Quella che segue è la descrizione integrale che Emanuele Repetti riporta nel suo “Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana”, dato alle stampe nel 1833, a proposito della Comunità di Chiusi. Un’esposizione minuziosa che vale la pena di leggere.
Infatti non pochi storici moderni si sono serviti della sua opera per proporne altre successive, ovviamente aggiornate nei numeri e nell’ambito giuridico amministrativo, ma non nella spiegazione scientifica che egli fa del territorio e che ancor oggi rimane più attuale che mai.
“Comunità di Chiusi (1) – Il territorio di questa Comunità abbraccia una superficie di 17.000 quadrati (2) dai quali sono da detrarre 431 per strade e corsi di acque, mentre 1.395 quadrati a un circa sono occupati dal lago chiusino e dalle sue gronde. Cosicchè attualmente questa Comunità possiede intorno a 15.200 quadrati di superficie terrestre con una popolazione di 3.418 abitanti, a ragione cioè di 163 individui per miglio quadrato di suolo terraqueo, e di 175 abitanti per ogni miglio quadrato di terreno asciutto. Confina con quattro Comunità del Granducato, e con due dello Stato Pontificio. La sua figura iconografica si accosta a quella di un triangolo equilatero, di cui l’angolo rivolto a ostro (3) tocca dal lato sinistro lungo la Chiana, la Comunità di Città della Pieve nello Stato Pontificio, e dal lato destro per il Piano delle Cardete la Comunità Granducale di Cetona, con la quale piegando a libeccio (4) cammina di conserva sino alla base meridionale del poggio Montollo, sotto al così detto Castellare. Costà, presso alla confluenza del fosso Oriato nel torrente Astrone, trova la Comunità di Sarteano, e con essa, proseguendo nella direzione dell’Astrone, giunge sino al trivio della strada provinciale fra Chianciano, Sarteano e Chiusi, dove piegando da Libeccio a maestrale (5) subentra a confine con la Comunità di Chianciano. Con quest’ultima pel fosso Monaco, e quindi per quello detto Morato, entra nella via comunitativa che da Chianciano passa per Francavilla sino al torrente Parcia o Parce. Mediante il quale fiancheggia dal lato di settentrione con la Comunità di Montepulciano e con essa scende verso il Passo alla Querce nell’alveo della Chiana che attraversa al Poggio alla Tomba. Sulla riva opposta della Chiana lungo la gronda del lago di Chiusi, girando da maestrale a levante (6), costeggia con la Comunità Pontificia di Castiglione del Lago sino all’argine di separazione verso il Pian della Biffa, dove è a confine mediante la Chiana col territorio comunitativo di Città della Pieve dello stato Pontificio, finché quella di Chiusi rasentando la ripa occidentale della Chiana, ritorna a confine con la Comunità di Cetona al Piano delle Cardete.
Tre grandi strade regie guidano a Chiusi: 1° la Regia longitudinale della Chiana tracciata presso a poco sull’andamento della via Cassia, che costà fu appellata via Selice (7). La medesima strada prosegue per Roma passando per Città della Pieve; 2° la strada provinciale Senese che da Chiusi guida a Chianciano e oltrepassa nella valle dell’Orcia appressandosi a Montepulciano; 3° la strada provinciale che da Chiusi per Cetona si dirige a San Casciano dei Bagni, e di là si inoltra sino all’osteria della Novella (8) dove si unisce alla grande strada Romana o antica Francesca (9). Rintracciare nella pianura di Chiusi l’antico selciato della via Cassia che, a partire dai confini di Chiusi sino a Firenze, restaurò l’imperatore Adriano, sarebbe inutile impresa, dopo che sono stati seppelliti a molte braccia (10) sotto la superficie attuale del territorio i piloni del ponte a piè di Chiusi e il primo giro della vicina torre (11); dopo che è sorta la Regia tenuta di Dolciano là dove non erano che paduline e paglieti (12); dopo