Una delle conseguenze più vistose della lunga fase preparatoria e dell’estenuante campagna elettorale è senza dubbio il dissolvimento del Partito democratico. Un fatto senza precedenti nel nostro comune. L’esito elettorale non ha fatto che certificare quello che era, da tempo, sotto gli occhi di tutti.
Il partito egemone a Chiusi ha fatto parlar di se solo per gli scontri interni e per il commissariamento. Non una parola né prima né durante né dopo la campagna elettorale sui problemi del paese e le prospettive politiche. Insomma il nulla. Nel nuovo Consiglio comunale solo cinque dei tredici eletti hanno la tessera del Pd (Scaramelli, Bettollini, Marchini, Brilli e Fatighenti).
Poco male se fosse una scelta deliberata, ma il risultato è la naturale conseguenza di mesi di guerre interne che hanno lacerato il già debole gruppo dirigente. Le bocciature di Agostinelli, Leandri (due quadri dirigenti esponenti dell’ala rinnovatrice) e quella di Bittoni non sono certo casuali.
L’accordo di facciata che ha portato alla candidatura di Stefano Scaramelli, com’era facile prevedere, non ha retto alla prova dei fatti, e in campagna elettorale si è scatenata la guerra delle preferenze che ha portato in Consiglio comunale solo i candidati “più fidati” del nuovo sindaco.
Se un fatto va riconosciuto è che Scaramelli ha corso praticamente da solo, i partiti che sulla carta lo appoggiavano infatti non si sono certo visti in campagna elettorale e naturalmente i voti sono arrivati oltre che dal tradizionale elettorato ex Pci anche e soprattutto dagli ambienti in cui il nuovo sindaco ha potuto far valere il frenetico attivismo e i rapporti consolidati.
Anche nella scelta dei candidati ha prevalso più la logica amicale che politica e il risultato elettorale non ha fatto che fotografare questa realtà. Nella composizione della giunta, par di capire che le logiche saranno più o meno le stesse.
Ormai senza gruppo dirigente il Pd si vede costretto ad affidare al nuovo sindaco e a singoli personaggi sia la cura dei rapporti con gli alleati che la definizione degli incarichi. Non essendo il Partito democratico in grado di esprimere alcun indirizzo si procede come in una qualsiasi lista civica. Proprio perchè, in realtà, quella che ha vinto le elezioni, seppur con la decisiva benedizione di Ceccobao, altro non è che la “lista Scaramelli”.
Se questa impostazione, pur facendo perdere alla coalizione oltre il 20% di consensi rispetto a tre anni fa, ha consentito di riconquistare l’amministrazione comunale certo non pare offrire le migliori garanzie di governo.
Venerdì saranno annunciati i nuovi assessori, ma si può star certi fin da ora che la giunta sarà il frutto di logiche diverse e contrastanti. Riuscirà Stefano Scaramelli a tenere insieme le tante anime che lo hanno portato a guidare il comune? E’ quello che in tanti si chiedono, proprio perchè alle spalle non può più contare su un partito solido e perchè negli otto anni di assessore non si è mai cimentato con problemi di questo genere.
Quanto al Pd, è difficile ipotizzarne il futuro a Chiusi, perchè la resa dei conti finale è attesa per dopo l’estate.
Paolo, non sono d’accordo con te su Chiusi. Il PD c’è stato ed è quello che hai visto, non è che fin’ora hai visto una visione od un film, è quello, come testimoniano centinaia di comuni italiani.Sì, il bisogno di sinistra c’è eccome se è vero, stà tutto dentro a vedere quale valore si dà quando si proferisce la parola sinistra.Se sinistra vuol dire come è avvenuto fin’ora che si fanno le stesse cose della destra ed obbedendo alle stesse leggi economiche a cui si rifà la destra vorrei sapere cosa intendi per sinistra. Ed infatti è lì il problema del PD, che esiste non solo sulla carta ma anche nella politica che mette in atto.Un esempio piccolo piccolo :adesso ci sono i referendum sull’acqua;mi sai dire se dietro la Suez che stà facendo marcia indietro in Francia, prima che avvenisse questo chi l’ha messo in atto il tutto e per quali ” reconditi” motivi ? Ti ricordi il motto che col privato si risparmiava, si acquisiva funzionalità, scioltezza e si gettavano via meno risorse ? Vogliamo parlare dei contratti di remunerazione a riconoscere ai privati le percentuali sui profitti non mantenuti firmati dagli enti pubblici su questo? Ti sembra che sia ” sinistra”?
