Venerdì sera della scorsa settimana, sono andato un po’ di malavoglia al dibattito organizzato dal PD sui problemi dello sviluppo a Chiusi in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo.
Sarà stata la stanchezza, ma non sono riuscito a percepire alcuna novità. Non mi è parso che emergessero elementi di innovazione sui quali basare il tanto necessario rilancio. I tanti esponenti della CNA, i molti commercianti attivi nelle iniziative locali, gli imprenditori, al di là della denuncia della gravità della crisi non sono apparsi in grado di proporre soluzioni.
I politici ancora meno. La segretaria comunale del PD, Simona Cardaioli, ha ribadito ancora una volta un concetto che è evidentemente errato: “noi crediamo nello sviluppo tanto da condividere la scelta di un Piano Strutturale a quello votato e alla crescita”.
Purtroppo si continua a confondere il contenuto con il contenitore. Non è che prevedendo tanto mattone questo determina sviluppo. Lo dimostrano gli ultimi quarant’anni della storia del nostro comune. L’assessore regionale ai trasporti non ci ha detto che cosa succederà alla nostra stazione che per quasi un secolo e mezzo ha rappresentato l’elemento portante dell’economia di Chiusi. Che conseguenze avrà lo sviluppo dell’alta velocità che ci esclude e il ripiegamento sulla vecchia linea che aumenterà in maniera spropositata i tempi di collegamento con Roma e Firenze.
C’è stato poi un grande assente: il mondo della formazione e della scuola. Pensare allo sviluppo oggi non può prescinderne perché solo da una buona formazione può emergere quell’innovazione di cui le aziende hanno bisogno. Senza citarne il nome vorrei fare l’esempio di due aziende del nostro territorio nel settore delle traversine ferroviarie in cemento.
Se si producono traversine è assai probabile che la situazione economica generale prima di tutto, ma anche la concorrenza straniera determinino una crisi dalla quale è faticoso risollevarsi. Se invece si producono sistemi avanzati per produrre traversine la crisi vi toccherà, ma è probabile che ne usciate molto prima perché quegli impianti si possono sempre esportare. Allora è fondamentale l’intelligenza che si riesce a immettere nel sistema produttivo.
Oggi l’edilizia a Chiusi ha un ampio spazio nel recupero e nella manutenzione. Il resto è solo illusione e spreco di ambiente e paesaggio.