Oggi e domani fiera alla stazione con annesso mercatale poi, da qui a fine estate a non ci sarà un attimo di respiro. Avremo a Chiusi un incessante susseguirsi di feste e iniziative varie che finiranno per trasformare la nostra città in un paese dei balocchi.
Intendiamoci subito: meglio una perenne “sagra della zucca” che il lungo e lugubre inverno chiusino.
E l’aspetto positivo da sottolineare, prima di tutto, è l’impegno e l’abnegazione degli organizzatori, segno di vitalità e di iniziativa.
Non tutte le iniziative, ovviamente, convincono allo stesso modo ma quello che lascia più perplessi è la densità del calendario senza che ci sia un elemento unificante che non sia appunto il far festa.
Alcune manifestazioni sono ormai entrate a far parte a pieno titolo della nostra realtà, altre cominciano ad affacciarsi solo adesso e altre ancora hanno inevitabilmente il segno dell’estemporaneità .
Non è forse il caso, in questo densissimo calendario, di mettere un po’ d’ordine? E’ chiaro che non si può agire d’imperio; ma se il comune e la Banca valdichiana, che sono i due referenti imprescindibili per la quasi totalità degli eventi, cominciassero a puntare con decisione (anche economica, pur nei limiti imposti dall’attuale situazione) a far crescere le manifestazioni più significative o a inventarne qualcuna di livello, forse si arriverebbe ad avere anche a Chiusi quei due o tre appuntamenti annuali che possono caratterizzare una città.
Non bisogna andare tanto lontano, basta dare uno sguardo ai comuni vicini che per tempo hanno intrapreso questa strada.
Replicare ciò che avviene nei dintorni, senza un particolare segno distintivo, rischia di farci continuare a passare le estati in una lunga “festa de noantri”. Senza cioè riuscire a portare a Chiusi, non dico cittadini da luoghi lontani, ma neanche dai paesi confinanti. Che è un po’ quello che è successo fino ad oggi.
Non è pensabile accrescere l’appeal di Chiusi solo con un calendario di feste più denso ma, anche in questo campo, bisogna puntare decisamente su pochi appuntamenti di qualità e ben riconoscibili.
Finita l’estate andrà fatto un bilancio serio e si spera che, “colà dove si puote”, buon senso e raginevolezza prendano il posto dell’attuale indirizzo che si limta ad assicurare “cchiù feste pe’ tutti!”.
Sempre che, attrarre turisti e curiosi, per rilanciare l’asfittica economia locale rientri nei nostri obiettivi.
Come su tutti gli argomenti anche su quello della cultura (legata o meno alturismo, e di che tipo) si sconta, da queste parti, un silenzio di decenni che è stato riempito dal liscio, dalle “magnate” (raramente apprezzabili, anche quelle) o da sporadiche iniziative presuntuose.
Anche in questo abbozzo di discussione appare evidente che ognuno sottolinea un aspetto, generalmente non trascurabile e condivisibile, ma ammesso che si riesca a sviscerare (come si diceva una volta) ciò che c’è da evidenziare, a chi è poi demandiamo la sintesi e le scelte? Alla classe dirigente che ci ritroviamo?
E torniamo sempre lì.
L’unico aspetto positivo che sta emergendo mi pare la consapevolezza, sempre più diffusa, che così non si può più andare avanti.
Un cambiamento reale non penso possa avvenire in tempi rapidi, a meno che la crisi non travolga tutto, ma almeno comincia ad essere in agenda.
