Resistenza?

di Carlo Sacco

Il grido che ha dal dopoguerra pienato le piazze “Ora e sempre Resistenza” man mano che il tempo passa appare anche agli occhi di coloro che più di altri l’hanno avvertito e concepito come aderente ai propri pensieri, come un vacuo e sempre più lontano’’ rumore’’.

Occorrerebbe soffermarsi un momento e riflettere sul perché tale fiaccola certuni la vorrebbero tener viva, altri invece vorrebbero relegarla nei cassetti della storia e anche altri ancora nel suo immondezzaio, come non si vergognano di definirlo. Ciò che ha contribuito a consumare tale concetto è un “agente atmosferico”, uno di quelli che la natura umana ha posto in grembo a tutti senza distinzione alcuna, un modo di sentire e di pensare che è venuto formandosi velocemente ma che ha la propria base nel modo di essere italiani.

In tale condizione è sostanziale il recepimento di quanto passi in casa, dell’aria che spira, delle opportunità dall’affrancamento da miserie ataviche e furbizie individuali approfittatrici di momenti che potrebbero essere irripetibili e quindi da cogliere o meno le eventualità che passano di fronte. Tutte queste condizioni, che non spiegano da sole il valore ed i limiti della Resistenza, hanno, da quasi subito la fine del conflitto, inciso sullo snaturamento di tale concetto, sui tentavi di annullarlo, sulle mai cessate spinte a considerare la nostra Costituzione come “Sovietica”. Parole precise proferite dell’ex Presidente del Consiglio eletto a maggioranza dal popolo Italiano (non lo si dimentichi questo).

Perché? Io una parziale risposta tenterei di fornirla, non esente da una spiegazione politica, proferendo un nome: Antonio Gramsci. Quella mente che per ammissione di Mussolini andava fermata -e così fu fatto-, aveva analizzato grandemente e minuziosamente le vicende storiche italiane, scomponendole e ricostituendole negli scenari dai quali gli avvenimenti ed i comportamenti umani erano derivati e ciò che ne sarebbe uscito sarebbe stata una affermazione che spiegava con precisione la natura dalla quale le modalità del pensiero italiano erano derivate, della sua cultura, delle azioni che avevano portato agli avvenimenti che schiacciarono quella poca libertà che vigeva nell’Italia dopo la prima guerra mondiale.

Cosa aveva contribuito allo sprofondamento nella dittatura per la quale la stragrande maggioranza del popolo si era ulteriormente impoverita e pochi si erano arricchiti? La presenza di uno spettro, di una condizione mentale nel pensiero italiano che era determinato da un atteggiamento che permeava la stragrande maggioranza della gente e che poteva riassumersi in una profonda cultura religiosa tale da esserne influenzata ogni sfera delle manifestazioni umane.

Il ribellismo, ma di pochi, contro le ingiustizie economiche, l’essere placati nel proprio senso di reattività e di dar maggior peso ad una visione individualistica nei momenti di grandi impatti sociali e politici, era il corpo costituzionale che si creava per lasciare affermare automaticamente ciò che i vertici religiosi più alti ed istruiti volevano, pensavano e mettevano in atto.

Agire al contrario, da parte loro sarebbe stato uno svendersi di fronte ad un persuasivo nemico: la ragione! E non sarebbe mai dovuto avvenire! La costruzione di una intelaiatura “morale” ( la loro cultura) dentro alle persone per la quale avevano lottato da secoli per farla affermare sarebbe stato l’antidoto più efficace alla difesa sia del loro status ma sarebbe stato sufficiente, anche successivamente, ad impedire che “il materialismo” (dicevano loro) avesse conquistato i cuori. Pensavano così bene su tale argomento che ci volle poco a dimostrarne la giustezza strategica. E così fu, in quell’Italia duramente provata da 20 anni di fascismo e di privazioni e che mai avrebbe fatto la propria rivoluzione al contrario della Francia, della Russia, dell’Inghilterra e degli Stati Uniti d’America, e che avrebbe innalzato una diga -della libertà la chiamarono anche se Berlusconi era un pargolo all’epoca- la rivoluzione fu solo quel consumo del quale l’Italia aveva bisogno sicuramente ma che poi smisuratamente sfociato in consumismo scambiato culturalmente per benessere ed osannato per più di mezzo secolo dopo.

