Marco Bucaioni Editore

a cura di Anna Duchini

Per la generzione dei trentenni, anche per quelli usciti con il massimo dei voti dalla scuola, l’ingresso nel mondo del lavoro si è rivelato assai problematico. E allora c’è anche chi il lavoro se lo è inventato.

Marco Bucaioni, nato a Chiusi nell’81, residente a Pò Bandino fino alla maggiore età, trasferitosi a Perugia per completare  gli studi presso quella università e diplomarsi in pianoforte al conservatorio, è oggi un giovane imprenditore. Il settore scelto è quello dell’editoria, la sua casa editrice Urogallo www.urogallo.eu ha iniziato l’attività nel 2007 ed ha oggi in catalogo 16 titoli. L’ultimo libro in uscita “Roma. Esercizi di riconoscimento” di Antònio Mega Ferreria verrà presentato in una cornice di eccezione presso la sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini in Campidoglio , venerdi 9 dicembre alle ore 18 , a Roma.

L’intervista è lunghuissima ma è uno sguardo significativo su un mondo e un settore economico ai più sconosciuti.

chiusiblog: L᾿imprenditoria editoriale è stata una scelta o una casualità dettata dall᾿ambiente di studio?

Marco Bucaioni: E’ stata una scelta che nasce dal connubio di due istanze: il campo di studio, da una parte, e l᾿attenzione dell᾿editoria italiana nei confronti del medesimo, dall᾿altra. Il campo di studio in questione è la lusitanistica, ovvero lo studio della lingua, della letteratura e della cultura dei paesi di lingua portoghese, nell᾿accezione più ampia del termine. La lusitanistica, in Italia, se da un lato può ostentare la ponderosa cifra di 24 lettorati di lingua protoghese sostenuti dall᾿Instituto Camões di Lisbona (un ente che fa capo al Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Portoghese), oltre ad alcuni centri gestiti e pagati dalle università italiane, come per esempio il nostro a Perugia, dall᾿altro vanta la bellezza di soli 3 professori ordinari su tutto il territorio nazionale, e un pugno di associati. Al di là dell᾿università, inoltre, l᾿insegnamento della lingua portoghese è totalmente assente nel sistema scolastico o in altri ambiti di apprendimento. In questa situazione, credo, sia quasi una scelta obbligata, se si intende lavorare con il portoghese in Italia, cercare la strada dell᾿editoria, sia come traduttore, sia come curatore ed editore, entrando in gioco anche, a questo punto, il secondo elemento sopradetto, e cioè la scarsa attenzione dell᾿editoria italiana alle letterature dei paesi di lingua portoghese. Se, infatti, dal mondo di lingua spagnola, tanto per fare un esempio non troppo lontano, vengono tradotti e pubblicati in Italia tutti i principali autori in presa diretta (penso ai casi di bestseller come Carlos Ruiz Zafón, o a Roberto Bolaño, per non parlare dei classici e dei moderni spagnoli e ispanoamericani), del mondo di lingua portoghese il lettore comune, per quanto “forte” sia, è nella condizione di conoscere quasi esclusivamente i nomi di Pessoa, Saramago e Jorge Amado. Eppure, ogni anno, molti editori piccoli e medi (penso, su tutti, alla prestigiosissima casa editrice Guanda) si affaticano, spesso su proposta degli stessi accademici, a pubblicare qualche buon titolo di qualche autore portoghese o brasiliano (e più recentemente africano). Ma il fatto che la produzione dal portoghese sia una costola sempre ridotta e collaterale della produzione e del catalogo delle rispettive case editrici, a mio avviso fa sì che questo genere di letteratura sparisca nel mare magnum delle pubblicazioni, o, nel migliore dei casi, venga a confondersi con la narrativa di lingua spagnola. In altre parole: una casa editrice italiana che si occupasse soltanto ed esclusivamente (e in maniera seria) di letteratura dal mondo portoghese non c᾿era. La sfida delle Edizioni dell᾿Urogallo è proprio questa. Come potete immaginare, non si improvvisa una casa editrice, e arrivare a essere distribuiti e visibili su tutto il territorio nazionale è un sogno che ancora non siamo riusciti completamente a realizzare. Ma l᾿obiettivo sembra meno lontano del previsto…

chiusiblog: Quali sono state le difficoltà maggiori dell᾿inizio dell᾿impresa?

