Sono ormai passati più di dieci anni da quando il Consiglio d’Europa ha emanato una raccomandazione secondo cui tutte le attività pubbliche debbono operare, al fine di garantire azioni efficaci, un controllo pubblico del loro operato.
Quello che si deve perseguire è il cosiddetto “governo aperto”, basato sui cosiddetti “open data”; dati sempre disponibili per chi li voglia consultare per controllare e contribuire ai processi della decisione pubblica. Oggi questo obiettivo può essere perseguito proprio grazie al web.
Dalla raccomandazione del Consiglio d’Europa ad oggi, molti governi locali si sono impegnati per questo obiettivo. Altri invece, si attardano nel principio di comodo, secondo cui chi possiede l’informazione detiene un potere, che è bene non condividere. Quindi mentre in teoria si dovrebbe lavorare per mettere in pratica un sistema di “open data” nella pratica quasi sempre si fa di tutto per evitarlo.
Due però sono le controindicazioni per questo atteggiamento.
Il primo riguarda le basi del diritto. Chi non ha studiato alla Kristal di Tirana o si è colpevolmente distratto durante le lezioni di diritto pubblico, dovrebbe sapere che la trasparenza è l’essenza stessa della democrazia. In un altro post ho citato un articolo del catechismo repubblicano che fu messo a punto nel 1796 (sic) e perfezionato nell’ambito della breve esperienza della repubblica napoletana:
“Tutte le operazioni dei Governanti devono essere note al Popolo Sovrano, eccetto qualche misura particolare di sicurezza pubblica, che se gli deve far conoscere, quando il pericolo è cessato”.
Non sono bastati 200 anni e il progresso tecnologico a rendere operativa questa semplice regola e si preferisce negare uno dei cardini della democrazia.
La seconda controindicazione riguarda l’efficacia stessa delle azioni di governo. Il controllo e la proposta possono avvenire solo se ai cittadini vengono offerti i dati di cui hanno bisogno e al cui accesso hanno diritto. Purtroppo, anche se leggi avanzate come la 241 del 1990 quell’informazione garantiscono, si trovano sempre azzeccagarbugli e/o opportunisti pronti ad attaccare l’asino dove vuole il padrone e quelle norme vengono erose da una giurisprudenza alquanto incerta. Si fa così affidamento sull’incertezza per negare un diritto, magari senza neppure fare la fatica di motivare adeguatamente il diniego.
Veniamo allora al caso di Orizzonti d’Arte. A chi oggi rimprovera mancanza di proposta si deve ricordare che le proposte non possono venire se non c’è conoscenza. Come proporre se non si sa quali sono le risorse, le linee di programma etc…?
Non si vogliono rendere pubbliche le motivazioni delle dimissioni dell’intero organo di gestione!!
Purtroppo non è il solo settore in cui domina questo tipo di atteggiamento. L’urbanistica è un altro caso eclatante e ne abbiamo già ampiamente parlato.
Ma anche casi singoli. Chi, per esempio, ha capito quando verrà consegnato lo (inutile) stadio di Pania? E potremmo continuare a lungo.
Quale può essere la medicina? Solo la paziente insistenza nel richiedere la trasparenza e la pubblica denuncia quando questo diritto non viene garantito.
Sono d’accordo sulla costituzione di un Fondo da usare alla bisogna.
Se nulla cambia, già con il Piano strutturale vedo la necessità di un ricorso al Tar.
Sono d’accordo in toto con quanto dice Paolo nel suo post, tranne che nella risposta finale che riguarda la medicina.In una tale situazione ormai sclerotizzata da anni si richiede con pazienza la trasparenza ? Per chi non ha dentro la propria cultura elementi primari di soddisfacimento della democrazia (vedi il negare di dare risposte -cosa questa primaria di ogni elemento democratico) e che rimane al proprio posto perchè sà che l’opinione pubblica non esiste più, è stata parcellizzata, stravolta, eliminata e che ne conseguono solo discorsi, si può permettere di rimanere al suo posto per quanto vuole.
L’origine della colpa però è spesso in questi casi degli elettori, che si fanno passare sopra la testa certe cose senza reagire, senza organizzarsi. Nascono associazioni parallele per fronde interne, gente che non si espone mai, o dice il proprio pensiero ma rientra nel suo guscio poco dopo aver aperto bocca.
Ma un partito degno di questa parola avrebbe a questo punto convocato le assemblee e avrebbe provveduto, come qualche volta accadeva. Dico qualche volta e non sempre….ma almeno accadeva. O no ?
Anamnesi e diagnosi efficaci. Veniamo però alla cura. Esistono degli obblighi di Legge; se essi vengono disattesi, non si può semplicemente denunciarli “politicamente”. Se si lascia la macchina in divieto di sosta si viene giustamente multati; allo stesso modo se alcuni documenti e informazioni non coperti da restrizioni di accesso vengono tenuti nascosti, dovranno essere il cittadino e le forze politiche a “multare” l’Ente che disattende la legge. Mentre la denuncia politica o giornalistica necessita di una forte opinione pubblica a supporto, quella agli organi competenti permette almeno di innescare un meccanismo basato sul Diritto. L’unico inconveniente, oltre ad una dose media di coraggio civile, sono gli eventuali costi. Basta però che un gruppo, anche ristretto, di cittadini sia su questo solidale e anche questo ostacolo sarebbe superabile. Credo che una pioggia di denunce non permetterebbe a nessuno di fare lo gnorri.
La questione della trasparenza amministrativa è ancora, purtroppo, vista dalla maggior parte della gente come una questione marginale.
Già questo la dice lunga sul grado della democrazia da queste parti.
E’ chiaro che le opposizioni dovranno continuare a chiedere, magari con maggiore puntigliosità, dati e informazioni che devono essere di dominio pubblico.
Quello che però va sottolineato per l’ennesima volta è che nessuno, nei banchi della maggioranza e nei partiti (si fa per dire) che la sorreggono, avverta questo problema.
Qui vige ancora “al contadino non far sapere…” altro che trasparenza. Di giovane, questi amministratori, hanno solo la carta d’identità perchè quanto a modi e metodi di governo sono più vecchi del cucco.