Un fine settimana, quello scorso, all’insegna dell’eccellenza musicale. Sabato 21 aprile, presso il Museo Nazionale, nel quadro delle iniziative per la settimana della cultura, si è tenuto un concerto del “Agua Duo”, un duo (Chitarra – Antonio Ruvo – e Flauto – Francesca Menchini -) di strumentisti di tutto rispetto, accomunati dalla passione per la musica popolare sudamericana.
Si parte con la celebre Pièce en forme de habanera di Ravel. Tradizionalmente suonato da pianoforte e clarinetto o addirittura sax, il brano riceve dalla dolcezza del flauto un timbro particolare, forse accentuato dal contesto inusuale in cui è stato eseguito. Si prosegue con Fantasia Mulata, del portoricano Ernesto Cordero: la struttura del brano esalta il virtuosismo della flautista.
Splendida l’esecuzione di Circulo mágico di Sergio Assad – si tratta di un autore cult degli ultimi anni (è nato nel 1952 a San Paolo), venuto alla ribalta più grande perché, insieme al fratello Odair, hanno realizzato alcune incisioni quasi leggendarie con Nadja Salerno -; seppur non si tratti di un brano da grande pubblico, è riuscito a catturare l’attenzione anche dei visitatori del Museo che non erano lì per il concerto. In chiusura, per la mia personale emozione, tango!
L’esecuzione di Histoire du Tango di Piazzolla (tutti e quattro i brani “Bordel”, “Café”, “Night-Club” e “Concert d’aujourd’hui”) è stata semplicemente perfetta. Chissà cosa sarebbero capaci di fare due strumentisti così con Estaciones Porteñas! Per chi fosse interessato, si tratta di brani che ha pubblicato Deutsche Grammophon una ventina di anni fa in “Piazzolla for two: tangos for flute and guitar”. Il bis ha visto protagonista un brano di Villa Lobos.
Palcoscenico diverso, molto meno intimista, domenica 22. A San Francesco, sono di scena le corali che hanno risposto all’invito della Arcadelt per la V rassegna. La stessa Arcadelt apre la serata con due brani di buon livello, anche se l’esecuzione di What a wonderful world è stata un po’ troppo spenta.
Prosegue la corale Agazzari di Siena con due tempi – uno religioso (molto ben eseguito, con la tessitura dei bassi molto in evidenza e con l’unica pecca di un paio di respiri fuori tempo sull’alleluia finale di Regina Coeli. Roba di poco, se si tiene conto della qualità di esecuzione dei brani), e uno profano, che però non è stato all’altezza del primo – ad es., l’esecuzione dei brani di Gastoldi non mi ha convinto. Inoltre, se l’esecuzione del brano di Mendelssohn- Bartoldy (deines Kinds gebet erhöre) è molto sicura e sciolta, non lo è altrettanto quella del brano di Brahms (im stiller Nacht). Il coro vien fuori con qualche difficoltà, come una specie di solfeggio cantato: in una corale di questa esperienza e spessore è un neo inatteso (anche se ci sono tutte le “attenuanti” dell’osticità di un autore come Brahms). Splendidamente eseguiti i brani con la Arcadelt.
Chiusura di lusso con la corale dell’Università di Perugia che presenta una selezione dal loro sterminato repertorio. Ottimo ensemble vocale, accompagnato da un pianista molto bravo (anche se un po’ troppo di alto volume in un paio di occasioni), presenta diversi elementi di eccellenza (notevoli le due soprano e un tenore) che danno smalto particolare ai brani eseguiti. Da C’era una volta il West di Morricone a Seasons of love di Larson, dal Gershwin I got rhythm a New York New York non è stato sbagliato un colpo. Chicca per gli appassionati, un bellissimo brano di Antonio Carlos Jobim, quel Agua de beber, che, lo confesso, mi ha messo un po’ in crisi di invidia, dato che continua a mettere a nudo, ormai da tempo purtroppo, tutti i miei limiti di strumentista.
La chiusura è un omaggio ai Beach Boys – che mi hanno sempre lasciato piuttosto indifferente, anche se, devo ammettere, è forse la chiusura più adatta per una manifestazione da grosso pubblico -. Finale di concerto un “tutti insieme” con l’esecuzione molto buona di un brano cinquecentesco.