La rinnovata Fondazione Orizzonti d’Arte inaugura la sua nuova Sede. Per l’occasione si è svolta anche una seconda presentazione ufficiale dei nuovi organismi direttivi.
Rimane il vulnus di non aver saputo “ufficialmente” e in modo analitico quali siano state le motivazioni che hanno portato il suo primo Presidente e due consiglieri a inaspettate dimissioni, a poche settimane dal loro insediamento. Oltre che un atto di doverosa Trasparenza questo avrebbe permesso di capire quale fosse la contestata strategia di partenza a cui l’attuale dirigenza invece si contrappone.
La neo Presidente Giovanna Rossi annuncia infatti che si perseguirà una sinergia tra pubblico e privato per promuovere Chiusi, rilanciando anche una formula oggi piuttosto popolare e forse un tantino abusata: ad ogni euro investito nella Cultura ne corrisponderebbero dai 5 ai 7 di introito diretto e indiretto per il Territorio.
La formula è abusata per due motivi e lo dico pur essendo stato credo il primo ad usarla da queste parti in occasioni pubbliche. Abusata perché le stime dello Studio Ambrosetti parlavano di un rapporto da 1 a 2,50 mentre oggi arriviamo al limite estremo di 1 a 7, come annunciato in questa circostanza a Chiusi. Personalmente trovo importante aver individuato che Cultura e Turismo culturale possano diventare un volano economico ma dubito che si possa essere precisi nelle previsioni e sconsiglierei vivamente di lasciarsi andare ad eccessivi ottimismi.
Va poi aggiunto che anche se fosse confermato un rapporto realisticamente interessante, per esempio quello di 1 a 2.5, questo non sarebbe di per se indice di automatismo, per cui ad ogni 10.000€ investiti ne corrisponderebbero 25.000€ di guadagno.
Un conto infatti è la potenzialità e un conto riuscire poi ad esprimerla concretamente. Come in tutte le attività imprenditoriali, bisognerà investire e gestire questa piccola rivoluzione con estremo professionismo per poter arrivare alle cifre prefigurate. Ci aspettiamo quindi di vedere dei fatti concreti e – visto che si parla di Sinergia – anche una risposta corale da parte di una Comunità finora poco sensibile a questi argomenti. E infatti, se vogliamo concederci una nota di ottimismo, si partirebbe da una situazione così minimale rispetto alla Cultura che i margini di miglioramento non potrebbero che essere significativi.
Chiedo scusa per il ritardo, ma anche io leggo, approvo e sottoscrivo quanto affermato negli ultimi post di Fiorani e Miccichè.
XMiccichè. Letto, approvato e sottoscritto.
Sembrava essersi aperto (casualmente?) qualche spiraglio ma è stato prontamente richiuso.
Ma i giochi dei soliti gruppetti tribali mascherati da partiti continuano a imporre la loror logica.
La strada del cambiamento non può che passare dalla trasparenza e dalla partecipazione, anche in questo ambito.
Le tipologie che interessano il “Turismo Culturale” sono assai variegate: Musei, reperti Archeologici, Palazzi, Chiese ma anche Concerti, Spettacoli, Festival tematici, antiche Tradizioni locali e ovviamente il settore propedeutico della Formazione di base. Ognuna di queste categorie necessiterebbe di un approfondimento settoriale benché poi armonizzato in un’azione unitaria. Io non ero a Chiusi nel 1984 e non saprei dire come mai l’esperienza di Fabbriciani fallì; i motivi possono essere molteplici. In ogni caso in tempi recentissimi non siamo nemmeno riusciti a portare a termine la convenzione tra il Conservatorio di Siena (ISSM Franci) e l’Istituzione Mascagni, che prevedeva lo status del Franci quale “Compagnia residente” a Chiusi, con tanto di Saggi di fine anno replicati in differita al Mascagni. Una bella occasione persa. Perché? Io mi “sono fatto persuaso” che il “Sistema Chiusi” (per benevolenza chiamiamolo così) non si possa permettere l’intrusione di agenti esterni potenzialmente destabilizzanti, anche se in cambio portassero situazioni vantaggiose. Finché il Popolo elettore non se ne accorge, si faccia meno rumore possibile tenendo tutto sotto controllo con personaggi di livello intellettuale e politico modesti ma fedeli e quindi utili alla causa “tribale”. Eh si caro Fiorani, qui manca la Politica e soprattutto la Politica partecipata…e manca da troppi lustri.
L’esperienza Fabbriciani, ricordata da Luciano Gherardi, depurata di limiti ed errori è una strada da riprendere seriamente in considerazione.
Quanto al diversificare le iniziative, come sostiene Enzo Sorbera, è sicuramente indispensabile ma occorre che ci sia un filo rosso che dia un senso compiuto, che faccia chiaramente capire che c’è un’dea che le spinge e non come ora che oltre l’improvvisazione e l’estemporaneità pare non si riesca ad andare.
E infine, una amara considerazione: c’è più politica del turismo in questo articolo e nei commenti che seguono che nei documenti sfornati dai partiti negli ultimi dieci anni.
Dove si annida l’antipolitica?