Tutto stà a vedere se le parole abbiano un senso o no.
C’è un’altra considerazione da fare e riguarda la trasformazione indotta dai social media nei modi di rapportarsi tra sé e gli altri. Oggi abbiamo un’idea di democrazia che non passa (più) per la mediazione (da parte del partito, della chiesa, della scuola, dell’autorità, ecc.), ma si configura come espressione diretta di rivendicazioni che sono intercettate – ancora, e quando lo sono – in forma populistica (ad es., Libero e Il Giornale sono grandi utlizzatori di Twitter e di Facebook come fonti). Anzi, la mediazione ne viene travolta. In pratica, abbiamo visto trasformarsi internet da biblioteca a redazione, un protagonismo di singoli “nessuno” che appunto induce e rende possibile quella che la Noveck chiama “collaborative democracy”. Al proposito, una molto parziale idea l’avevo fornita qui sul blog in un articolo su wifi, ma è un discorso lunghissimo (e complicato assai :-)), su cui magari ritornerò un po’ … a puntate
In un intervento ad un’assemblea pubblica di qualche anno fa, definii il neonato PD una “pace armata” tra le sue due anime. Ancora non sono riusciti a trovare il collante che tolga le armi e consenta la pace. Paolo, parli di Milano, ma è un candidato “sopportato”. A livello periferico abbiamo le avvisaglie di un fenomeno che sta diventando sempre più generale. Dall’altro lato, non stanno meglio: se chi vota a sinistra è scemo, – ille dixit -, che dire del quoziente intellettivo di chi ha trovato “troppo difficile l’espressione della preferenza” (che ha portato al dimezzamento delle preferenze personali del nostr’omo)? Mi pare che anche cinque anni fa il meccanismo era lo stesso: forse che i suoi votanti si sono, nel frattempo, sciaborditi? Il problema di partiti che sono appiattiti sulle figure che li dovrebbero incarnare (sindaco o “fondatore”, poco importa) sta nel fatto che ogni fuoco brucia per conto suo: troppa amministrazione e poca politica e questo è il risultato.
Il PD a Chiusi non c’è mai stato, perché è ancora da costruire. A livello nazionale c’è bisogno di un partito che rappresenti la sinistra, si chiama democratico, ma si potrebbe chiamare socialista (Spagna), Laburista (Regno Unito), Socialdemocratico (Germania) o addirittura Comunista (Cipro).
Di un partito così in Italia c’è ancor più bisogno se si vuole trovare un’alternativa al regime in atto, quello berlusconiano. Poco più di tre anni fa è stato fatto un tentativo che in alcune parti è riuscito (a Milano sta diventando il primo partito della città) in molte altre no. Chiusi è fra queste. Si tratta di costruirlo. Il rinnovo degli organi dirigenti del PD è forse l’ultimo autobus per un’operazione che finalmente cancelli i cascami del passato. Come poi il PD si porrà nei confronto dell’Amministrazione è uno dei nodi principali.
ciò che esprimi nell’articolo è la conclamazione di un processo in atto ormai da anni che ha portato all’inversione del normale modo di fare politica.
Da un lato il partito era il luogo di dibattito, elaborazione ed espressione delle persone che poi andavano a svolgere il ruolo esecutivo attraverso l’amministrazione del comune.
Il primo passo è stato compiuto quando le amministrazioni sono divenute l’ambito esclusivo di elaborazione delle scelte e degli indirizzi politici, svuotando di fatto il ruolo del consiglio comunale e dei partiti stessi. Il passo successivo è avvenuto nella società, si diceva una volta che i partiti occupavano le associazioni di varia natura presenti nell territorio, oggi, e a chiusi questo fenomeno è particolarmente evidente, il pd è divenuto un contenitore vuoto che viene riempito di volta in volta, con un processo esattamente inverso rispetto a prima. E’ normale quindi che anche la raccolta del consenso e quindi tutte le azioni poste in essere a tale fine abbiano origini diverse, mettendo tra l’altro in pericolo i cardini essenziali del processo democratico di formazione delle scelte politiche e ammnistrative.