25 aprile 2012: per non dimenticare quanti hanno combattuto e dato la vita per la nostra libertà

di Fulvio Barni

Quest’anno voglio ricordare il 25 aprile 1945 riportando alla luce uno scritto di Loris Scricciolo che ho avuto occasione di rileggere in questi giorni.

Esso interpreta fedelmente quelle che erano le aspirazioni e gli stati d’animo dei nostri concittadini in quei momenti. Ci rimanda con il pensiero a quella che fu la Resistenza armata e politica al nazifascismo fatta da uomini, donne, giovani, anziani, preti, militari, persone di diversi ceti sociali, diverse idee politiche e religiose, ma che avevano in comune la volontà di lottare personalmente.

Ognuno con i propri mezzi, per ottenere in patria la democrazia, il rispetto della libertà individuale e l’uguaglianza. Il 25 aprile 1945 i Partigiani, supportati dalle Forze Alleate, entrarono vittoriosi nelle città italiane, mettendo fine al tragico periodo di lutti e rovine dando così il via a quel processo di liberazione dell’Italia dall’oppressione Tedesca e fascista, che portò alla fondazione della Repubblica e alla stesura della sua bella, ed ancora moderna, Carta Costituzionale.

Articolo commemorativo nel sesto anno della ricorrenza della battaglia di Chiusi del 26 giugno 1944, pubblicato il 26 giugno 1950 sul numero unico intitolato “La Libertà” – Chiusi.

Abbiamo sempre davanti agli occhi lo spettacolo terrificante della nostra città avvolta dal fumo e dagli scoppi. E chi la vide da lungi in quegli allucinanti giorni di battaglia, porta il ricordo incancellabile dei suoi tetti, che di quando in quando sparivano sotto una fitta nube di polvere e poi spuntavano di nuovo per un istante e ricadevano ancora sotto un inferno di colpi e di fiammate.

Per giorni e giorni fu un incessante fragore di cannoni; e nelle brevi soste, qualche breve boato rintronava lontano, seguito da un sibilo sempre più forte, poi da un fischio lacerante che descriveva la sua parabola e si spegneva lontano con un colpo sordo.

Nell’immota calura estiva biondeggiavano i campi; l’aria d’intorno odorava di polvere bruciata.

Quando furoreggiava la battaglia c’era silenzio nei rifugi; in mezzo al fragore, al tremare delle pareti, al rovinio, allo schianto, ognuno si faceva più appresso all’altro. E quando i colpi cadevano più fitti, tutti istintivamente guardavano il soffitto. Allora qualcuno accendeva nervosamente una sigaretta. Rannicchiata in un angolo giù in fondo, una vecchia singhiozzava piano, piano.

Poi quando il fuoco si spense e i cannoni cessarono di tuonare, venimmo a vedere le nostre case. Un’immensa rovina ci si parò di fronte: edifici sventrati, scomparsi, tetti sconvolti, strade ovunque ostruite di macerie.

I morti giacevano per la campagna. Per più giorni la collina, l’orto, i campi, il ciglio delle strade insidiate dalle mine, furono la loro tomba. E il sangue del padre si raggrumò con quello del figlio. Non c’era moto nella natura. Le nubi continuavano il loro pellegrinaggio, il soffio della brezza notturna sfiorava ancora l’erbe dei prati, cogliendo nel suo soffice abbraccio l’odore della menta selvatica.

Poi dai mucchi informi si levò lento il lezzo della morte. Funerali modesti ed imponenti attraversarono Chiusi, assorta nell’incredulità e stravolta nelle sue rovine, isolata, senz’acqua, senza elettricità, senza medicinali, senza un mulino che funzionasse con soli diciannove sacchi di farina nei magazzini comunali.

Eppure la vita riprese a poco a poco sotto la guida di nuove autorità: quelle designate dal Comitato di Liberazione Nazionale, con Luigi Romanini alla testa e dove, giovanissimo, mi venne affidato l’Assessorato della Pubblica Istruzione. Si fecero dei miracoli per confortare, assistere e ricostruire. Ricrebbe la speranza, rifiorì il sorriso; le cose ebbero un nuovo ritmo e sul tremendo passato si stese come una fitta coltre di silenzio….

Ma non fu l’oblio, o cari morti. Voi sapete certamente di vivere in quelli che amaste e che vi hanno amato. In quanto a noi, assumiamo l’impegno di non abbandonarci all’inerzia ed alla rassegnazione. Solo così, o cari morti, voi potrete dormire per sempre in pace.”

Loris Scricciolo

Questa voce è stata pubblicata in POLITICA. Contrassegna il permalink.

Una risposta a 25 aprile 2012: per non dimenticare quanti hanno combattuto e dato la vita per la nostra libertà

  1. Ogni volta che sento cantare “Bella Ciao” mi viene voglia di urlare: ‘Ma lo sapete cosa state cantando? Non è una canzoncina. E’ un inno alla libertà, alla speranza e alla morte.’ Coloro che la cantano sono gli stessi che hanno consegnato il nostro Paese a Berlusconi, su un piatto d’argento, e sono gli stessi a cui le parole dello Scricciolo “assumiamo l’impegno di non abbandonarci all’inerzia ed alla rassegnazione” non dicono proprio un bel niente.

I commenti sono chiusi.