che al punto culminante dell’argine attuale di separazione, il livello delle acque delle due Chiane trovasi rialzato di circa venti braccia più di quello che lo era tre secoli indietro. Opera altrettanto se non più difficile riuscirebbe di scuoprire in cotesta contrada la prima crosta naturale del suolo intorno a Chiusi, quanto sarebbe cosa malagevole per chi volesse rimandare dopo un lungo giro di secoli sull’origine e vicende storiche di quella prima città. Contentandoci noi di accennare ciò che presenta lo stato fisico attuale del territorio comunitativo di Chiusi, ci limiteremo ad avvertire:
che tanto le sue colline, quanto le campagne vicine alla Chiana, si trovano coperte da un terreno mobile sparso di varie specie di conchiglie marine, precipuamente del genere ostriche, disposte in banchi racchiuse fra strati di tufo cretoso, misti e talvolta alternanti con letti di ghiaie formati da calcarea appenninica, ghiaie trascinate a varie riprese da più remota contrada. Io già dissi altrove che non si potrebbe concepire in qual modo interrimenti sì profondi come quelli che, tanto a destra quanto a sinistra del Canal Maestro della Chiana, cuoprono le colline sino al livello di Chiusi, e l’altopiano fra Castiglione del Lago, Gioiella e Pozzuolo, potevano depositarsi a cotanta altezza, senza ammettere la preesistenza di altrettante dighe naturali, che, facendo pescaia (13) alle acque fluenti della valle, obbligassero a depositare a diverse riprese terra, rena, corpi organici, ghiaia e ciottoli di varia mole sulla rialzata pianura proporzionatamente alla violenza delle alluvioni. La quale pianura, dopo abbassate e corrose le dighe naturali fra Chiusi e i colli della Tresa, fu nuovamente corrosa e parzialmente scavata dai torrenti e canali che diedero origine e alimento alla Chiana, allorché questo fiume per l’emissario di Carnaiola (14) dirigevasi nella Valle della Paglia per entrare nel Tevere. Quindi a proporzione che si rimonta verso la prisca età, il lago di Chiusi trovare si doveva più profondo, più vasto, e tale da formare tutto un corpo con quello contiguo di Montepulciano. Infatti ai tempi di Strabone (15) il pescoso lago chiusino, ricco pur anche di uccelli acquatici, era navigabile in guisa che le sue barche entrando nel Tevere recavano a Roma gran copia di Tife, di Loti e Scirpi (16) palustri. Alluvioni più moderne ne riempirono, siccome vanno tuttora rialzando il bacino intorno ai due Chiari di Chiusi e Montepulciano, in guisa che i loro lembi si viddero convertiti in palustri e malsani marazzi. Quantunque grandi siano gl’intervalli fra i fisici fenomeni testé accennati, pure da ciò che avvenne in cotesta contrada dalla metà del secolo XVI sino al 1833, si può conchiudere, che il lago di Chiusi, antico patrimonio di quella Comunità, era largamente circondato da una variabile gronda palustre, coperta di paglieti e bozze (17): nomi che conservano tuttora le campagne bonificate intorno al lago chiusino. Tale era la palustre tenuta del Paglieto, dalla quale a forza di colmate si creò la Regia tenuta di Dolciano, luogo già sterile e malsano, che la Comunità di Chiusi, nel 1573, cedé al Gran Duca Cosimo I per l’annuo canone di 50 scudi.
Tale è quel lembo palustre a ostro del lago designato col nome di Bozze, attualmente quasi tutto colmato dalle alluvioni del torrente Tresa, e che per lunga stagione riuscì agli abitanti di Chiusi fatale, e causa maggiore della malaria che nella estiva stagione costà si respirava. Grazie però ai provvedimenti idraulici e ai lavori continui delle colmate, oggi non resta del padule delle Bozze che una ristrettissima superficie da rialzare dal fondo di quelle malnate lagune; ne l’epoca è lontana, in cui Chiusi potrà dirsi dall’avello a nuova vita risorta.
