L’8 luglio 1923, i presenti all’Assemblea Generale dell’Accademia dei Filaleti (in greco Amici della Verità), costituita con benigno rescritto granducale nel 1818, presero la decisione di liberarsi del vecchio teatro(1), piccolo e ormai fatiscente, e di venderne il locale.
Erano convinti che i venir meno di questo, avrebbe accelerato la determinazione assunta già dal 1858 di costruirne uno nuovo. Nel 1924 fu venduto il vecchio teatro, realizzando 11.500 lire, e deliberato l’acquisto del terreno per la nuova costruzione il cui costo fu di 13.900 lire.
Nell’adunanza straordinaria del 24 agosto 1924, l’Accademia elesse una Commissione tecnica composta dagli ingegneri Guido Bonci Casuccini, Flaminio Betti, Alberto Pianigiani, Cristoforo Crociani e dal professor Piero Galeotti per lo studio e la compilazione del progetto. La commissione presentò il proprio lavoro nell’assemblea generale del 8 febbraio 1926, con il quale si prevedeva una spesa di 330.000 lire.
Occorreva ora, provvedere al finanziamento dell’opera. Fu aperta una sottoscrizione per raccogliere le adesioni per l’acquisto dei palchi, che ottenne un lusinghiero successo. In pochi giorni, infatti, le adesioni raggiunsero la cospicua somma di 298.000 lire. Dal 1926, epoca in cui iniziò la costruzione dello stabile, varie ditte si alternarono nei lavori. Il primo lotto, relativo alle fondamenta, fu appaltato alla ditta Barni di Chiusi. Gli altri lavori di edificazione, esclusa la facciata esterna, se li aggiudicò nel 1928 la ditta Garutti di Roma, la quale venne in seguito sollevata dall’incarico a causa di contestazioni tecniche e quindi non portò a termine i lavori.
Nel 1929 l’Accademia deliberava la finitura delle opere ed incaricava la ditta Marchini Vito di Chiusi per la prosecuzione. I lavori si protrassero, con varie interruzioni, sempre sotto il patrocinio dell’Accademia, sino al 1931. In quell’anno furono nuovamente interrotti, perché l’Associazione aveva ormai toccato il fondo delle proprie disponibilità economiche e non fu in grado di trovarne di nuove.
Lo studio di vari progetti di mutuo e l’ideazione di un prestito a premi di 150.000 lire, spesa necessaria per il completamento dell’edificio, non dettero i risultati sperati. Fu proprio per le tante vicissitudini che i Filaleti, il 21 giugno 1936, ormai consapevoli di non poter terminare l’opera, presero la decisione di donare l’edificio al Comune di Chiusi perché lo portasse a compimento.
L’atto di donazione fu redatto il 1° febbraio 1937, ed in questo si prevedevano tre anni di tempo per il totale completamento del teatro. Il Comune, accettata la donazione, riprese i lavori nel luglio del 1937 e nei primi giorni del giugno 1938 il Teatro fu pronto. L’ammontare dell’esborso sostenuto dal Comune fu di 248.725,02 lire, che sommate alle 350.529,50, spese dall’Accademia dei Filaleti sino al momento della donazione, portò il costo totale dell’opera a 608.254,52 lire.
Il Teatro, seppure molto spartano nel suo intero aspetto, data anche la moda architettonica dell’epoca, si rivelò lo stesso una bellissima opera per l’intera cittadinanza. Apprezzato ed invidiato ancora oggi per le proprie, non comuni, doti acustiche. A questo punto s’imponeva una solenne inaugurazione ed a tal proposito, sin dal gennaio 1938, fu nominato un apposito Comitato esecutivo e ben nove sottocomitati collaterali per organizzare i festeggiamenti previsti per la fine di Giugno.
La macchina organizzativa si mise immediatamente in moto. In una delle prime assemblee fu deciso di invitare alla serata inaugurale un nome molto noto nel campo della musica lirica: il Maestro Pietro Mascagni. A tale scopo furono contattati dal conte Piero Lucioli della Ciaja, i figli di Mascagni: Dino ed Emilia, suoi amici, i quali suggerirono di inviare direttamente una lettera al padre. Il podestà di Chiusi, professor Galeotti, scrisse tempestivamente al Maestro invitandolo per lo spettacolo inaugurale, stabilito per il giorno 29 giugno, esprimendo altresì il vivo desiderio del Comitato affinché il Teatro di Chiusi portasse il suo nome.