Tali erano, sono e permangono: il Mercato! Ecco dove poggia culturalmente la sminuizione del concetto di Resistenza che non è più quella contro il fascista interno e l’invasore tedesco, ma sarebbe quella che oggi poggia nel produrre consumo smisurato, influenzare gli animi e portarli verso la sottocultura del mercato (questo è il vero materialismo invece!). Avere bisogno estremo del superfluo quando manca l’utile. Sarebbe invece utile il contrario al quale la sedicente sinistra ha oggi abdicato in favore delle prebende che il sistema è disposto ad offrirgli spartendo con lei il potere.

Ecco perché il concetto moderno di Resistenza dovrebbe oggi essere ampliato per portar fuori dalle secche l’Italia, fuori dalle secche di un sistema, CHE E’ SEMPRE QUELLO, anche se tanti provano a farlo vedere con il vestito della Domenica (vertici dello Stato inclusi). Quel sistema che ha fagocitato tutti porta allo scontro sociale inevitabilmente, porta alla distruzione di ogni forma di libertà individuale passando prima per il degrado dei partiti di cui è composto (e siamo già a buon punto di cottura), proverà quindi -per non cambiare le condizioni- a tirar fuori l’uomo giusto al momento giusto, per imporre sacrifici a chi già li sta facendo, ammantandosi di promesse e sempre meno di fatti, usando la miseria come arma per piegare le persone, costringerle nel guscio dei personalismi ed essere sempre più flessibili e prone al denaro ed al bisogno.

Tutto questo si fa in un solo modo: entrando nelle case di tutti con i mezzi dissuasivi mentali delle TV e se non basta con la violenza. Dalla crisi del sistema economico capitalista si esce a destra, ormai è storia! E la sedicente sinistra si balocca credendo al ritornello che per coinvolgerla nell’operazione il sistema possa cambiare le sue finalità: la storia dell’orlo del baratro ne è un esempio. Ma su quell’orlo la situazione ce l’hanno spinta gli operai, i pensionati, oppure chi ci ha guidato? Basterebbe poco a capirlo, ed invece si fanno le carte false per spargere fumo. Ecco in quale direzione sarebbe auspicabile un nuovo CLN di Resistenza.! Mi rendo conto però che sono parole vane. Si riempiranno le piazze, ma il più dotato per mezzi, furbizia, conoscenze, sopravviverà e tali doti non sono quelle della giustizia sociale, del lavoro, delle progressive opportunità per ognuno, ma tutto il loro contrario. 

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6 risposte a Resistenza?

  1. Il mio ‘ottimismo’ deriva dalla constatazione che il ‘sistema capitalista’ si è SEMPRE PIU’ insidiato dagli anni 70, l’accento è sul SEMPRE PIU’, non sul PIU’. Guarda coincidenza con lo spargersi a macchia d’olio della teoria dell’evoluzione che, guarda caso, si basa sul SEMPRE più, non sulla ricerca del ‘semplice’ più, ma del sempre più…….
    la giraffa è sopravvisuta e ha prosperato grazie al fatto che il collo di un animale, che non era ancora una giraffa, si è allungato SEMPRE DI PIU’. I suoi simili sono scomparsi mentre i discendenti di quell particolare individuo hanno dato vita alla Giraffa…..o sbaglio?
    Tragga lei le conclusioni che questa prospettiva di Vita induce.

