Curiosità chiusine (II)

di Fulvio Barni

I vasi di Bucchero furono creati per sostituire il vasellame metallico, imitandone le forme. Si tratta di un tipo di ceramica di colore nero, la cui grana e le pareti risultano molto fini. Chiusi, dalla seconda metà del VII sec., produsse un’enorme quantità di questi recipienti, ma di fattezze molto grossolane e per via di queste, denominata dagli archeologi, “Buccheri pesanti”. Il loro nome proviene da Bùcaros, un particolare tipo di vaso di colore quasi nero, creato con una speciale creta profumata, che i mercanti portoghesi e spagnoli portavano dal Sud-America, nello stesso periodo che dalle tombe etrusche erano riportati alla luce quelli di creazione locale.

Chiusi, nel 205 a.c., ormai sotto l’influenza romana, dovette contribuire ad armare la flotta di Scipione che preparava la rivincita su Cartagine. Lo fece con il legname dei boschi del monte Amiata e con molto grano per il sostentamento dell’esercito.

Chiusi nell’anno 391 a.c. fu invasa dai Galli. La leggenda narra che la loro venuta nella città si dovrebbe ad Arunte, un chiusino tradito dalla moglie con un nobile del luogo. Egli, per vendetta, sarebbe andato dai Galli Senoni, invitandoli a lasciare le loro terre per stabilirsi nelle nostre, dove avrebbero trovato vino e olio di ottima qualità. Dalla nostra città avrebbero continuato la loro marcia verso Roma, che poi distrussero.

La Cattedrale di Chiusi fu edificata verso la metà del VI secolo dal vescovo Florentino. Sul pulvino posto nella terza colonna di sinistra che guarda la navata centrale, vi è incisa questa frase: SCS EPCS FLORENTINUS FICIT (Il santo vescovo Florentino fece). E’ considerata la chiesa più antica della Toscana.

La Chiusi etrusco-romana era divisa in quartieri mediante l’incrocio del Cardo col Decumano (strade intersecantisi perpendicolarmente al centro della città). Poi, con l’occupazione Longobarda, ebbe una divisione strategico-amministrativa tramite la costituzione dei terzieri: San Silvestro, Santa Maria e Sant’Angelo.

Il Cratere di Chiusi, meglio conosciuto come “Vaso François”, prende nome dal famoso archeologo fiorentino che lo rinvenne, in innumerevoli frammenti dovuti ad un probabile saccheggio precedente, il 3 novembre 1844 a Chiusi, in località Fonte Rotella. In esso vi sono raffigurate “le nozze di Teti e Peleo” (ritenuti dalla mitologia greca i genitori di Achille), una “centauromachia”,  “la caccia del cinghiale calidònio e una “corsa di carri” (in onore dei funerali di Patroclo).

È ritenuto uno dei capolavori della produzione ceramica Attica a figure nere. L’opera, firmata da Clizia (Kleitias, pittore e ceramografo Attico del VI sec. a.c.) e dal ceramista che lo realizzò, Ergotimos, è databile attorno al 570-550 a.c.; misura 66 cm. di altezza, 57 di diametro e 181 di circonferenza massima. I pezzi rinvenuti furono affidati al restauratore chiusino, Vincenzo Monni, il quale, durante il montaggio del vaso, ne constatò la mancanza di più di un terzo.

Il 1° luglio 1845 il vaso raggiunse Firenze, il 30 agosto fu fatto acquisire al Regio Erario Toscano dal granduca Leopoldo II e dal settembre 1846 fu esposto nell’allora “Gabinetto dei Vasi Etruschi” agli Uffizi. Il vaso costò al Regio Erario 500 zecchini. Si consideri, tanto per farsi un’idea e un confronto col potere d’acquisto di oggi, che questa cifra avrebbe potuto permettere, ad un ricco forestiero, una permanenza lussuosa per circa sei mesi nella Toscana di metà ‘800. Dopo la prima ricomposizione, il vaso, nel 1900, fu vittima della collera di un custode del museo che lo disintegrò in 638 pezzi e si rese necessario quindi un secondo restauro. Durante l’alluvione del 1966 subì altri danni che imposero un ultimo restauro, eseguito nel 1973. Oggi è conservato nel Museo archeologico di Firenze.

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11 risposte a Curiosità chiusine (II)

  1. Andrea Baglioni scrive:


    enzo sorbera:

    Andrea, si chiama Gianfranco, detto – tra noi – Franco.

