli interventi e delle trasformazioni. Il PS non può contenere, ovviamente, i progetti delle trasformazioni stesse, ma deve essere in grado di guidare e prevedere forme di orientamento chiare e incisive. A cominciare da quali meccanismi possano incentivare il recupero dell’esistente. Se non si individuano, si finisce per riproporre per l’ennesima volta una semplice buona intenzione , che rischia di rimanere ancora una volta inespressa: dall’area della fornace, al centro carni, ai tanti volumi del centro storico e dello scalo. Una mole di volumi inutilizzati o sottoutilizzati, sui quali spesso è possibile per i proprietari ricavare una rendita elevata pur rimanendo in condizioni di fatiscenza. Senza scelte attente, potremmo trovarci, fra vecchie e nuove aree produttive, una dispersione di luoghi commerciali, una frammentazione degli spazi adibiti a servizi, privi di una vera capacità attrattiva e con scarsa qualità competitiva, in un contesto in cui le infrastrutture a supporto non sembrano trovare nuove indicazioni di ammodernamento, né risorse necessarie per grandi interventi. A Querce al pino si è sentito parlare di un centro turistico-congressuale, un centro benessere, una piscina. Se così fosse, bisogna sapere che strutture di questo tipo da sole non si reggono se accanto non si affiancano attività commerciali, che si aggiungerebbero a strutture che esistono o che si stanno realizzando e che inevitabilmente costituirebbero una fonte concorrenziale forte con la possibilità di rafforzare il centro commerciale naturale di Chiusi scalo. Una scelta simile non è coerente neanche con una visione di sistema della Valdichiana, visto che strutture congressuali e centri benessere sono esistenti a Chianciano a una distanza di pochissimi chilometri. Sarebbe sbagliato attivare meccanismi competitivi con i comuni vicini. Quello che deve essere fatto è l’opposto. Occorre compiere scelte condivise e unitarie. In tale contesto dobbiamo muoverci per affermare un polo produttivo del fondovalle, attrezzato, dotato di più elevati standard qualitativi sia per i servizi, sia per gli spazi, rendendolo realmente attrattivo per aziende nuove che vogliono insediarsi nel territorio. In riferimento alla rete infrastrutturale nel quadro conoscitivo si fa preciso riferimento alla necessità di coordinamento decisionale tra più livelli istituzionali (provincia e regione), evidenziando come Chiusi sia diventata una realtà da un lato complessa al suo interno e dall’altro distinta dal suo contesto. Partendo dal presupposto che Chiusi debba ripartire dal rafforzare il suo punto di forza e di centralità dei trasporti, non si capisce come un cambio di destinazione per il centro intermodale ferro/gomma con un area di scambio gomma/gomma, per altro fuori dal circuito di collegamento Siena/Perugia, tenga conto della destinazione attuale e delle risorse del patto territoriale, delle problematiche delle infrastrutture viarie di accesso, ma soprattutto significa dare per scontato che il ruolo e la funzione della stazione ferroviaria di Chiusi diverrà assolutamente marginale. Così come non sembra esserci una convincente indicazione strategica nel voler determinare scelte che assumano il valore dato dalle energie rinnovabili, dall’efficentamento e risparmio energetico. Non possiamo non pensare che il nuovo che si edifica o si recupera lo si faccia con questi criteri. Ci sono altri temi che necessitano di ulteriori approfondimenti e una visione più innovativa, a cominciare dalla rivalorizzazione del centro storico, del suo patrimonio , dei tanti spazi recuperati e che rischia di non costituire un vero volano di eccellenza per accrescere le presenze turistiche. Pensare ad un albergo è come costruire una casa iniziando dalla costruzione del tetto. Il lago deve essere valorizzato nei suoi aspetti naturalistici, senza scadere in ipotetiche vocazioni ricreative, slegate dalle reali potenzialità ambientali. Il nostro intervento in conclusione ribadisce la volontà di mettere a disposizione idee e progetti che possano concorrere a formare un’idea innovativa e concorrenziale di Chiusi”. *Roberta Mazzetti-Portavoce dell’Associazione per il Bene Comune *Roberta Meniconi*-Presidente dell’Associazione per il Bene Comune
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