Una conferenza stampa molto preoccupata quella indetta dai vertici del Patto territoriale. Gli ultimi sviluppi hanno infatti cambiato le carte in tavola, come ha speiegato il presidente Marco Ciarini, trasformando il Patto da erogatore e promotore in controparte.
In sostanza Il Patto, su decisione del Ministero per lo sviluppo, è stato incaricato di verificare lo stato dei progetti finanziati e la congruità con quanto previsto all’atto dell’erogazione dei finanziamenti e di chiedere la restituzione dei soldi erogati a quelle imprese non in regola. La situazione si presenta assai problematica; molte imprese non avrebbero rispettato le condizioni sottoscritte, pertanto il rischio che venga chiesta la restituzione dei finanziamenti erogati si è fatto assai concreto. Per Floramiata è già stata chiesta la revoca.
I progetti indiziati sarebbero ben 140, principalmente nel settore agricolo (aziende e agriturismi). Al di la della congruità dei progetti appare critica la situazione occupazionale (uno dei punti fondamentali per rientrare nei parametri). Le imprese che hanno attinto ai fondi avrebebro dovuto aumentare il loro livello occupazionale ma già dai dati generali, che indicano una flessione pesante e generalizzata, appare chiaro che una nuova mazzata rischia di abbattersi su un settore produttivo già in serie difficoltà.
Si stanno studiando scappatoie per salvare il salvabile ma la situazione non è semplice. Occorrerebbe un intervento legisltivo del parlamento ma dopo mesi ancora non si intravede la soluzione.
I tempi non sono indefiniti perchè si parla di chiudere la vicenda al termine del prossimo anno, le aziende hanno quindi pochi mesi per mettersi in regola e l’incontro di ieri dei vertici del Patto con le associazioni di categoria ha avuto lo scopo di mettere tutti in guardia e pianificare i sopralluoghi.
I soldi che sono stati mossi con il meccanismo del Patto sono stati tanti. Tra quelli erogati a fondo perduto (58 milioni) e quelli di credito agevolato (253 milioni) si tratta di cifre importanti per le tre province interessate (Siena, Perugia e Terni).
Andare oggi a chiedere indietro i soldi alle aziende avrebbe il sapore di un accanimento ma senza una soluzione “politica” non si vede altra strada. Discorso diverso se si affronta la questione sotto il profilo della giustizia: sembra ovvio che chi non è stato ai patti restituisca i fondi.
Comunque se ne uscirà nè la politica nè l’imprenditoria locale ci fanno una bella figura.
Ma i guai non finiscono qui. Il Patto, dopo due anni di bilancio in rosso, il 20 luglio rischia di chiudere i battenti portando i libri in tribunale. E poi? In questa malaugurata ipotesi la patata bollente passerebeb ai 93 soci fondatori (le tre Province, comuni, associazioni…) che sarebbero chiamati a intervenire in solido.
Nella conferenza stampa non si è parlato della situazione dei comuni che non hanno ancora “chiuso” i progetti finanziati perchè sembra che quel fronte sia meno urgente ma anche lì c’è chi rischia grosso. Tra i comuni non ancora in regola c’è anche il nostro nostro che deve terminare il centro merci, anche se il sindaco in Consiglio si è detto sicuro di concludere i lavori entro l’estate.
Insomma quella che si era presentata come una ghiotta occasione di sviluppo per le nostre zone rischia di tarsformarsi in un micidiale boomerang.
Una considerazione proprio da uomo della strada:ma i soldi pubblici che la classe politica territoriale ha cercato di far andare verso tali aziende in base a quali previsioni di sviluppo ha agito ? Le aziende avranno presentato un loro piano ed avranno in parte ricevuto finaziamenti.Adesso se non hanno completato i loro programmi di intervento(quindi non si sono sviluppate secondo i piani ) ed hanno consumato soldi pubblici-in parte a fondo perduto credo-non arrivando a realizzare tutto quanto era programmato e se si trovano in una situazione dalla quale non possono restituire-lo immagino io-il denaro avuto,di chi è la colpa?
Del caso? Delle banche che hanno fatto da tramite(forse di queste ultimi due no senz’altro).Restano solo due:Classe politica ed aziende,e sarebbero loro che dovrebbero restituire i soldi allo Stato,come succede nella maggior parte degli stati ad economia liberale.Anche perchè se vi fosse stato sviluppo ai lavoratori sarebbe andato lo stipendio fisso,agli imprenditori l’aumento del patrimonio e la sua remunerazione,mentre così ci hanno messo le mano in tasca a tutti e festa finita.E’ la classe politica territoriale che dovrebbe essere allontanata dal luogo dove si decidono tali scelte,dal momento che quando si giuoca con i soldi di tutti non si può transigere.