    é vero…. Gianfranco….. mi so confuso nel confondimi…..

  2. enzo sorbera scrive:

    Andrea, si chiama Gianfranco, detto – tra noi – Franco.

  3. Andrea Baglioni scrive:


    roberto donatelli:

    Se il verso sia quello o no, non lo so, ma i ‘buccheri’ del Sig. Rocco sono neri, ed al tatto sembrano ferro.

    @donatelli. Scusami se ti correggo ma si chiama Giancarlo Rocchi, e a quello devono assomigliare (al ferro).
    @Carlo Sacco. 2 secoli fa anche da noi c’era, purtroppo,un enorme mercato oltre che di originali anche di falsi… infatti vedi i musei di tutto il mondo dove ci saranno solo oggetti chiusini originali?

  4. Se il verso sia quello o no, non lo so, ma i ‘buccheri’ del Sig. Rocco sono neri, ed al tatto sembrano ferro.

  5. Andrea Baglioni scrive:

    @sorbera. E che ne so se quello è il verso? di certo fa dei bei lavori….in gran segreto… e se li fa pagare profumatamente… 🙂

  6. enzo sorbera scrive:

    @Nicola. Grazie.

  7. enzo sorbera scrive:

    @Andrea. Franco Rocchi è un amico di quand’ero ragazzino e lui (insieme a un paio di amici – di cui uno è mio cugino) avevano trovato “il verso”. Ma è quello?

  8. Nicola Nenci scrive:

    Si tratta di un processo di cottura in ossido-riduzione. La tecnica della cottura in assenza di ossigeno era nota anche ai ceramografi greci, che la usavano per le decorazioni pittoriche sulle superfici dei vasi. Vi siete mai chiesti, per esempio, di cosa e come son fatte le pitture che ricoprono il Vaso François, menzionato nell’articolo?
    Adesso non ho in mente testi sul bucchero, ma per capire come si realizzavano i vasi in Attica si può leggere
    Schreiber, T. (1999), Athenian vase construction: a potter’s analysis. Malibu edito da P.Getty Museum, sempre se non ricordo male.
    E’ l’unico riferimento bibliografico che ho in testa al momento.

  9. Andrea Baglioni scrive:

    (x sorbera e sacco) perchè non fate un salto a sant’albino e chiedete del Rocchi “quello che fa i vasi”? eppure è abbastanza conosciuto….magari comprate uno dei suoi manufatti…tutti i suoi oggetti sono certificati come copia… lui riesce a creare qualcosa di molto simile e il procedimento è chiaramente segreto! P.S. se ci andate salutatemelo. 😉
    N.B. credo che abbia già spostato la “bottega” nel centro dei montepulciano.

  10. carlo sacco scrive:

    Beh,forse non è proprio così questo Enzo; basta andare a Tarquinia e chiedere di Omero.I suoi manufatti se li sbricioli sono neri.Come faccia non è dato di sapere, forse sarà un suo brevetto,ma come si è già detto, sembra che diversi Musei del mondo(il Louvre fra questi) ci siano cascati ed espongano pezzi che lo stesso Omero(vecchie polemiche) abbia dichiarato platealmente ”questo l’ho fatto io”.Non sò se sia possibile fare il test di termoluminescenza per il bucchero, di sicuro per la ceramica cinese no,ma il bucchero non impiega caolino e quindi forse è possibile. In tal modo si chiarirebbe l’arcano, ma la termoluminescenza è un esame che spesso costa più dello lo stesso pezzo sul mercato, ma molte case d’asta allegano il certificato al pezzo, cosi validandolo e togliendo sospetti dalla mente degli acquirenti. A proposito di altre culture: quella Khmer produce manufatti molto simili all’esterno, ma se li sbricioli
    i frammenti non sono neri….da qui la favola che Omero
    Bordo ama recitare davanti ai turisti in visita al suo laboratorio di Tarquinia:”Signori, siete in presenza dell’ultimo degli Etruschi….Sembra che qualche americano ci creda davvero…..

  11. enzo sorbera scrive:

    Il bucchero è una varietà di manufatto completamente nero (cioè, non è dipinto di nero, ma, se si frantuma, i singoli pezzi sono neri). E’ noto il procedimento con cui si arrivava a questo tipo di risultato? O, più che un procedimento di cottura, è il risultato dell’impiego di un particolare tipo di argilla? Che io sappia, non ci sono altre culture che producono questo tipo di terracotta.

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