Marco Bucaioni: Checché se ne dica e se ne senta spesso dire della fantomatica e bizantina burocrazia italiana, devo dire che l᾿apertura dell᾿attività non ha creato il minimo intoppo burocratico: uscii di casa, andai all᾿Agenzia delle Entrare più vicina, e all᾿ora di pranzo avevo la mia partita IVA. Il pomeriggio alla Camera di Commercio, ed ecco nata un᾿impresa. Ma, si sa, la cosa complicata non è aprire: è tenere aperto. D᾿altra parte, l᾿editoria non è, a livello burocratico, più nulla di speciale. Al contrario del passto, non c᾿è bisogno di alcuna autorizzazione speciale da parte di nessuno per pubblicare libri. Gli unici obblighi legali sono l᾿apposizione del codice ISBN e la relativa catalogazione, e l᾿invio di una copia a ciascuna alle due biblioteche centrali nazionali (Roma e Firenze) e a una biblioteca di zona. L᾿unico impaccio, per un᾿impresa in fase di start-up, è il fatto che, a causa dello speciale regime IVA a cui sottostà l᾿attività del commercio del libro (4% assolto dall᾿editore), gli editori sono obbligati alla contabilità ordinaria, anche se non fatturano nulla. Le difficoltà economiche sono enormi. Credo che il vero cappio dell᾿editoria, che la rende più difficile di un᾿altra attività commerciale, è proprio com᾿è organizzato il commercio librario (e non lo dico solo io). Quando andate a comprare un volume in libreria, infatti, legalmente, nella maggior parte dei casi, non state acquistando dal libraio, ma dall᾿editore. In altre parole: l᾿editore si accolla il rischio di impresa, e paga fin da subito l᾿uscita del libro (stampa, prestampa, traduzione, diritti d᾿autore o di traduzione etc…) e poi immette i volumi in commercio in conto deposito, generalmente tramite distributore. Il distributore, a questo punto, promuove e distribuisce il libro e lo passa al libraio. Se e solo se il volume viene venduto, il libraio corrisponderà la sua percentuale al distributore, e questi, dopo aver decurtato la sua commissione, all᾿editore. Potete capire che, in questa maniera, se non ci solo altri finanziamenti o vendite dirette, per quanto si sia risparmiato nella produzione del libro, molte volte si inizia a rivedere qualcosa da un volume anche 9 o 12 mesi dopo l᾿uscita, se tutto va bene. Dunque a livello economico la difficoltà nell᾿iniziare non è tanto una questione di cifre assolute (che non sono enormi, in definitiva), ma una tragica questione di flusso di cassa e dicapitale immobilizzato. Per fortuna, consci di questa situazione, molti enti provvedono al finanziamento parziale di alcune uscite. Noi, per esempio, non potremo mai smettere di ringraziare lo stesso Instituto Camões e la DGLB (Direcção-Geral do Livro e das Bibliotecas di Lisbona, afferente al Ministero della Cultura) con i cui piccoli finanziamenti siamo riusciti a realizzare i nostri primi lavori. Dal punto di vista delle difficoltà comunicative e di promozione, entriamo nella grande palude nella quale si perde la maggior parte delle nuove case editrici, di qualsiasi cosa si occupino. Com᾿è noto, è difficilissimo farsi prendere in considerazione dal circolo delle grandi riviste letterarie, delle pagine di cultura dei grandi giornali, della distribuzione in genere. In un certo senso, li capisco: in Italia, soprattutto da quando si è diffusa la stampa digitale e la conseguente editoria a pagamento, escono ogni anno decine di migliaia di titoli. Le case editrici attive pare che siano circa 7.000. Districarsi in questa giungla non è facile per nessuno. E, soprattutto, ogni volta che sentiamo la frase “una nuova casa editrice” siamo còlti da un leggero fastidio. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, non nascondo che molti dei nostri colleghi aprano una casa editrice per noia, o per diletto, senza grande senso della realtà e, soprattutto, senza un᾿idea soggiacente. Noi l᾿idea e la linea l᾿abbiamo, e anche abbastanza forte e più vado avanti e più mi convinco che è grazie ad essa che stiamo crescendo.

chiusiblog: Economicamente c᾿è lo spazio per attività di questo tipo nella nostra zona o necessariamente deve guardare anche più lontano?