E con tale augurio la popolazione è già aumentata in proporzione alla salubrità dell’aria; giacché, a partire dall’epoca avventurosa in cui l’Augusta dinastia regnante salì sul trono della Toscana, gli abitanti della Comunità di Chiusi progressivamente si accrebbero. Imperocché questa nel 1737 non contava che 1.223 abitanti aumentati a 1.521 nell’anno 1745; a 1.632 abitanti nell’anno 1764; a 2.661 nel 1815, accresciuti sino a 3.418 nell’anno 1833. La statistica agraria cammina di pari passo coll’aumentata popolazione. Alle selve sparse quasi per ogni dove si sostituirono vigne, uliveti e altri alberi da frutto, fra i quali sono assai copiosi quelli dei gelsi (18); ai palustri canneti della bassa pianura subentrarono pascoli artificiali, campi seminativi a grano, a canape, a mais, ecc. Non vi sono industrie manifatturiere, né commercio parziale, eccetto quello dei cenci e delle pelli agnelline che s’introducono in gran copia per la via di Chiusi dallo Stato Pontificio. Si tengono di recente epoca due mercati mensuali, che riescono di gran concorso nel primo e terzo martedì di ciascun mese. Vi si praticano pure due buone fiere, una delle quali antichissima cade nel secondo giorno di Pentecoste, e l’altra nel 28 di ottobre (19). La comunità mantiene un medico, e un chirurgo. Risiedono nella città il Vescovo delle diocesi di Chiusi e Pienza e un Vicario Regio dipendente per gli atti di polizia dal Governatore di Siena. Esso ha la giurisdizione civile sopra la sola Comunità di Chiusi, ma per la criminale, oltre la Comunità di Chiusi, abbraccia quelle di Cetona, di Chianciano e di Sarteano. In quest’ultima Terra trovansi la Cancelleria Comunitativa (20) e l’uffizio di esazione del Registro. L’ingegnere Circondario, e la conservazione delle Ipoteche è in Montepulciano; la Ruota (21) è in Siena ”.
1) Con questa definizione, nel periodo del Granducato, venivano identificati i comuni.
2) Un quadrato è equivalente a 10 tavole. Una tavola è uguale a 340,619 mq., per cui 17.000 quadrati corrispondono a 57.905.230 mq., ossia circa 58 Kmq. Il miglio toscano misurava m. 1.660.
3) Sud.
4) Sud ovest.
5) Nord ovest.
6) Est.
7) Selce. Con riferimento alla pietra con cui era lastricata la strada.
8) L’odierna località di Ponte a Rigo.
9) La strada era detta anche Francigena o Romea.
10) Un braccio fiorentino corrispondeva a 0,583 m.
11) La torre “Beccati questo” sul passo delle chiane in territorio chiusino.
12) Luoghi paludosi o rive lacustri dove crescono erbe palustri.
13) Bacino naturale o artificiale.
14) Carnaiola, frazione di Fabro.
15) Storico e geografo greco. Circa 60 a.C. – 20 – 25 d.C.
16) Erbe palustri e giunchi che si prestano all’intreccio per farne borse e contenitori di vario genere.
17) Vasti terreni acquitrinosi.
18) Pianta le cui foglie venivano usate come mangime nell’allevamento dei bachi da seta.
19) La seconda è detta fiera di San Simone. Menzionate tutte e due anche negli Statuti chiusini del 1538.
20) I titolari delle cancellerie comunitative avevano compiti di attuari e archivisti delle comunità oltre a importanti mansioni in ambito finanziario connesse alla gestione degli atti catastali e all’esazione tributaria.
21) La Ruota degli esposti. Dove venivano registrati i figli illegittimi o rifiutati.
*Foto 3 (Tresa e torre) di Stefano Marcantonini
Questo farmacista, appassionato naturalista, ci ha lasciato un’opera importante che ha molto contribuito alla costruzione della “identità” toscana. Il Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana dovrebbe stare in tutte le biblioteche scolastiche della nostra regione ed essere fatto oggetto di studio. Mi permetto soltanto una piccola precisazione. L’opera non uscì tutta nel 1833, infatti fu pubblicata a fascicoli nel periodo 1833- 1846.
Interessantissima descrizione e l’emozione di tale lettura è proprio quella di poter paragonare tali territori a quelli che si conoscono anche superficialmente al giorno d’oggi.Ci dà una immagine di quello che è stato il passato,una condizione della quale oggi non possiamo più fruire ma che riguardava i nostri antenati che hanno vissuto attraverso il sormontarsi di generazioni tali condizione,tali visioni.La riflessione che quasi mai viene alla mente leggendo tutto questo è quella che i momenti che viviamo non tengano mai conto di ciò che è stato.E’ anche una condizione umana tutto questo ma segna comunque un nostro limite della nostra conoscenza e quindi del nostro essere.Bravo Fulvio,trovo che ci sia anche una notevole dose di ”Romanticismo” nella scelta di ciò che scegli di descriverci !