Chiusi è adagiata sopra ad una collina composta di terreno tufaceo, a 398 metri sul livello del mare e più precisamente tra il grado 11° 56’ 54’’ 24 E di longitudine e 43° 1’ 1’’ 20 N di latitudine. Il territorio comunale, che ha, più o meno, una forma di triangolo equilatero, misura circa 58 chilometri quadrati di superficie.
Secondo la leggenda la fondazione di Chiusi è attribuita da alcuni a Clusio, figlio del lidio Tirreno. Altri, invece, la ascrivono a Telemaco, figlio di Ulisse. In realtà è più logico pensare che siano stati gli abitanti della vicina montagna di Cetona, in seguito scesi dalle colline, dove fin dall’età neolitica a quella del bronzo vi è certezza che abbiano vissuto.
A proposito del nome di Chiusi, Tito Livio scrive che una volta si chiamava CAMARS (si suppone che questa sia una forma umbra). Iscrizioni etrusche ce la ricordano come CAMERTEM o CLEVSIN. I romani la tradussero poi nel latino CLUSIUM. In molti documenti medievali è chiamata Chiuci o Chiuscio.
Virgilio, nell’Eneide, include Chiusi fra le città d’Etruria che aiutarono Enea contro Turno, re dei Latini.
Non è dato sapere l’anno preciso in cui Chiusi, ed il suo territorio, fu incorporata dalla repubblica romana, benché si sappia, per mezzo degli scritti di Livio, che nell’anno 206 a.C. il Console Fabio Massimo lasciò una legione a Chiusi, sotto il comando di L. Scipione, vice pretore d’Etruria.
Dante Alighieri parla di Chiusi nel XVI canto del Paradiso, ai versi 73-78, della Divina Commedia:
“Se tu riguardi Luni ed Urbisaglia
come son ite e come se ne vanno
di rietro ad esse Chiusi e Sinigallia,
udir come le schiatte si disfanno,
non ti parrà cosa nuova né forte
poscia che le cittade termine hanno!”.
Una leggenda sul nostro lago, detto anche Chiaro di Chiusi, o come era chiamato dagli antichi chiusini “Chiaro di luna”, ci racconta che nelle sue acque, durante le notti serene, venisse a specchiarsi la bella dea del cielo, che i latini chiamavano Noctiluca e gli etruschi Tiu.
I Canopi conservati nel museo etrusco, vasi con coperchio a forma di testa umana o animale, usati per il seppellimento delle ceneri del defunto, prendono il nome dai contenitori egizi nei quali erano conservate le viscere dei defunti imbalsamati. Solo a Chiusi però questi ebbero lo sviluppo particolare della forma antropomorfa. Nel nostro dialetto, la parola canopo, o meglio, canopio, è usata per indicare una persona fisicamente brutta o dal volto non proprio attraente.
Nel nostro museo è visibile una bella collezione di ceramica greca, databile dalla seconda metà del VI all’inizio del V secolo a.c.. Tali materiali furono rinvenuti nelle tombe attorno a Chiusi e testimoniano quale grado di sviluppo raggiunsero gli scambi commerciali della nostra città in quel periodo.
Molti studiosi di etruscologia sono concordi nell’affermare che a Chiusi fossero tagliate ed incise anche le pietre dure. Questo sarebbe confermato dalla molteplicità dei ritrovamenti, specialmente degli “scarabei”, rinvenuti in abbondanza in tutto il suo vasto territorio.
Sono oltre 50 i musei dove si conservano reperti etruschi provenienti dalle necropoli di Chiusi. Tra questi 28 sono stranieri, di 9 paesi diversi.
Belgio: Bruxelles, Musées Royaux d’Art et d’Histoire. Danimarca: Copenhagen, Musèe National. Copenhagen, Ny Carlsberg Glyptotek. Francia: Annecy, Musée Chateau. Compiègne, Musée. Marsiglia, Musée Borély. Parigi, Bibliothèque Nationale. Parigi, Musée du Louvre. Sèvres, Musée National. Germania: Amburgo, Museum. Bonn, Akademisches Kunstmuseum. Heidelberg, Universitat. Monaco, Museum Antiken Kleinkunst. Wurzburg, Universitat. Altenburg, Staatliches Lindenau Landesmuseum. Berlino, Staatliche Museen. Dresda, Antikensammlung. Grecia: Atene, Museo Nazionale. Gran Bretagna: Edimburgo, Royal Scottish Museum. Liverpool, Public Museum. Londra, British Museum. Olanda: Leida, Rijksmuseum von Oldheden. Svizzera: Losanna, Musée Cantonal d’Archéologie et Histoire. Stati Uniti: Boston, Museum of Fine Arts. Chicago, Fields Museum of Natural History. Indianapolis, Collezione Mrs. Mildred S. Compton. Philadelphia, Museum of Art. New York, Metropolitan Museum.
Il commento di Carlo (Sacco) mi ha fatto tornare alla mente una vecchia fattura dei primi anni del novececento di una ditta chiusina. La stessa mi fu regalata da un amico che la rinvenne nella soffitta di una casa che aveva acquistato nel centro storico. Si tratta di un certo “Marmista Roselli”, dove nella sommità del documento, tra le altre cose che elencava pubblicizzando le varie prestazioni che era in grado di effettuare, si poteva leggere: “accurato restauro di vasi etruschi, antichi e moderni”.
E’ cosa ormai arcinota, ma andate su Google.it e cliccate ”Omero Tarquinia” e vi apparirà tuta la saga di una vita dedicata alla produzione di pezzi fatti artigianalmente dal celebre riproduttore di oggetti di Tarquinia, al punto che si capisce dopo polemiche, storie, contorsioni varie anche i più grandi musei del mondo, compreso il Louvre hanno pezzi che lo stesso Omero dichiarò in passato ”questi l’ho fatti io…”, con buonapace degli esperti di etruscologia…
D’altra parte non ci sarebbe da stupirsi, è anche un aspetto della cultura e del modo di essere italiani: ricordate che qualcuno (pezzi grossi della cultura di cui non faccio i nomi) fu ricoverato in piena crisi di nervi all’ospedale il giorno della dichirazioni a proposito dei falsi di Modigliani gettati nel canale da quei ragazzi buontemponi a Livorno? Al giornalista che le domandava che c’erano certe dicerie in giro sull’autenticità di que i”reperti” rispose dicendo al giornalista con aria di sufficienza: ‘Il problema non si pone, sono certamente di Modigliani….e parafrasando Dante, non ti curar di lor ma guarda e passa”.
Uno dei ragazzi autori disse: ”…ma questo l’ho fatto io col trapano…”.
Il giorno dopo la grande intenditrice era in Ospedale in preda ad una crisi di nervi. La Black and Decker mi sembra di ricordare che ci fece anche la pubblicità ai suoi trapani. E’ stata una delle ultime cose più divertenti successe in Italia negli ultimi anni…
Mi sembra che un scherzo del genere negli anni passati -se ben ricordo- sia successo anche a Chiusi, certamente opera plateale di buontemponi, ma che prese di mira autorità costituite, che di culturale e conoscenza di etruscologia avevano ben poco.
Russia: San Pietroburgo, Museo statale dell’Hermitage (Государственный Эрмитаж).
C’è una stanza dedicata ai reperti etruschi con un intero espositore tutto chiusino.