Marco Bucaioni: Beh, con il nostro catalogo e la nostra missione ispiratrici siamo costretti per forza di cose a guardare lontano e anche lontanissimo. Un catalogo di narrativa straniera come il nostro (anche non necessariamente dal mondo di lingua portoghese) ha tradizionalmente un pubblico ampio, ma dispersissimo a livello geografico e principalmente urbano. Le nostre principali zone di vendita sono (e non c᾿è da stupirsi) Roma, Milano e Napoli in Italia e, benché facciamo principalmente libri in italiano, la stessa Lisbona in Portogallo. Tutto questo non ha nulla a che vedere con il privilegio che rimane quello di avere una sede in provincia, decentrata. Il famigerato uso (e in certi casi abuso: non abbiamo mai stampato una fattura cartacea, tutto in .pdf) della tecnologia permette al giorno d᾿oggi di avere la sede di un᾿impresa anche in cima a una montagna e al contempo raggiungere i mercati delle grandi città. Personalmente sono particolarmente fiero di poter vantare che tutta la nostra filiera di produzione avviene in Umbria. Ci avvaliamo per la stampa infatti di imprese del famoso distretto tipografico di Città di Castello, tra i migliori in Italia, e la nostra sede e redazione si trova a Perugia. Per quanto riguarda l᾿editora in generale, lo spazio economico di crescita credo che ci sia eccome tra Toscana e Umbria. Specialmente se ci si mette a fare libri di respiro locale o a pagamento. Certo, per quanto riguarda la letteratura, non possiamo assolutamente fare affidamento sul mercato del lettore umbro, altrimenti saremmo già falliti da un pezzo. Ma non è una questione di ignoranza o di scarso interesse: è una bieca questione di numeri.

chiusiblog: Con quali contatti ha avviato i rapporti con gli autori dei libri che pubblica?

Marco Bucaioni: Un aneddoto: ero un giovane aspirante traduttore letterario che voleva proporre un testo che aveva trovato interessante a qualche casa editrice. Telefonai al servizio bibliotecario nazionale portoghese, l᾿equivalente della nostra agenzia ISBN Italia. E mi dettero l᾿indirizzo di posta elettronica dell᾿autore in questione. Gli scrissi e lui mi rispose gentilmente e cordialmente. Ci incontrammo fisicamente per la prima volta al Salone Internazionale dell Libro di Torino nel 2006, quando il Portogallo era il paese ospite. Oltre che uno dei miei autori, posso dire oggi che è uno dei miei amici lisbonesi: spesso, quando sono nella capitale portoghese, andiamo a cena insieme e si parla di tutto meno che di lavoro… Ho sempre avuto un ottimo rapporto con tutti i nostri autori. Una delle cause di questo credo sia culturale: i portoghesi in particolare e i cittadini di paesi lusofoni in generale sono persone molto accessibili. D᾿altra parte, le gallonature, le mostrine e le stellette hanno un᾿importanza molto meno marcata che nella nostra società italiana, nella quale l᾿inaccessibilità pare che costituisca il primo e principale sintomo di successo personale. Oggi entro in contatto con gli autori tramite i loro agenti o tramite i loro editori potoghesi in maniera, per così dire, più professionale. Cionondimeno, l᾿ambiente dell᾿editoria e della letteratura portoghese è, per nostra fortuna, pieno di persone che non cessano mai di mostrare il loro lato umano, anche quando stanno trattando di percentuali. Se la domanda andava in un senso gerarchico, ovvero: chi ti ha presentato? La risposta è: nessuno. Per fortuna non sempre sono necessari baroni e padrini. Il buon lavoro ancora ha un suo valore, malgrado tutto, un po᾿ come i pezzi di una scacchiera si difendono un po᾿ da soli, quando l᾿avversario è completamente incapace, per la loro stessa presenza e posizione. In quel fatidico Salone del 2006 ebbi anche la fortuna di entrare in contatto con l᾿eminenza grigia della letteratura portoghese nel mondo: l᾿agente letterario tedesco Ray-Güde Mertin, cioè l᾿agente, tra gli altri, di Saramago, e di decine e decine di buoni autori di lingua portoghese. Dico: ebbi la fortuna perché la sua agenzia, localizzata a Francoforte sul Meno, continua a svolgere con noi un lavoro di grande professionalità e con grande cordialità, ma lo dico anche perché la Ray-Güde è venuta a mancare pochi anni dopo e sarebbe stata un᾿altra cosa iniziare senza il suo avallo e, indirettamente, la sua stima.

chiusiblog: Il catalogo comincia a farsi sostanzioso, quali sono i titoli che hanno incontrato maggior interesse tra i lettori?

