Una doverosa premessa a questo articolo: l’attuale crisi che mette nei guai tante famiglie ha bisogno di azioni immediate e indifferibili.
Ormai i settori tradizionali sembrano essere in preda a una crisi drammatica. Le imprese locali che sembrano stare meglio sono le poche che lavorano per l’esportazione. Forse la crisi non è ancora percepita da chi non è ancora toccato in tutta la sua drammaticità perché funzionano ancora (ma per quanto?) i legami di solidarietà familiare.
Anche il volontariato non si occupa più soltanto dell’emarginazione patologica presente anche nei sistemi avanzati di welfare. Ormai alla Caritas si rivolgono tante famiglie in difficoltà. C’è quindi bisogno di uno sforzo immediato e massiccio.
Detto questo, vorrei trattare il tema della crisi da un punto di vista diverso, quello del medio e lungo termine.
Quando si uscirà dall’attuale grave congiuntura economica gli equilibri e le forme dell’economia saranno diversi. Mi chiedo se non sia allora il caso di porsi il problema di questo futuro. E’ possibile pensare di mettere in rete competenze che si esprimono in maniera “gratuita” in forme del tutto spontanee e non conosciute.
I molti giovani che si dilettano di informatica “aperta”, gli hacker che si esprimono ad alti livelli e mettono alla prova i punti deboli dei sistemi informativi, i giovani che si dilettano di robotica, e così via. Mi chiedo se non sia il caso per queste realtà di organizzarsi in gruppi dove ci si possa confrontare e migliorare, per il puro gusto di farlo, la propria preparazione. Insomma creare un ambiente “in continuo apprendimento” che possa poi volendo trasformarsi in attività economica.
Ho già scritto sul blog dell’esperienza di Orvieto e del suo Orvieto Linux User Group di cui alcuni dei partecipanti hanno poi creato diverse piccole imprese. A Chiusi c’è probabilmente un problema di dimensione.
Giorni fa ho incontrato in treno uno di questi imprenditori. Ha venticinque anni e con un amico gestisce un’impresa che opera in tutta Italia nel settore della sicurezza informatica con discreto successo.
Si tratta allora di trovare relazioni con altre realtà della nostra zona. Sono iniziative che non hanno bisogno di risorse aggiuntive rispetto a quanto “investono” i singoli per operare da soli.
Certo che qualcosa bisogna inventarsi… E anche quello che propone Paolo Scattoni può essere un passo…
Mi domando però perché si faccia ancora finta che la crisi non cisia. Non ne parlano i partiti, non ne parla il Comune, non ne parlano i sindacati, non ne parlano le associazioni di categoria… Non ne parlano le banche che pure hanno uffici stampa solerti, pronti a informare su qualsasi iniziativa, dalla carta per i pensionati alla gita sociale ai laghi di Plitvice… E’ utile alla causa non parlarne e tenere i riflettori spenti? Io penso di no…