Internet addio?

di Giampaolo Tomassoni

Chi oggi ha tentato di accedere alla versione inglese di WikiPedia, ha potuto senz’altro notare un volontario e temporaneo oscuramento del sito per protesta nei confronti di due nuove leggi in approvazione negli Stati Uniti.

Il Congresso ed il Senato statunitensi stanno infatti rispettivamente valutando le proposte di legge SOPA (Stop Online Piracy Act, ovvero legge sul blocco alla pirateria in rete) e PIPA (Protect Intellectual Property Act, ovvero legge sulla protezione della proprietà intellettuale).

É opinione di molti che l’approvazione di queste due nuove leggi metterebbe una pesante ipoteca al carattere di territorio neutrale di espressione che ha da sempre caratterizzato Internet. Anzi, potrebbe addirittura decretarne la fine, almeno nella forma nella quale siamo abituati a fruirne oggi.L’obiettivo dichiarato dai fautori di queste due leggi è quello di aumentare il potere degli strumenti oggi disponibili per contrastare la pirateria in rete. Per farlo, però, si mette così tanto potere nelle mani di un pubblico ministero qualsiasi (statunitense, ovvio) da costituire un vero e proprio rischio per la libertà di espressione.

Tra l’altro, queste leggi sancirebbero pure l’immunità degli organi che hanno richiesto l’oscuramento, nonché l’inversione dell’onere della prova: è il sito oscurato a dover dimostrare che non è responsabile del contenuto o che il contenuto non vìola alcuna proprietà intellettuale, non il contrario! Tanto per fare un esempio, se su YouTube pubblicate un brano di telegiornale, non rischiate solo che quel brano venga rimosso perché l’emittente televisiva lo ha richiesto, ma l’intero sito di YouTube rischia l’oscuramento senza nemmeno bisogno che l’emittente televisiva denunci l’abuso.

E la stessa cosa può avvenire a FaceBook se sul vostro profilo pubblicate un link a quel video. Ora, se questo può avvenire per YouTube o FaceBook, immaginate cosa potrebbe succedere all’equivalente statunitense di un sitarello tipo ChiusiBlog? Queste leggi vengono quindi considerate da molti un vero e proprio strumento di controllo dell’informazione, tramite il quale organi inquirenti possono predisporre l’oscuramento di interi siti senza dover neppure dare una giustificazione. Faccio notare che buona parte del funzionamento di Internet nel mondo dipende da servizi erogati da aziende statunitensi (ad esempio, buona parte dei registar di domini non geografici tipo .com, .net, .org ecc. sono negli Stati Uniti, così come buona parte dei Root DNS nameservers, essenziali per poter “vedere un sito”).

Ci si può attendere quindi che un sito statunitense oscurato grazie alle leggi in appovazione possa non essere più visibile nemmeno fuori dagli Stati Uniti. Di più, è possibile che l’oscuramento di un sito con sede fuori dagli Stati Uniti possa avere efficacia anche oltre i confini di quella nazione. Ma la cosa che preoccupa più noi del vecchio mondo è che, volenti o nolenti, gli Stati Uniti rappresentano ancora (sempre più?) un modello di civiltà occidentale. Una volta che l’America abbia attivato il ridisegno della Rete, quanto tempo pensate che ci vorrà prima che quelle leggi vengano “recepite” ed applicate anche da noi?

Nella pagina di WikiPedia su SOPA e PIPA si suggerisce a chi vive fuori dagli Stati Uniti di contattare i propri rappresentanti politici per esprimere il proprio dissenso nei confronti di quelle due leggi, in maniera da spingerli a prendere posizione. Non mi è molto chiaro che peso possa avere il pensiero di una colonia, ma tant’è: non sembra che ci sia altro da fare…Beh, forse l’alternativa c’è: rendere il funzionamento di Internet meno dipendente dagli Stati Uniti o, meglio ancora, da qualsiasi stato. Ma non si pensi che sia facile, per motivi politici, organizzativi e tecnici. Si fa prima a chiudere Internet.

 
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11 risposte a Internet addio?

  1. @Scattoni.

    Fatto. Ora se mi chiamano dal Congresso per avere informazioni te li passo, eh… 😉

  2. Ma infatti, Luciano, quello che mi pare piuttosto evidente è che il diritto d’autore è solo la scusa per mettere le mani sulla spina.

  3. pscattoni scrive:

    Si può anche firmare una petizione:
    http://www.avaaz.org/it/index.php

  4. lucianofiorani scrive:

    Credo che occora un salto di paradigma. Non solo sul diritto d’autore (concordo perfettamente col commento di Paolo Scattoni) ma anche sull’idea dirigista-capitalista della rete.
    Diffamazione, calunnia, procurato allarme…erano e restano reati. Chi li commette ne risponde e ne paga le conseguenze. Sotto questo profilo non vedo problemi.
    L’esperienza del “poro blog” ha dimostrato che il sistema degli “ordini” è ormai anacronistico.
    Come dice Paolo (Scattoni) cominciamo a ragionare su chi produce conoscenza gratuitamente e sulla documentazione aperta, e la strada vien da sé.

