Come Chiusi finì in mano ai fascisti

di Fulvio Barni

Con le elezioni nazionali del 1921, i fascisti entrarono per la prima volta in parlamento con 35 deputati, eletti nelle liste di un blocco nazionale a cui parteciparono anche liberali e democratici di Giolitti. I popolari di don Sturzo ed i socialisti confermarono la propria forza elettorale. I comunisti, distaccatisi dal Partito socialista durante il congresso di Livorno, del gennaio dello stesso anno, ottennero 15 seggi.

Fu costituito un fragile governo presieduto dall’ex socialista Bonomi, al quale succedette, dopo appena pochi mesi, un altro ancora più debole con a capo Facta. Contemporaneamente al moltiplicarsi delle azioni squadristiche(1) da parte dei fascisti, che erano finanziati per lo più dagli industriali e dai proprietari terrieri della Val Padana, i gruppi conservatori si organizzavano, entrando sempre più in lotta con le forze socialiste.

Gli eventi che in seguito determinarono la presa del potere del partito fascista, iniziata con la fatidica “marcia su Roma”(2), sono senza dubbio da ricercarsi negli ultimi mesi che precedettero questa: primi fra tutti la ritirata dalla scena politica della vecchia classe dirigente liberale e l’impotenza della sinistra, incapace di definire un’adeguata strategia di lotta, divisa com’era tra comunisti massimalisti e riformisti.

Dopo la “marcia su Roma”, ai fascisti occorsero ancora due anni prima di allontanare l’opposizione democratica, e altri quattro prima di decretare con “le leggi eccezionali” del novembre 1926, la soppressione dei partiti e dei giornali d’opposizione. Mussolini, divenuto capo del governo con la complicità delle forze moderate, che lo salutarono come il salvatore dal “pericolo socialista”, liquidò, come lui stesso ebbe a dire, l’“Italietta demoliberale, moderata e pantofolaia”.

Da quel momento iniziò un triste periodo per la nostra nazione, segnato soprattutto dalle ormai note negazioni di libertà, dai soprusi, dalle leggi razziali e da quant’altro di costrittivo vi possa venire in mente, che terminò soltanto con la conclusione del terribile secondo conflitto mondiale.

Anche la nostra Chiusi, naturalmente, non restò immune a questi fatti, ma dato l’argomento vastissimo di cui vi sto parlando, il quale richiederebbe un’analisi approfondita, più propriamente scientifica, delle cause che portarono alla dittatura fascista, mi limiterò ad illustrare pure e semplici informazioni nozionistiche. Citerò, infatti, le mozioni presentate in Consiglio Comunale negli ultimi mesi che precedettero la nomina di consiglieri e assessori non più eletti democraticamente dal popolo.

Periodo questo in cui Chiusi era governato da una maggioranza socialista, con a capo il sindaco Oreste Venturini, detto “il Rossino”. Una cronaca più dettagliata delle Deliberazioni Consiliari, la potrete trovare nell’esauriente opera di don Giacomo Bersotti “Storia di Chiusi- Dall’età comunale alla II guerra mondiale”.

In data 7 gennaio 1921, causa i recenti avvenimenti perpetrati dall’ormai consueta brutalità fascista, non ultimo l’assalto dato dagli stessi al comune di Bologna, il Consiglio Comunale di Chiusi approvò all’unanimità la seguente deliberazione:

Il Comune di Chiusi, constatando come l’Autorità costituita dello Stato non abbia più nè la capacità, nè la volontà di tutelare l’inviolabilità della sede municipale, che una tradizione immemorabile aveva fino ad oggi garantita e che le forze borghesi, incitate e protette dal Governo fanno segno dei loro attacchi e delle loro offese; preoccupate inoltre dalle necessità cui continuamente attenta, per la ragione del loro ufficio, la brutalità fascista, si impegna di studiare e di concretizzare i mezzi più acconci per la difesa della propria e delle proprie funzioni, che vieppiù si avviano a perseguire i vantaggi ed il benessere del proletariato nel cui nome amministra, riserbandosi di impostare nel bilancio la somma occorrente a questo scopo”.

Sarebbe superfluo affermare che la stessa deliberazione fu annullata con un decreto del Prefetto di Siena, se non fosse per l’assurda motivazione notificata dal Sotto-Prefetto di Montepulciano al Sindaco di Chiusi:

Sotto-Prefettura di Montepulciano. Adì 27 febbraio 1921.

Nell’occasione si richiama cotesta Amministrazione al rispetto verso l’Autorità Statale, che non può tollerare che altri Organi si sostituiscano a lei nelle operazioni di tutela dell’ordine pubblico e della proprietà. Se l’inviolabilità delle sedi comunali non è stata alcune volte rispettata, di ciò si resero colpevoli appunto quelle organizzazioni cui l’attuale Amministrazione di cotesto Comune fa capo e che presentemente teme possa ciò avvenire da parte di organizzazioni avversarie con ritorsione delle violenze patite in passato. Si fa formale diffida che, qualora nella sede comunale fossero raccolte armi od altri mezzi qualsiasi di difesa, si procederà contro gli amministratori con tutto il rigore e termine delle leggi vigenti.

