L’articolo di Giorgio Cioncoloni, capogruppo de la Primavera di Chiusi in Consiglio comunale sollecita un breve approfondimento. Quello che in quell’articolo traspare è la preoccupazione di un’ancora troppo diffusa convinzione che i piani urbanistici determinano sviluppo piuttosto che contenerlo ordinatamente.
La risposta migliore, secondo me, è quella di analizzare gli effetti dopo qualche anno di scelte urbanistiche discutibili.
All’inizio dell’avventura del blog a Chiusi (l’allora poro blog), circa due anni fa, scrissi un articolo sul progetto del cosiddetto alveare di Po’ Bandino. L’offesa al paesaggio era evidente. Pubblicammo allora l’intervento (inascoltato) del 2008 in Consiglio comunale di Città della Pieve di un consigliere di opposizione in cui si mettevano in risalto tutti i limiti di quel progetto, paesaggistici e funzionali.
Anche due anni fa qualcuno diceva: sarà anche discutibile, ma quelle svariate decine di appartamenti rappresentano lo sviluppo.
Oggi che quelle case sono finite ci si deve domandare se quell’insediamento funziona bene o male? La risposta è: né bene né male, perché quegli appartamenti rimangono largamente invenduti e largamente disabitati. Dove sta allora il vantaggio per la comunità? Dovrebbero dare una risposta tutti coloro che ci hanno propinato la favola che l’erba del vicino umbro era molto più verde della nostra. Non è una crisi tempooranea perché altrimenti anche se al ribasso quegli appartamenti sarebbero stati tutti venduti e noi la valutazione di come funzionano avremmo potuto farla.
Le domande su quel progetto potrebbero essere tante, prima fra tutte capire la remunerazione dell’investimento, ma lasciamo stare.
C’è chi ancora sostiene, anche se sempre meno apertamente, che ci si debba dotare di uno scrigno (previsioni abbondanti) nell’assai improbabile eventualità che piovano diamanti (attività edilizia).
Se pioveranno diamanti ci sarà tempo e modo di dotarsi velocemente di un contenitore. Per ora, per favore, cerchiamo di capire come innescare seriamente meccanismi di crescita. Per l’edilizia è già stato più volte detto che ci si dovrà orientare sul recupero, la manutenzione e il miglioramento tecnologico. Per il resto siamo ancora agli inizi. Ma delle proposte immaginifiche che ci vengono presertate ci sarà modo di riparlarne.
Sono d’accordo col Sig. Farnetani ma anche a Chiusi non scherziamo. Basta guardare a Poggio Gallina, al Porto ed in altre parti. A chi voglia fare un po’ di reminiscenza storica il mio archivio può fornire documentazione fotografica della collina di Chiusi dalla metà degli anni 50 in poi vista da tutti i lati, poi ci si può discutere sopra. Gli incentivi allo sviluppo sono anche minor fiscalità delle aree, collegamenti, disponibilità a relazionare e soprattutto i costi di edificabilità, che sono -a quanto mi risulta- molto diversi fra Chiusi e Città della Pieve, diversamente molte aziende sarebbero rimaste a Chiusi non credete
Tutto vero quanto dice Farnetani riguardo all’Umbria -e come non condividerlo- ma se l’Umbria e soprattutto la zona industriale perugina non debba essere presa a misura, anche Chiusi in passato sebbene in misura molto più ridimensionata, non ha scherzato.
Un elemento poi che è comune a tutti e due i territori e che si tende sempre a non considerare: andatevi a leggere il libro di Ascheri ”Le Mani sulla Città” e quello di Claudio Lattanzi ”La Mafia in Umbria, cronaca di un assedio” poi può darsi che molti modi di intendere lo sviluppo per coloro che lo concepiscono solo col mattone possano cambiare…a meno che anche per loro valga la cascata di diamanti che dice lo Scattoni.
Occorre una parola di verità sull’urbanistica umbra: in quella regione, negli ultimi decenni, è stato perpetrato un vero e proprio “ecocidio”! Una delle regioni ambientalmente più ricche d’italia è stata sventrata dal cemento in nome soprattutto dello sviluppo industriale e residenziale delle “periferie”. Basta guardare vicino a noi: a città della pieve lottizzazioni in mezzo alla campagna, e una zona commerciale abominevole e alluvionata. O castiglione del lago, con case dall’architettura a casaccio, intervallate da fabbriche colorate come le case dei puffi. E le colline intorno perugia. Da svenire? Teniamo alta l’attenzione su toscana e siena, ma non prendiamo a modello lo sviluppo dinamico e rapido dell’umbria per favore!