X Carlo Sacco. Del post di Fiorani mi è sembrato di cogliere un aspetto: la produzione culturale che caratterizza un paese. Io, poi, non la metterei in relazione al “turismo” casomai con i “fruitori” di cultura. Montepulciano si è caratterizzato con un “cantiere” ed è significativo per quello che riesce a coinvolgere tra popolazione residente e non. Città della Pieve si è molto animata ma se osservi bene l’apice lo ha raggiunto in concomitanza della fiction “Carabinieri”. Insomma ci sono dei paesi che hanno una “popolazione” attiva su molti fronti, ma vista dal dentro permane una insoddisfazione perché l’esigenza è quella di essere “protagonisti della qualità” che contraddistingue, che chiude il cerchio di un “territorio” ricco di “eccellenze”…A me sembra che fin’ora abbiamo esaltato un pò troppo quelle gastronomiche… e invidiamo le produzioni eccellenti del “vicino”… Ma se andiamo a conoscerle da vicino e ci accorgeremo che anche li c’è una certa “insoddisfazione” e il problema è essenzialmente uno: in realtà manca la COESIONE
Si Mercanti, su questo siamo d’accordo ma per me non è “cultura” nemmeno lo stantio accademismo che da diversi lustri si respira nei campi che lei cita. In questo senso il pubblico fatica ad esserci perché si tratta spesso di minestre riscaldate da troppo tempo, che vengono dai più percepite solo come un “dovere”. Io stesso, benché sia il mio mestiere, vado pochissimo a teatro e seguo poco anche concerti e opere. Quindi da un lato una cultura nazional-popolare di bassa lega, dall’altro un accademismo polveroso. Non c’è da stare allegri. Ci sarebbe invece da ricominciare da capo perseguendo la cultura di massa di qualità, che “coltiva” la persona per migliorarla ma che utilizza anche il nostro patrimonio come grande occasione per una rinascita economica. Il discorso però si farebbe lungo e per lo più inascoltato. Comunque quello che scrive Luciano Fiorani è dettato dal buon senso e sarebbe realisticamente praticabile. Non si parla necessariamente di eventi su argomenti ostici, basta che siano di qualità e che il “marketing” verso l’esterno sia fatto con il giusto professionismo. Ma alla classe dirigente locale interessa coltivare l’orticello per quello che è e finchè dura; perciò credo che non se ne farà di nulla.
Vero in parte Mercanti e quando parli delle feste dell’Unità ti do senz’altro ragione (trent’anni di sottocultura basata su salsicce,melone;basta rileggersi i programmi), ma se si prende uno a caso dei paesi circonvicini sul piano della cultura e della vivacità intellettuale presente e nelle iniziative,Città della Pieve per esempio ha avuto uno sviluppo diverso da Chiusi pur avendo nel suo patrimonio storico abbastanza di meno, non di serie B, ma marcatamente di meno come livello,tranne il Perugino.Abbiamo tutti l’età di ricordarci cosa era 30 anni fa Città della Pieve: un paese di 20 vecchietti avvinazzati che facevano il giro delle bettole e delle mescite.In inverno era meglio non parlarne.Attraverso contraddizioni di ogni genere ma oggi c’è anche Castiglione del Lago, anche se lì la crisi batte duro.Montepulciano poi è un altro mondo.Pienza ha cambiato aspetto e riceve abbastanza turismo.Allora come la mettiamo ? Cos’è che non funziona ?
Io sommessamente direi che è l’Italia tutta che si è evoluta,Chiusi un po’ di meno,ma le ragioni ci sono.
Caro Fiorani non sò quale dei “paesi confinanti” hai in mente. Ti posso assicurare che sei fai un Premio Poesia gli intervenuti sono numerosi ma gli indigeni zero. Se organizzi “Confronto Italiano” di numerosi solo “specialisti del settore”. Se presenti dei libri, molti amici e parenti dell’autore, Se organizzi un concerto di musica classica, il caratteristico luogo può cambiare, ma ti seguono solo quelli “colti”. Anche il genere teatrale fa le repliche con il pieno dei parenti e amici…ma deve essere frivolo tra l’avan spettacolo e l’insignificante altrimenti neanche quelli sono garantiti. Insomma è dagli anni ’70 che ci abbiamo provato con il “cinema” e con il “cabaret”. Sono stati dei successi ma vuoi metterli con il “liscio” delle ex Feste dell’Unità e con le sagre di ogni genere purché mangerecce? Se nella “coltura” hai sbagliato semina non puoi che fare i conti con i “colti” per non essere “còlti” (non sò se ho sbagliato l’accento)
Panem et circenses…se la nostra civiltà sta colando a picco ci sarà pur un motivo…cultura di terza mano uscita dalla centrifuga berlusconiana e ripitturata alla buona per arredare ambienti post-post-comunisti….anzi “comunisti” lasciamolo proprio stare…..post-post e basta.