Lorenzoni ha evocato in un precedente post i vecchi socialisti ed una immagine precisa, onnicomprensiva di una situazione che si era venuta a creare nell’Italia dei primi del 900. Quell’immagine è relativa alla Casa dei Socialisti di Palazzolo di Moiano, una delle prime di tutta l’Umbria se non proprio la prima.
I socialisti moianesi si impegnarono e riuscirono, nell’anno 1913, a costruirsi questa loro prima sede, comperando da un compagno emigrato una vecchia casa disabitata al villaggio di Palazzolo, che demolirono e ricostruirono in quella stessa area ad opera dei fratelli Marchini.Questa nuova casa era composta di un unico salone con una ribalta a mo’ di palcoscenico. La costruzione sul fronte esterno, prospiciente la piazzetta, portava scritto a grandi lettere rosse: ”Casa dei Socialisti” e nella parete interna, di fronte al’ingresso il motto: ”Proletari di tutti i paesi unitevi”. Sopra tale scritto fu disegnata una bandiera rossa.
La Casa venne inaugurata nel Settembre del 1913 (in periodo elettorale per le politiche del 26 Ottobre) con la presenza di Angelica Balabanoff (una ebrea russa emigrata, amica di Anna Kuliscioff compagna di Turati), richiesta da mio nonno alla Direzione del Partito Socialista di Roma per quell’occasione. L’ inaugurazione si risolse in una grande manifestazione politica per tutta la zona, come mai c’e n’erano state, e si trasformò poi in un grosso esito organizzativo e di sviluppo di tutto il movimento popolare della zona.
Questa vigorosa sezione portava avanti, come sempre, le sue lotte politiche e sindacali con a capo tre leader: Benito Sacco (Segretario), Alessandro Marchini (Capo lega dei braccianti e dei contadini) e Lombroni (scalpellino poi ferroviere ) che coadiuvava il lavoro dei due. Da tale sezione venne il contributo più cospiquo per la conquista da parte dei socialisti del Comune di Città della Pieve nel 1914. La foto alla quale si fà riferimento mostra i primi socialisti che erano schierati con il loro segretario Benito Sacco (mio nonno) che regge l’asta della bandiera.Tale asta composta in tre pezzi era stata fatta dal fabbro Biribicchi di Villastrada (che successivamente diventò fascista). Benito Sacco aveva già avuto occasione di conoscere la Balabanoff perchè nel 1907 a Villastrada questa esule russa intervenne ad un comizio durante uno sciopero del bestiame da parte di contadini che lui stesso aveva organizzato e quella fu l’occasione di un evento estemporaneo ma di eccezionale significato.
Si dice che la Balabanoff fosse stata l’amante di Lenin nella Russia zarista e che, esule in Svizzera, dopo la rivoluzione fallita del 1905, avesse nuovamente incontrato Lenin esule anche lui in territorio elvetico. Durante il suo soggiorno in Svizzera la Balabanoff incontrò Mussolini quando questi era Socialista ( Direttore dell’Avanti) ed esule anch’egli in Svizzera e fosse divenuta -ripeto, si dice- l’amante. A questo punto le notizie si perdono nella nebbia ma anche in giornali di qualche anno fa si afferma che Edda Ciano non fosse la figlia di Mussolini e di Rachele, bensì di Mussolini e di Angelica Balabanoff…
Si può credere: Mussolini è sempre stato ”un tombeur de femmes” e quindi la Balabanoff che, venne in seguito a lavorare in Italia. chiamata alla direzione del PSI a Roma, avrebbe anche potuto avere una figlia da Mussolini. Fra l’altro la somiglianza di ” Eddina” non è mai sembrata paragonabile a quella della madre.Queste le notizie riportate da alcuni giornali ma credo che il caso sia ancora aperto e sotto osservazione degli storici.
Ad ogni modo la Balabanoff a Villastrada lasciò per la prima volta una grande impressione per il suo stile oratorio e la sua determinazione politica.
Il passaggio della Balabanoff da Vaiano lasciò anche un’altra traccia: pochi anni fà si è spenta una donna a Tavernelle residente molto tempo prima a Vaiano che veniva sopranominata “La Banoffe”. In un posto come Vaiano non era proprio casuale tale soprannome.
Sempre in quell’occasione battezzò la figlia di Benito Sacco poichè il prete del Vaiano si rifiutava di battezzarla dato che era la figlia di un socialista, che per di più aveva concepito Solismo Sacco in condizione di concubinato, dal momento che quella che divenne sua moglie (Maria Mondovecchio) era ”fuggita” nottetempo con l’aiuto di una zia dalla propria casa per convivere con Benito, provocando il suo disereditamento da parte dei genitori.
La Balabanoff prese la piccina di pochi mesi in braccio e davanti al corteo di lavoratori con le bandiere rosse in mano convenuto nella piazza di Vaiano, immerse la bimba nella fontana del paese dicendo queste precise parole: ” Se non la battezza il prete la battezziamo noi” e fu chiamata LIBERA RIBELLE GERMINALE. Tale fu il nome di questa mia zia, madre di Tito Tiberi di Moiano, tutt’ora vivente e di professione fotografo.
Il prete si convinse, pochi mesi dopo, ad effettuare il battesimo della piccola Libera Ribelle Germinale Sacco per l’intervento pressante e forte richiestogli dalla famiglia Mondovecchio.
Tali erano alcuni degli avvenimenti che si dipanavano in quel tempo in un territorio che ribolliva per l’azione che già nel 1904-1905 aveva strappato agli agrari ” l’apoca colonica”.
Verità sacrosanta, e con tutte le opportune e doverose differenze, quando penso a queste cose ed a questi avvenimenti e vedo sotto i miei occhi lo spettacolo politico di una classe che è stata permeata fin nelle cellule del proprio DNA dall’etica del ”Mercato”e che non per propria decisione culturale ma spesso per arrivismo e per arraffar prebende e che mette al centro dette regole nella propria vita azioni politiche e le fa coincidere con il presupposto benessere della società, allora vorrei ritornare a quei tempi quando gli schiavi si ribellavano e conquistavano terreno anzichè vedere gli schiavi che danno ragione ai Marchionne di turno, che ricatta e dice alla nazione ed ai governi ”o così o pomì”e spesso sono proprio quegli schiavi che plaudono ed a testa bassa eseguono perchè se no….Mala tempora currunt, ed in questa bolgia chi tira le reti piene di pesci sono i ricchi e le banche ,acclamate e salvate da quello stato formato da schiavi….cittadini comuni sì, che ancora in parte fruiscono di quello stato formato con i sacrifici la miseria, le vessazioni patite da quelle persone ormai scomparse, che hanno creduto e lottato per un avvenire migliore.Questo è parte del passato,ma c’è un detto che dice: chi si dimentica del proprio passato è destinato riviverlo…..anche e soprattutto perchè i meccanismi che caratterizzano il sistema sono sempre lì, oleati e difesi in mille modi da chi se ne avvantaggia.
E’ la storia di sempre !!
A quei tempi, almeno i gatti non erano tutti “bigi”.