Marco Bucaioni: Due su tutti: La Strumentalina di Lídia Jorge e Borges all᾿inferno di José Eduardo Agualusa. Ovviamente stiamo parlando di due autori di riferimento, pubblicati e tradotti in tutt᾿Europa, e la cosa non deve stupire. Ma probabilmente ha giocato un ruolo determinante l᾿edizione testo a fronte, nel caso della Jorge, e l᾿accenno a Jorge Luis Borges fin dal titolo, nel caso di Agualusa. I libri, infatti, spesso vendono e interessano più per la coperta e il titolo, che per altro. Ma tant᾿è: mi fa piacere che siamo riusciti a indovinare l᾿edizione sia in un caso che nell᾿altro, visto che si tratta di “roba buona” a livello di qualità del testo. Viceversa, i nostri volumi di Pessoa, benché siano volumi di grande importanza e ci siano stati non poco utili, per esempio, ad aprire la strada della distribuzione, stanno andando un po᾿ peggio del previsto in termini di vendita assoluta, malgrado le felici e numerose recensioni. Ma un libro è un po᾿ come un investimento immobiliare: i conti si fanno a 5 o 10 anni. Meglio del previsto l᾿operazione di pubblicare alcuni classici portoghesi e brasiliani in lingua originale. Stiamo parlando di piccole cifre, ma la quasi totale assenza di libri portoghesi nel mercato italiano sta facendo in modo che gli studenti, gli studiosi e i curiosi vengano da noi a comprare qualche libello in lingua. Per finire, abbiamo un libro in uscita che si preannuncia il bestseller di sempre: Roma. Esercizi di riconoscimento di António Mega Ferreira, che abbiamo preso in tipografia il primo dicembre, ha già il 70% della tiratura venduto o ordinato dai distributori. Che sia l᾿inizio di una lunga serie? Speriamo.

chiusiblog: Le sono state fornite occasioni di promozione (scuole, comuni, associazioni…) da queste parti (tra Umbria e Toscana)?

Marco Bucaioni: Sia la biblioteca comunale di Chiusi che quella di Città della Pieve ci hanno proposto, a suo tempo, di fare delle presentazioni organizzate da loro. Sarebbe bello poter partecipare ogni anno a qualche evento nella zona. Dopotutto siamo in Italia e il paesello è sempre il paesello. Nella nostra universitaria Perugia, invece, trovo grandi difficoltà nell᾿organizzare eventi. Particolarmente chiusi, alle nostre proposte, ho trovato l᾿assessorato alla cultura del Comune di Perugia e il sistema bibliotecario comunale. Beh, per essere giusti forse non dovrei usare la parola “chiusi”: l᾿impressione che ho avuto è stata quella di totale incomunicabilità, in altre parole: sospetto che non abbiano neanche capito lontanamente quello che stiamo facendo. Forse ci sono stati dei problemi comunicativi da parte nostra: ci torno in giacca e cravatta e poi vi dico com᾿è andata.

chiusiblog: Il settore che ormai dovrebbe conoscere abbastanza bene è un circolo chiuso? Che rapporti hanno gli editori con la politica in Umbria?

Marco Bucaioni: Qui tocchiamo dei tasti dolenti. Da un lato, devo segnalare che la Regione Umbria, tramite i suoi addetti alla cultura, cerca di sostenere l᾿editoria umbra in tutti i modi. Magari non sempre con scelte felici o azzeccate, e spesso con grande dispendio di fondi relativamente al risultato ottenuto. Ma l᾿intenzione è chiara e positiva. Viceversa, il grande problema in Umbria credo sia la stessa editoria. La maggioranza delle case editrici, infatti, si occupa quasi esclusivamente di tematiche locali (arte, architettura, dialetto, letteratura dialettale e storia locale) e questo genere di pubblicazioni sono quasi tutte interamente sostenute da enti pubblici o simili (Regione, Comuni, Province, fondazioni). Pochi editori fanno libri da leggere, e, a parte noi, possiamo dire che tutti gli altri lo fanno a pagamento. L᾿editoria umbra è dunque poco orientata al mercato: da un lato ritiene di non aver bisogno di vendere, dall᾿altro lato non tenta neanche di combattere una guerra persa in partenza a causa dello scarso interesse di certe pubblicazioni. Certo ci sono eccezioni, a partire da Guerra che con la sua linea di didattica della lingua italiana vende in tutto il mondo (con tanto di propri outlet in Germania e Argentina), passando per Cittadella o Vanni (rispettivamente gli uni incentrati su tematiche della fede, e con autori di caratura internazionale, e gli altri con un grande catalogo costantemente aggiornato); le stesse pubblicazioni artistico-storiche di editori umbri, che una ragion d᾿essere ce l᾿hanno eccome, circolano abbastanza bene nei circuiti propri, anche a livello internazionale (non marginale in questo è il ruolo di Giovanni Carnevali). Ma l᾿editore umbro, nella sua maggioranza, non è quello che si aspetta chi non conosce questo mondo: non va in cerca di autori (aspetta che il vicino di casa abbia scritto una raccolta di poesie o un romanzo di viaggio per fargli pagare salata la stampa e occultarlo dal mercato), venendo meno alla sua funzione di filto; non traduce dall᾿estero; non propone narrativa di qualità. In poche parole: molti editori sono stampatori, tipografi o librai che appongono il codice ISBN alle loro produzioni. In questo contesto, la Regione non ha altra scelta se non quella di sostenere indistintamente il settore, l᾿alternativa sarebbe quella di fare una selezione su base culturale, e si capisce che sul piano politico sarebbe una scelta quantomeno sdrucciolevole.

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