Si, ricordo ancora la stagione chiusina. Le parole di Gherardi confermano quello che è un sentire diffuso: se si vuol fare “richiamo” occorre diversificare le iniziative che devono puntare sui due aspetti della qualità (con, almeno inizialmente, pochi affezionati) e della formazione. Un pubblico consapevole è il miglior veicolo pubblicitario. C’è da aggiungere che le iniziative devono essere “vendute” con grancassa e tamburi: spesso ci si illude che la sola qualità riesca a fare richiamo. E’ così solo se riusciamo a fare rumore su quanto facciamo e di cose occorre farne tante: molto seme sparso produce raccolto – ma solo dopo un (bel) po’ di tempo -.
Vivo a Chiusi da più di quaranta anni e non ho ancora capito perchè non si riesca a fare di Chiusi un centro di attrazione culturale. Faccio un esempio che in qualche modo mi compete: nel 1984 iniziò a Chiusi una stagione musicale (grazie ad uno dei più grandi flautisti ancora in grande attività, Fabbriciani) che avrebbe fatto invidia ad una città. Ricordo un pianista come Cardini che suonava musiche di Giulio Ricordi, famoso come editore, ma non come musicista, lo stesso Fabbriciani, un organista straordinario (recentissimamente scomparso) Gustav Leonhard. Difficile il pienone in duomo, e per i concerti fuori, mentre davanti al bar si urlava come pazzi. Qualche anno di iniziative stentate, poi nulla per mancanza di pubblico anche per concerti di altissimo valore. Evidentemente non sappiamo vendere nemmeno il meglio. Visto l’andamento del blog, mi scuso per non aver utilizzato parole straniere.
E’ vero quanto dice Farnetani, ma la nostra situazione è piuttosto buona. Prendendo solo un esempio, abbiamo un’orchestra scolastica che, se riuscirà a sopravvivere allo scelus ministeriale, è un cantiere di formazione quasi permanente e con risultati eccellenti. Questo porta all’afflusso di “materiale umano” giovane e formato nella banda cittadina, con i risultati che abbiamo modo di constatare ad ogni “uscita“ che la banda fa. E’ chiaro che i nostri ragionamenti sono giocati sulla necessità di tener conto dell’esistente (ad es., con che cosa paghiamo l’eventuale manutenzione dei beni archeologici?) e di farlo diventare fruibile. Il magnifico lavoro che ha fatto Micciché ad Orvieto è stato apprezzato da fruitori di varia statura fisica e culturale (i bambini e gli adulti). E’ un’operazione replicabile? Quando parlo di “cecità” del visitatore intendo la sua mancanza di informazione ma anche e soprattutto la mancanza della “griglia” cui allude appunto Micciché. Certo, poi c’è sempre il pericolo del mero “intrattenimento”. Ma non di solo pane….
Sono d’accordo che “coltivare” la persona e con essa la Collettività, sia la “mission” principale della Cultura. Non sono d’accordo invece che se noi cerchiamo di migliorarne la fruizione (così come avviene in molti paesi europei più bravi di noi in questo) allora scadiamo necessariamente nell’intrattenimento. Tanto è vero che il livello culturale è sceso dove è sceso – e in progressione verticale da decenni – senza che vi fosse la minima responsabilità da parte dei fautori della “messa a reddito”, che sono usciti allo scoperto solo da pochi anni. Anzi, scoprendo che con “la cultura si può anche mangiare” forse si imparerà a considerarla come qualcosa di vivo e di prezioso e non una scusa per veicolare – come spesso accade – narcisismi, autoreferenzialità e populismo.
C’è un punto centrale: bisogna affermare il principio che le politiche culturali pubbliche si fanno in primo luogo per “fare cultura”, cioè per accrescere il livello di consapevolezza dei propri cittadini attraverso l’innalzamento del loro livello culturale. Poi se attraverso la cultura si fa anche crescere l’economia, ben venga, anzi è bene adoperarsi affinché ció accada, ma non la mission della politica culturale. Altrimenti si rischia di fare intrattenimento non cultura: dignitoso, ma un’altra cosa
Visto che il Turismo culturale è uno dei grandi “orizzonti” nel futuro di questo paese, sarebbe interessante poterne parlare in un “brainstorming” che coinvolga più soggetti; anzi, convocare un’Assemblea pubblica potrebbe essere un primo atto concreto rispetto alla “sinergia” auspicata dalla neonata Fondazione. In subordine potrebbero farlo altri, come contributo e stimolo ad avviare questo importante processo di “messa a reddito” della Cultura (brutta espressione ma si fa per capirsi). Due piccole note.
xSorbera. Concordo che vada creato una “percorso” – anche spettacolare se necessario – in modo da motivare il visitatore/pubblico; una griglia di orientamento che colleghi per esempio le testimonianze etrusche in una visione unitaria, porterebbe senz’altro ad un aumento significativo sia di visitatori che della loro consapevolezza.
xLorenzoni. Le potenzialità ci sono ma sono sfruttate male; alcuni tesori sono talmente importanti che anche gestiti in modo così minimale non possono che registrare un interesse da parte dei visitatori… ma certo i numeri potrebbero essere ben altri. Per il resto, come dici bene, sul fronte “Spettacolo” c’è una serie di manifestazioni “fotocopia” che non sono caratterizzate e quindi rimangono poco attraenti per un pubblico non locale. Chiusi ha un’autostrada, una stazione ferroviaria e una ricettività alberghiera enorme (includendo Chianciano ovviamente) e può quindi aspirare a ben altro genere di flussi turistici e di conseguente indotto. Forse non serve nemmeno una buona idea ma, almeno per cominciare, solo….un’idea.