  2. carlo sacco scrive:

    Caro Donatelli, è vero che talvolta occorrerebe essere ottimisti ma in questo caso che lei paventa non ritengo che lo potremmo essere. Da che mondo è mondo la gente reagisce sempre seguendo comportamenti da ”homo aeconomicus” e cioè da poter possedere e fruire della maggior parte delle cose possibili, risorse o ricchezza, col minimo sacrificio possibile.
    In tal caso misembra chiaro il fatto che in un mondo a risorse comunque limitate se il sistema è strutturato in modo tale che la ricchezza prodotta non possa essere fruita dalla totalita’ delle persone vi saranno settori umani che camperanno con 1 dollaro al giorno oppure con meno ancora. E il sistema che produce tale fotografia si chiama ”Capitalismo” o ”Economia di mercato” dove chi riesce a produrre con meno costi è più competitivo e più venderà.
    Oggi l’unica pompa che preme nella direzione della compressione del costo è quella rivolta verso il lavoro anche se dietro il lavoro ci stanno le persone con le loro vite.
    E’ una finalità del sistema produrre sempre di più, sempre più cose diverse anche ad inventarsi i bisogni irreali degli uomini e per gli uomini. E’ sicuro che è un sistema obsoleto e che farà crollare tutti, anche chi adesso beneficia, che sono i meno. Riponga le sue speranze Donatelli. Si esce da tutto questo se si impone un cambiamento drastico nella direzione di ripartire più umanamente la ricchezza prodotta, ma la vedo dura.
    La storia ci dice che solo con la forza si può fare poichè la ragione purtroppo non è sufficiente. Se lo fosse stata saremmo più liberi e migliori già da 2000 anni ma così non è.

  3. Il commento è “oggettivo e non smentibile”, e non riguarda solo il nostro Paese, ma tutto il mondo.
    Domanda: se qualcuno della sempre più vasta classe sociale povera si trovasse nella stessa posizione di coloro, o se avesse la possibilità di quella cerchia sempre più ristretta di coloro cha ‘hanno’, cosa farebbero? In altre parole credo che ciascuno di noi aspiri ad avere SEMPRE DI PIU’ di quello cha ha. La ristretta cerchia sono coloro che ci sono riusciti meglio degli altri. Il metodo non conta, quello che vale è ‘L’AVERE SEMPRE DI PIU’, avere una nuova televisione, un nuovo telefonino, etc, al di sopra del funzionamento del televisore che abbiamo etc.
    Se riusciamo a capire questo credo che la tendenza possa essere cambiata

  4. carlo sacco scrive:

    Non sono proprio tanto d’accordo con tale paragone. Lo spirito della Resistenza era saldo e deciso, poichè l’Italia era in ginocchio e venivamo da 20 anni di fascismo, miseria e guerra, quindi ci furono delle cause profondissime che passarono nel corpo della Nazione e che fecero sì che le forze fossero unite per determinare il risultato.
    Più era forte la compressione (20 anni) più la domanda di liberazione dalle avversità e dalle miserie fu impetuosa e gli italiani seppero mettere da parte le differenze. Oggi non è così, pesa molto il fatto che veniamo da un periodo nel quale siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità, che per nostra cultura abbiamo accettato come ”normalità”.
    E non sembra affatto che il ridimensionamento fattoci intendere come dovuto che sia equo per ogni fascia sociale. In questo subiamo palesemente e scontiamo con forza la teoria economica del mercato che recita in maniera rozza che chi ha possibilità economiche fa sempre ciò che faceva prima e chi non le ha si adegua a quello che ha.
    In pratica chi lo prende sotto la coda sono i poveri e a Chiusi come in tutta Italia regna una maggioranza regolarmente eletta di gente che fa parte di un asse che conta il 70% in Italia di persone che credono e validano il principio sopra indicato, con la differenza che il vertice di chi possiede ricchezza è ancora più ristretto rispetto a prima ma anche più ricco, e la base è sempre più estesa (prende più classi sociali) e sempre più povera.
    Tutto questo è oggettivo e non è smentibile.

  5. C’è una strofa di una canzone dei…..(un famoso e buon gruppo rap Napoletano e di cui non ricordo il nome) che dice “Una volta usavano i manganelli e l’olio di ricino, ora usano la televisione ed i giornali”. Credo sia vero, per lo meno nel nostro Paese.

  6. lucianofiorani scrive:

    Lo spirito della resistenza insegna che per un fine importante si possono unire forze diverse.
    A parole sembrano tutti d’accordo ma nei fatti…
    E anche a Chiusi è la stessa solfa.

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