Firmato Il Sotto-Prefetto”.

Ovviamente, la situazione si fece sempre più tesa e da lì a poco diciotto consiglieri su venti, compreso il Sindaco, pensarono di dimettersi, causa anche le divergenze interne al partito che li esprimeva. Ma, una volta superati gli ostacoli politici interni, ecco ripresentarsi puntualmente quelli di ordine pubblico. Infatti, il Sindaco Venturini così si esprimeva in un teleespresso indirizzato al Prefetto:

Informo Vossignoria che circolano voci secondo cui il giorno 23 corrente, in occasione inaugurazione gagliardetto(3) locale fascio-combattimento, verrebbe questa città rilevante numero fascisti col proposito incendiare Cooperativa agricola, Casa del popolo e perfino Municipio e di esercitare violenze contro l’abitazione e la persona del sottoscritto.

Sindaco Oreste. Venturini. Chiusi 20 aprile 1921”.

Il 18 maggio, muore per malattia, Mario Venturini, figlio del Sindaco. Il giorno di poi, mentre decine e decine di contadini e operai si recavano a Chiusi per rendere omaggio alla salma, successe che un fascista del luogo si mettesse a provocare alcuni di coloro che avevano intenzione di partecipare al funerale. La reazione di questi fu immediata ed il fascista venne percosso con irruenza. Da lì a poco, di ritorno da una spedizione punitiva, si trovò a passare per quella strada un camion stracolmo di fascisti della squadra d’azione di Perugia, detta “La Disperata”.

Baldanzoso per l’inaspettato soccorso, il fascista chiusino, insieme ai degni camerati perugini, si recò ad aspettare nelle vicinanze delle loro case, gli uomini che lo avevano colpito. La cosa, però, non riuscì: nessuno si fece vivo. Evidentemente qualcuno aveva visto più lontano degli squadristi. I camerati, tornati di nuovo a Chiusi, s’imbatterono in un altro gruppo di persone che si apprestavano ad andare al trasporto funebre. A quel punto, senza che nessuno fiatasse, dall’interno del camion partì una serie di colpi d’arma da fuoco: cinque uomini rimasero stesi a terra. Tre morti e due feriti. Non contenti di quella carneficina, i componenti della “Disperata”, si recarono immediatamente a casa del Sindaco, che per fortuna nel frattempo era riuscito a nascondersi, e la incendiarono. Stessa sorte toccò a quella dell’assessore Baldelli e di altri capi socialisti e comunisti.

Il 22 maggio, in seguito alle violenze dei giorni precedenti e a rinnovate minacce, il sindaco e i consiglieri, si dimisero ufficialmente. A nulla valsero le preghiere di desistere da quella decisione, inviate ad Oreste Venturini tramite lettera, dal segretario della Federazione Provinciale Socialista. La stessa, oltre a rassicurarlo che la situazione politica era molto migliorata, conteneva anche precise indicazioni di risposta per quando il Prefetto, dopo averlo convocato, gli avrebbe chiesto spiegazioni di tale scelta. Il 10 giugno, davanti al Sotto-Prefetto di Montepulciano, il Sindaco confermò definitivamente la propria rinuncia e quella degli altri amministratori, a governare la città. Data la situazione, alle autorità governative non rimase che nominare un commissario e lo fece nella persona del Colonnello Garibaldi Lucchini. Le “Squadre d’azione dei Fasci di Combattimento”, chiamate più semplicemente “squadracce” dagli oppositori del regime fascista, erano riuscite ad imporsi anche a Chiusi.

E fu proprio tramite questi avvenimenti appena descritti, che anche nella nostra città ebbe inizio la dura repressione fascista, rivolta essenzialmente a sopprimere ogni libertà, in qualsiasi forma essa fosse esercitata.

    (1) Azioni intimidatorie e di prepotenza, esercitate da gruppi addestrati all’uso della violenza contro avversari politici. Il fenomeno assunse precisi connotati storici, durante gli anni dell’ascesa del movimento fascista (1920-22), quando le squadre d’azione mussoliniane s’impegnarono in una sistematica opera di smantellamento delle posizioni tenute in Italia dalle forze di sinistra. Incendi dolosi alle sedi dei giornali d’opposizione, delle cooperative agricole, lesioni personali e omicidi.
    (2) Marcia effettuata dai fascisti il 28 ottobre del 1922 per le strade della capitale, a dimostrazione della propria forza e con il fine di ottenere da re Vittorio Emanuele III, l’incarico per Benito Mussolini di formare il Governo.

(3) Bandiera di forma triangolare, usata per lo più come insegna di reparti speciali. Durante la nascita del fascismo fu utilizzata per contraddistinguere le squadre d’azione dei fasci di combattimento ed in seguito, durante il regime, i reparti della milizia.

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Una risposta a Come Chiusi finì in mano ai fascisti

  1. giorgio bologni scrive:

    bene, Fulvio, bravo! ma bisognerebbe che tu trovassi il modo per raccogliere in una, anche semplice, pubblicazione organica tutto quello che ti sarebbe possibile riunre: che tutto si debba sparpagliare per finire nel dimenticatoio è veramente spregevole.

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