Mascagni dette il suo assenso e da quel momento tra il Galeotti ed il segretario del Maestro, signor Carbognani, vi fu un intenso scambio epistolare per la messa a punto dell’intervento alla serata ed il soggiorno del musicista. La presenza di Mascagni era dunque assicurata. Fu proprio, come si è soliti dire, un bel colpo per il Comitato organizzatore. Non era cosa di poco conto essere riusciti ad avere per l’inaugurazione del teatro un personaggio del calibro di Mascagni. Molto ben visto, oltre tutto, dal regime fascista. Il maestro nel 1938 aveva 75 anni: era nato a Livorno nel 1863. Compositore e direttore d’orchestra, studiò da prima nella sua città natale, poi con Ponchielli al conservatorio di Milano, che lasciò dopo breve tempo per insofferenza alla disciplina scolastica. Dall’oscura posizione di direttore della banda di Cerignola lo trasse l’improvviso, clamoroso successo di “Cavalleria Rusticana”, con la quale vinse nel 1889 il premio Sonzogno. Dal 1895 al 1902 diresse il conservatorio di Pesaro, ma lasciò poi l’incarico per dedicarsi più intensamente alla composizione ed alla direzione d’orchestra. Membro dell’Accademia d’Italia, sorta a Roma nel 1926, con lo scopo di contrapporre un nuovo organo ufficiale di cultura alle Accademie esistenti (fu in realtà soltanto il braccio culturale del regime fascista). Mori a Roma nel 1945.
Il Maestro giunse a Chiusi da Roma il 28 giugno con il treno delle 16 e 26, in compagnia della moglie e del suo segretario. Alloggiò a Chianciano in un appartamento del Grand Hotel. Tutte le autorità del paese si recarono alla stazione ferroviaria per accoglierlo. Nella serata inaugurale, dopo aver diretto la “Sinfonia delle Maschere” e il “Sogno dal Guglielmo Ractlif”, ricevette in segno di gratitudine e riconoscenza per la sua presenza a Chiusi, una medaglia d’oro di 44 millimetri di diametro e del peso di 44,4 grammi. Custodita entro un astuccio di finissimo marocchino(2) color amaranto, il cui interno era per metà rosso e per l’altra bianco: i colori di campo dello stemma di Chiusi. Il giorno 30, l’indomani della serata inaugurale, il podestà Galeotti inviò un telegramma a Mascagni presso l’Hotel Plaza, residenza romana del Maestro:
“Piacemi rinnovarvi gratitudine cittadinanza Comitato et mio particolare affettuoso riconoscente saluto – Podestà Galeotti”. Il musicista rispose con queste parole: “Saluto inviatomi dalla signoria vostra anche a nome cittadinanza et Comitato rinnova nel mio animo la commossa riconoscenza per tutti – un abbraccio affettuoso con devozione – Pietro Mascagni”
(1)Il teatro di proprietà dell’Accademia dei Filaleti era quello del Seminario di Chiusi, venduto nel 1681 dal vescovo Marcantonio Marescotti all’Accademia delle Belle Lettere, sorta a Chiusi nel 1620. E’ molto probabile che i Filateti lo avessero avuto in eredità dagli accademici che li precedettero.
- (2)Tipo di cuoio ricavato dalla pelle di capra, reso morbido mediante un trattamento particolare e variamente colorato. Originariamente era così lavorato in Marocco da cui ne prese il nome.
Da testimonianza diretta avuta circa 20 anni fa da Rolando Morellini di Chiusi (che tra l’altro era una comparsa sul palco) furono date 2 recite
Cavalleria Rusticana: sul podio Pietro Mascagni. Il cast era composto dal tenore pisano Mario Filippeschi, dal baritono Benvenuto Franci di Pienza; la soprano Dina Mannucci Contini, fiorentina e dalla mezzo soprano Giulietta Simionato. Tutti artisti che cantavano all’opera di Roma.
Rigoletto: sul podio la direzione era sempre del Mascagni. Franci cantava la parte di Rigoletto, Fillippeschi era il duca di Mantova; la Mannucci Contini, Gilda, la Simionato, Maddalena; la parte di Sparafucile fu cantata dal basso torritese Giulio Neri.
Grazie Fulvio. Mi riferivo al teatro che ha preceduto quello attuale. Le notizie sono interessanti peccato non ci siano immagini.
Di questo nuovo esistono foto dell’epoca, dell’esterno e dell’interno, che si discostano di poco dall’attuale. A parte la le lettere E.F., che stanno per Era Fascista, accanto alla data in numeriri romani, MCMXXXVIII. Se ti riferisci, invece, al precedente devo dirti, purtroppo di no. Comunque era ubicato in via Mecenate, dove adesso c’è un negozio di alimentari. Cosa curiosa è che quando veniva adoperato per spettacoli scenici, il palcoscenico veniva montato all’esterno, più o meno all’altezza della metà di via San Gervasio, creando un’appendisce in un piccolo orto prospiscente. Lo spazio che occupava è tutt’ora riconoscibile da una delimitazione in piccole colonne in muratura. C’è però chi asserisce, ma non ci sono documenti che lo testimoniano, che ne esisteva addirittura un altro, in via Porsenna, nel locale oggi occupato dal ristorante la “solita Zuppa”. Infatti, se ci si fa caso, si nota che l’ingresso è costituito da un alto arco un pò barocco.
Ci sono foto del vecchio teatro?