Da un racconto di Piero Galeotti
Ero seduto al mio tavolo di lavoro di direttore del museo etrusco chiusino, quando si presentò davanti a me una giovane signora. Si era introdotta nell’ufficio, silenziosamente, senza che io me ne accorgessi. La donna, un’inglese biondissima, dopo aver acceso una sigaretta e fatto seguito al mio cenno di accomodarsi, si sedette accavallando le gambe e mi domandò il permesso per visitare la tomba della Pellegrina.
“Come vi chiamate?”, le chiesi.
“Lady doctor Margaret Lancton”, rispose.
“Questo nome non mi è nuovo”, replicai io,
“Siete venuta altre volte e per lo stesso motivo, vero?”
“Oh! Yes! Yes!”, fece lei.
“Perché v’interessate tanto a quella tomba?”, domandai ancora.
“Oh! Vostro Larth Sentinate(1) essere molto bello, io volere ancora rivedere”, esclamò lei in un italiano stentato, accompagnando le sue parole con ampi gesti delle braccia come per abbracciare il femmineo giovane scolpito nell’alabastro. “
Io avere parlato tanto a miei amici di vostro Sentinate, io mandato tanti amici a vedere tomba della Pellegrina”.
Riflettei un po’ come assalito da un dubbio. Scrissi rapidamente qualcosa su un foglietto e dopo aver chiamato la guida gli ordinai di accompagnare la visitatrice, mentre gli consegnavo lo scritto e scambiavo con lui uno sguardo esplicito. L’accompagnatore salutò l’ospite inchinandosi e la pregò di seguirlo. Rimasi solo e pensai all’eccezionale frequenza di visitatrici a quella tomba. Meditai su certe strane macchie che misteriosamente comparivano sul volto e sul petto della scultura che riproduceva le delicate sembianze di un adolescente etrusco. Mi venne in mente allora il caso capitato alla scultura giacente di Guidarello Guidarelli esposta nella pinacoteca di Ravenna, sul cui volto di marmo tante ammiratrici lasciavano segni di rossetto.
Un’ora dopo ricomparve davanti al mio tavolo la guida, mostrandomi un’ampolla di cristallo dalla quale usciva un intenso profumo di rose. “Ecco qua!”, disse l’uomo, “Il mistero è svelato. La signorina, mentre le stavo volgendo le spalle per farle luce all’uscita della cella di Larth Sentinate, velocemente ne ha riversato il contenuto sulla scultura. E’ molto mortificata, è la fuori e desidera parlarle. La faccio entrare?”. Dopo aver concesso il permesso alla guida di farla accomodare, la straniera entrò e mi raccontò, nel suo italiano parlato con fatica, di un fatto accaduto nell’ultima guerra e che io ricordavo benissimo.
Un apparecchio della R.A.F. era precipitato nel lago di Chiusi. La salma del pilota, recuperata giorni dopo e sepolta in un cimitero di campagna, non fu possibile rintracciarla a causa di un bombardamento che sconvolse il piccolo camposanto. Il giovane pilota era il fidanzato di una sua sorella, che in seguito al gran dispiacere per il dolore si era ammalata senza più guarire. Finita la guerra, alcuni parenti vennero in Italia per avere notizie sulla morte dell’inglese. Al ritorno avevano portato alla donna malata molte fotografie di opere d’arte della nostra nazione, tra le quali la riproduzione del ritratto di Larth Sentinate. Alla vista di quella foto, la donna rimase stupefatta: il volto dell’etrusco era perfettamente uguale a quello del fidanzato morto. Così, ogni anno la sorella ed alcune amiche, alternandosi, si recavano a Chiusi e offrivano all’effige dell’urna essenze di rose che l’innamorata coltivava nel giardino.
Qualche pescatore, che abita presso le sponde del lago, asserisce che, in certe notti cupe, si ode l’affannoso rumore di un motore spegnersi nelle acque nere come l’inchiostro.
(1)L’urna di Larth Sentinate Caesa, fu trovata all’interno della tomba della Pellegrina, (nei pressi della tomba della scimmia) scoperta nel 1928 dall’archeologo Doro Levi.
No, a puntate verranno proposte a partire dalla prossima settimana una sfilza di “curiosità” che riguardano tanti aspetti di Chiusi.
Fulvio, ha intenzione di pubblicare tutto il romanzo a puntate?
Un’operazione forse un po’ retrò, ma hai visto mai… 😉
Carlo, (Sacco) la frase che dici tu è del Galeotti e fa parte del racconto. Concordo con te sul fatto che quel pescatore era, come si dice a Chiusi, un pò “mbenzinato”, ed era per questo che, forse, sentiva il rumore.
Fulvio, non so se la frase finale relativa a quello che sente qualche pescatore è tua oppure del fu Prof. Galeotti ma a quel pescatore bisognerebbe sforzarzi a convincerlo che quello che sente è il rumore del motore dell’ape del Luzi che ritorna al Vaiano dopo aver fatto il fascio di canne del lago per farci il brustico….e bisognerebbe dirgli che bevesse di meno, se no si fa come quelli che dicono di aver visto al Teatro i fantasmi dei soldati morti nella battaglia del giugno del 1944.
La Toscana è piena di buontemponi (Plinio Mannucci docet) e gira gira vedrai che tanto lontano non si va…
Comunque bello il racconto del Prof. Galeotti, non la conoscevo tale storia.