  5. Andrea Fei scrive:

    Dal mio punto di vista è ingiusto “censurare” o oscurare siti di informazione (culturale, musicale, sociale che sia…), ma un grande problema, la “mela marcia” della rete, della stampa e dell’informazione generale, sono i giornalisti self-made, per intenderci: chiunque sulla rete si sente libero di scrivere qualsiasi cosa, vera o falsa che sia, e non si parla solo di gossip, calciomercato o statistiche illusorie, ma di economia, politica ecc…Scrivere una notizia infondata, o falsa è da mettere sullo stesso piano di infamia di chi vuole oscurare la libera circolazione di informazioni…
    Come in ogni situazione parallela, per la scorrettezza di alcuni ci rimettono tutti…Il grande problema di questo tipo di manovra saranno i cosiddetti “censori”, chi saranno? Che sistema useranno? Da chi verranno nominati?
    Controllare il tipo di informazioni inserite sulla rete può essere anche cosa buona e giusta sotto molti punti di vista…Per quanto riguarda il Diritto d’Autore, da fruitore di tutte le piattaforme P2P e canali di condivisione come Youtube ecc., non posso fare la morale a nessuno, ma credo che sia appunto un Diritto avvalersi di adeguate misure tutelative di materiale musicale, artistico o letterario che sia…Starei a scrivere diversi esempi su come il Copyright viene calpestato, scavalcato ecc… ma ripeto, non posso predicar bene e razzolare male, ognuno di noi sa che è sbagliato “scaricare” materiale “protetto” dalla rete….Secondo voi? (la mia è una domanda per sapere le vostre opinioni, non per polemizzare!:) )


  6. pscattoni:

    E’ il web la nuova biblioteca di Alessandria.

    Fosse solo così, s’inalbererebbe il sig. Treccani e colleghi.

    In effetti il web è molto di più e chi ne controlla la spina è il nuovo imperatore del mondo. Di questo se ne son resi conto praticamente tutti gli aspiranti a quella carica…

  7. pscattoni scrive:

    Io sono ottimista perché il vento della storia soffia nella direzione giusta, la “documentazione aperta”. Prima dell’invenzione della stampa diffondere “documenti copiati” era una pratica incoraggiata dagli stessi autori. Con l’invenzione della stampa il copyright divenne uno strumento utile. Si poteva campare scrivendo libri. Questo era utile per il progresso della scienza. Ora si cambia di nuovo. Il diritto d’autore indifferenziato non ha più senso. Quanti sono oggi coloro che vivono del diritto d’autore rispetto a quelli che producono conoscenza “gratuitamente” senza cioè pretendere alcunché dai loro prodotti? I secondi sono moltitudini, i primi una ristrettissima minoranza.
    Si deve trovare il modo, pur garantendo i pochi, di liberare le moltitudini. In dieci anni Wikipedia con un budget di 20 milioni di euro annui ottenuti da milioni dim microdonazioni vengono garantite 280 enciclopedie scritte da chiunque interessato in tante e tante lingue (compreso il napoletano!!!) che possono essere tranquillamente paragonate a quelle degli istituti enciclopedici nazionali (Treccani, Enclopedia Britannica, etc.). Le voci della versione inglese di Wikipedia ha milioni di voci, quella italiana più di 800.000). Tutto in dieci anni, un miracolo. D’altra parte Gogogle ha dimostrato che si possono scansionare tutti i libri del mondo. E’ il web la nuova biblioteca di Alessandria.


  8. pscattoni:

    L’azione dei repubblicani americani guarda al passato e non al futuro.

    Mah, Paolo. Speriamo che sia effettivamente cosí.

    Ho però il timore che in tutto l’occidente le forze politiche si sentono sempre meno legate ai loro elettori e sempre piú ai loro sponsor.

    Dopotutto, le recenti “conquiste” nella riduzione dei costi (diretti) della politica non servono appunto ad evitare la nascita di “battitori liberi”?

  9. pscattoni scrive:

    Ho utilizzato per la prima volta il World Wide Web nel 1995. Ero in Mozambico, in un paese dove per telefonare in Italia occorreva ancora chiamere tramite centralino. All’epoca c’era la corsa una volta a settimana all’edicola dell’hotel Polana per poter comprare un giornale italiano vecchio di giorni per sapere cosa fosse successo in Italia. Fu un’emozione accedere al sito di Repubblica e avere le notizie di giornata.
    Insomma oggi ci pare sia passato un secolo da quando abbiamo avuto accesso a internet prima e al WWW dopo. E’ una rivoluzione cominciata da poco di cui ancora non possiamo prevedere le epocali conseguenze. In questo contesto il problema della transizione.
    Il copyright è un’istituzione che ha inizio alla fine del ‘700.Ha avuto un ruolo per ilo progresso della conoscenza. Oggi è un ostacolo e deve essere riconsiderato il prima possibile. L’azione dei repubblicani americani guarda al passato e non al futuro.

  10. …e’ opinione di molti”….”vengono considerate”…..
    Dovrebbe essere l’opinione di tutti coloro che hanno un po’ di buon senso…….sono, punto e basta.

  11. lucianofiorani scrive:

    E’ evidente da un bel pezzo che chi comanda è sempre più insofferente per l’eccessiva libertà che la rete consente.
    Facile fare battute sulla Corea, un po’ più complicato quando ci sono di mezzo gli Stati uniti.

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