La soluzione ai problemi in cui si dibatte l’intera umanità, il segreto della civiltà europea, la questione fondamentale per l’uomo, lo straordinario che perdiamo di vista, colui che tutti aspettano e desiderano ha un solo nome: Gesù Cristo.
Questa è la notizia, sempre nuova e attuale, che il giornalista e scrittore Antonio Socci, venerdì 2 dicembre, ha annunciato al folto pubblico convenuto al Mascagni per la presentazione del libro “La guerra contro Gesù”, nel contesto dell’anno accademico della Lubit.
Il noto giornalista nostrano ha sempre denunciato le persecuzioni e i massacri che i cristiani stanno subendo in ogni parte del mondo e che fanno dei tempi che stiamo vivendo tra i più sanguinosi della storia del Cristianesimo. In questo libro alle persecuzioni cruente aggiunge l’oltraggio della menzogna che da duecento anni viene perpetrato nei confronti della verità storica e scientifica di Gesù.
Nell’epoca del massimo sviluppo della tecnica e della scienza si assiste alla paradossale contraddizione del tramonto della razionalità e nel vortice del relativismo si annulla la distinzione tra intelligenza e follia.
E invece Socci, riprendendo un filone di pensiero che attraversa i secoli, sottolinea il primato della ragione, annulla la contrapposizione con la fede e ribadisce che anche con la semplice ragione si può arrivare a Dio. La storia e la cultura di due millenni dimostrano non solo la verità di Cristo ma anche il fascino che Gesù di Nazaret ha esercitato sugli uomini di tutti i tempi. Dieci secoli di profezie che lo annunciano, il Talmud e Celso, Giuseppe Flavio ed il senato romano che ne parlano diffusamente, testi pagani che lo confermano, il Corano che lo definisce “la figura più appassionante”, personaggi non certo di parte come Rousseau e Napoleone, scienziati come Einstein che ne riconoscono la grandezza, costituiscono dimostrazioni inoppugnabili che nessun altro evento storico può vantare sulla verità di Gesù Cristo che invece viene misconosciuta, nascosta e oltraggiata dalla pseudo cultura degli ultimi due secoli.
Questo fenomeno, unico nella storia del pensiero, non si spiega altro che con il pregiudizio con cui si vuole nascondere una verità che, essendo troppo abbagliante, può far male agli occhi di chi è abituato alle tenebre. Il libro si conclude infatti con la citazione di Kafka secondo la quale “Cristo è un abisso di luce”.
Ma nell’incontro della Lubit, Socci ha dato anche una grande lezione di giornalismo, quello culturale, che ha l’intelligenza della realtà, sa entrare nel cuore della notizia e cogliere quell’essenziale che è invisibile agli occhi dei più e che, proprio per questo, è capace di generare speranza.
In maniera molto opportuna infatti Giambetti ha presentato Socci come “voce libera, controcorrente, fuori dal coro, non adatto agli incontri salottieri, che osa praticare la denuncia e la polemica, che un tempo si chiamavano apologetica”. Lo stesso Giambetti ha ricordato che Gesù non è venuto a portare la pace sulla terra “ma la divisione”(cfr Lc 12,51) che è “differenziazione, diversità”, tutto l’opposto cioè dell’uniformità imposta dal relativismo della cultura imperante.
E dal libro emerge un’altra verità spesso dimenticata: la persecuzione, sia cruenta che ideologica, è compagna di viaggio della storia del Cristianesimo. Una Chiesa alleata dei potenti, elitaria, tranquilla e trionfante, non potrebbe essere la Sposa di Gesù.
E qui c’è stata l’ultima, personale e più convincente testimonianza di Antonio Socci: la sofferenza per l’infermità della figlia, “fanciulla stupenda e coraggiosa che compie nella sua carne ciò che manca ai patimenti di Cristo”. E’ stata proprio quell’estrema sofferenza di padre che ha confermato quell’ardore nell’annunciare il Vangelo che è proprio di chi, nella propria esperienza, ha gustato, al meno una volta, l’amore di Dio “manifestato in Cristo Gesù”. Che è “lo splendore della verità”, “la risposta, ma una risposta più grande di ogni nostra attesa e di ogni nostro desiderio”. Ovvero “l’inimmaginabile”.