Si tratta solo di un annuncio bis.
Non è certo una novità l’enfatizzazione della cultura come volano dell’economia, l’avevano detto anche con la nomina di Rossella Rosati, Mercanti e Margheriti.
Nessun cambio di strategia solo un cambio di persone. Da quel che s’è capito i dimissionari non erano disposti ad accettare le intromissioni del sindaco.
Come farà la cultura a diventare il volano della nostra economia ancora nessuno l’ha detto.
Intanto sono partiti con la raccolta della pubblicità (500, 800, 1.000 euro) come si fa per qualsiasi depliant delle sagre di paese.
L’adesione al “gruppo aziende partecipanti” della fondazione orizzonti d’arte comporta l’esposizione del logo dell’azienda e uno sconto sui biglietti d’ingresso.
Dopo due partenze se questo è il coinvolgimento delle aziende non vedo quali sinergie si potranno mettere in piedi se non la solita sponsorizzazione delle aziende che, magari, hanno difficoltà a dire di no. Come avviene in ogni comune.
Detto e ridetto che non si è ancora capito perché la prima presidente della Fondazione Orizzonti si è dimessa (qualcosa in proposito ha scritto primapagina, ma solo “qualcosa”) resta il problema del che fare. E come farlo. Chiusi non parte dal nulla o da una situazione del tutto “minimale”. Parte da due stagioni teatrali, una invernale e una estiva consolidate da anni; da 30 mila visitatori all’anno al Museo, da un museo della cattedrale e un museo civico che qualche numero interessante lo registarno; da una certa vitalità artistica (compagnie teatrali, gruppi musicali, scuole di musica , giovani pittori…).
Il problema è che nonostante una certa dotazione di partenza (patrimonio artistico, architettonico, archeologico…) e la vitalità sopra citata, Chiusi non attrae… o attrae poco rispetto alle proprie potenzialità. Non eccelle. Non fa tendenza. I festval e le varie iniziative, sia pure di qualità, non sono tra quelle che la gente ricorda e che ci prende le ferie per seguirle… (come Trasimeno Blues o il Canriere di Montepulciano, o il Teatro Povero d Monticchiello…).
Sono iniziative uguali a tante altre. Senza un’anima precisa. E mi pare che si continui su questa strada. L’Ars Rock festival di luglio cos’ha di diverso e più appetibile di quelli di Ponticelli, Fabro, Ficulle, San Quirico, San Venanzo, Acquaviva, Bettolle, Chianciano? Niente. Ed arriva per ultimo…
E’ su questo, secondo me che bisogna cominciare a ragionare.
Molto ragionevole. Giusto anche sottolineare che ancora stiamo aspettando un ragionamento sui contenuti. Quali sono le differenze di strategia con il cambio della guardia al vertice di Orizzonti?
Senza stare ad analizzare mediante formule, che cmq andrebbero sempre tenute presenti; – ad es. il ROA (Return on Assets, che calcola la redditività relativa al capitale investito o all’attività svolta con particolare riferimento della gestione patrimoniale) o il ROI o il ROCE, e, quando utilizzate, dovrebbero comunque esserlo con gli opportuni correttivi (come nel caso del ROI che finisce per diventare distorsivo) -, è vero che, almeno secondo alcuni esperti (Hinna, tra gli altri), il ritorno è grosso modo “tennistico”, tra 1 e 6, ma giustamente, come fa notare Micciché, è il contesto di investimento che conta e fa da propulsore. Di fronte a un quadro giuridico nazionale che considera i beni culturali come indisponibili all’uso (come se l’uso portasse necessariamente degrado), abbiamo un organismo come l’IUCN che afferma recisamente che le componenti ambientali più importanti – tra cui il paesaggio -, si conservano meglio se sono inserite in processi di utilizzo da parte di comunità consapevoli. Più complesso ancora il discorso sui beni artistici, che hanno necessità di un pubblico di fruitori consapevoli. Spesso il visitatore è ignaro dell’importanza dei beni esposti (penso a un museo o ad una pinacoteca), salvo che non sia un Raffaello (nel qual caso scattano meccanismi di riverenza “a prescindere”) e si limita a “vagare” incapace di costruire un proprio percorso e una propria gerarchizzazione del materiale che ha davanti (e che spesso letteralmente “non vede”). Da qui, la necessità di misurarsi/interrogarsi sul ruolo che alla cultura si vuole attribuire e sugli obiettivi che le si vogliono far conseguire: nel momento in cui si valuta, non si può prescindere dall’idea di partenza che ci anima.