E’ con soddisfazione che The Face of Asia, Archivio Fotografico-Storico Sacco (Onlus-NPO) annuncia di aver guadagnato la “First Line” di Google e che nelle prossime ore saranno aggiunte al sitoweb www.thefaceofasia.org anche le immagini delle lastre di Adolphe Klier sulla Birmania del 1870-1880.
L’importante e fortunosa acquisizione delle lastre di questo fotografo è avvenuta casualmente tempo addietro. Klier è una delle tre sole persone che abbiano fotografato la Birmania insieme a Felice Beato e alla coppia Max e Bertha Ferrars.
Adolphe Klier aveva il proprio Studio in Valley House a Rangoon, era fotografo provetto, riparava anche orlogi e commerciava in pietre preziose, ed era proprio in questo luogo che riusciva a creare le immagini che sono arrivate sino a noi in forma di stampe all’albumina e che -rarissime- vengono oggi vendute nelle aste di Sotheby’s e Christie’s a centinaia e centinaia di euro ognuna.Nelle sue foto è presente lo spaccato di tutta la società Birmana di quell’epoca: nobili, principesse ingioiellate, semplici venditori ambulanti, funerali di bonzi, pagode, elefanti al lavoro, donne che trasportano acqua , pellegrini che pregano assorti davanti a immagini di colossali Buddha. Un mondo sonnolento che ancora doveva scuotersi dal giogo inglese e che vedeva nelle campagne la parte più cospicua di una economia basata sul riso, sui commerci di spezie e del tek.
Una manna per gli Inglesi insomma. La Birmania era compresa nella confederazione Indiana e quindi a tutti gli effetti era considerata India anche se ne era una “protuberanza” poiché gli abitanti non erano assimilabili agli indiani ma parlavano un’altra lingua, professavano il Buddismo ed erano disseminati in un territorio talmente variegato che spesso era considerato dagli stessi Inglesi infido e pericoloso, pieno di giungle, paludi, montagne, tribù sconosciute, predatrici ed ostiche avverso chi decideva di addentrarsi nell’interno.
Ne sapevano qualcosa i missionari cristiani che avevano stabilito i loro avamposti per l’evangelizzzazione di molte tribù. Decenni più tardi di Klier, la Storia sarebbe passata per la Birmania con altre modalità, segnando scontri terribili fra l’esercito Anglo-Indiano ed i Giapponesi durante la seconda guerra mondiale e quella sarebbe stata una guerra incredibile, raccontata da moltissimi scrittori e giornalisti che hanno documentato tali vicissitudini. La mitica “Burma Road” che congiungeva Mandalay con lo Yunnan cinese fino a Kumming vide sforzi sovrumani di generazioni sia di birmani, inglesi e cinesi contrapposti ai giapponesi che si erano spinti, entrando in Cina ed invadendola dalla Manchuria, fino all’Indonesia ed alle Filippine.
Dopo la guerra nel 1947 la Birmania raggiunse l’indipendenza ed al suo capo -padre dell’odierna Aung San Su-Ky– fu affidata la conduzione del paese, ma la pace era destinata a non durare a lungo, poiché quella terra entrò nel crogiuolo della contesa mondiale fra le superpotenze: colpi di stato, ribellioni, guerriglia comunista, richiesta dell’autonomia di popolazioni che non riconoscevano i governi centrali ridussero la Birmania ad isolarsi sempre di più ed a rinchiudersi in se stessa.
Ecco perché ancora oggi tale regione conserva comunque un fascino che pochi paesi hanno avuto l’opportunità di mantenere. Le immagini della Birmania raccontataci da Adolphe Klier non sono comunque quelle della guerra né quelle di popolazioni ribelli, ma quelle di un paese dove si assiste ad un divenire delle cose in una atmosfera quasi fiabesca, un mondo che si muove lentissimamente come i suoi battelli a ruota sull’Irrawady.
Il viaggiatore “on the road” che oggi lascia il mondo globalizzato della vicina Thailandia per sentire “l’odore dell’Asia” è cosa sicura che venga captato da quell’inesauribile e quasi sensuale flusso di questo mondo magico, rimasto quasi inalterato.
Le mie visite in Birmania sono state due: nel 1974 da solo e nel 1977 con altri tre amici. A quell’epoca davano il visto per soli 7 giorni e sul passaporto scrivevano “Land Route not permissible” e si rischiava la galera se ti imbattevi nella polizia su qualche treno o autobus. Oggi anche se il regime controlla tutto, al turista è concesso un mese e lo spostamento senza farsi registrare all’arrivo. Ma la Birmania, che oggi si chiama Myanmar, conserva un fascino inesauribile, degno davvero delle descrizioni di Ruyard Kipling. Difatti lo scrittore pur non essendo mai stato a Mandalay aveva detto una fandonia difficile da essere scoperta, quando asseriva che dalla Mandalay Hill vedeva il sole levarsi dalla Cina. C’era da dubitare che la “flemma inglese” avesse avuto la meglio sulle migliaia di scalini della Mandalay Hill, ma era vero che il sole si alzava ad oriente e non è che ci volesse uno studio superiore per capirlo!
Il sito è una vera e propria miniera d’oro , io ho solo spulciato poche delle tante immagini presenti, anche se ho guardato minuziosamente quelle sulla prima guerra mondiale.
Comunque complimenti, il sito è veramente ben fatto e merita sicuramente tutto il tempo che una persona ci possa spendere a osservare le ottime foto