Buon compleanno, verrebbe da dire, e io lo voglio augurare con tutto quell’affetto che di solito viene riservato alle persone e non alle cose materiali.
Lo faccio volentieri, e con tutto il rispetto che userei per un personaggio degno di venerazione, perché la strada ferrata che 150 anni fa giunse nel nostro comune, segnò il rifiorire -quella del periodo etrusco era ormai spenta da secoli- dell’economia di tutta la zona.
Infatti la possibilità di venir fuori da quell’isolamento di cui Chiusi ormai soffriva da secoli, la nostra cittadina l’ottenne soltanto allorquando sulla pianura sottostante arrivò la ferrovia. Fortunatamente il sovrano di Toscana, Leopoldo II, riuscì fin da subito a comprendere quali effetti avrebbe potuto generare la costruzione e l’utilizzo di questo “nuovo” sistema di trasporto, per quanto riguardava il settore economico del Granducato. Poco prima del 1840, il monarca incaricò un gruppo di studio, formato soprattutto da ingegneri, di valutare la fattibilità della cosa ed eventualmente redigere un progetto.
Tutto ciò si svolse molto velocemente e nel giro di pochi anni anche la Toscana vide realizzati i suoi primi chilometri di strada ferrata. Nel marzo del ’44 era già percorribile la Pisa-Livorno e di lì a poco la Firenze-Empoli. Ma la maggiore aspirazione del governo fiorentino, era quella di collegare le proprie ferrovie con quelle dello stato Pontificio. Due anni dopo infatti, un ulteriore studio commissionato sempre dal Granduca, verificava la possibilità della realizzazione di un tratto che da Firenze, proseguendo per Arezzo e tagliando per la Val di Chiana, arrivasse fino al lago Trasimeno per congiungersi con le strade ferrate pontificie.
L’attenzione, tuttavia, fu rivolta anche ad una seconda ipotesi, denominata “Centrale Senese”, che da Siena, attraversando la Val di Chiana longitudinalmente, si sarebbe raccordata con la prima, per arrivare infine al limite dello stato Pontificio verso Chiusi. Leopoldo II, purtroppo, nel 1852 scelse il tratto aretino per avere questo congiungimento.
Ci furono da allora grandi mobilitazioni da parte delle popolazioni, quella chiusina compresa, interessate al passaggio della ferrovia senese e tutto ciò fece in modo che nell’aprile del ’54, il Granduca si convincesse e acconsentisse alla sua costruzione. Fatto curioso, a dimostrazione dell’ignoranza in cui versavano i contadini di allora, è che con l’avanzare dei lavori per la strada ferrata, procedeva di pari passo, per le zone della Val di Chiana in cui le vaporiere operavano già, la diceria che i loro fumi fossero veicolo di propagazione delle malattie delle viti. Naturalmente tutto questo era falso, ma il governo centrale dovette intervenire più volte con lettere indirizzate ai vescovi, pregandoli che ordinassero ai parroci delle proprie diocesi di leggere in chiesa, la domenica durante la messa, un’epistola in cui si smentivano quelle voci calunniose.
Ormai era certo che tutte e due le linee sarebbero state costruite, ma i dubbi sul fatto che la ferrovia arrivasse fino a Chiusi non si erano dissolti. La notizia certa i chiusini l’ebbero il 30 gennaio 1860, quando Bettino Ricasoli, capo del governo provvisorio toscano, firmò il decreto che modificava il tracciato originario della “Centrale Senese”.
In un documento dell’amministratore della Società della Strada Ferrata Centrale Toscana, il senese Policarpo Bandini, si legge quanto segue:
“Negli studi primordiali della Sezione Torrita-Chiusi erano state indicate due stazioni intermedie, una nelle vicinanze della Fattoria dell’Abbadia, l’altra in quella del Villaggio di Acquaviva. La società per la Strada Ferrata Centrale Toscana rimane autorizzata a costruire ed attivare nel suo interesse, ed a sue spese, rischio e pericolo, una strada di ferro, che dai pressi di Bettolle e Torrita si diriga fino a Chiusi. La linea si muoverà dalla stazione fra Bettolle e Torrita con dirigersi a Chiusi per le tenute dell’Abbadia e dell’Acquaviva. Una stazione di seconda classe sarà aperta in ciascuna di queste tre località”.
L’annuncio dell’inaugurazione dell’ultima stazione ferroviaria della Centrale Senese, fu pubblicato sul Bollettino delle Strade Ferrate e sul giornale Il Monitore Toscano. L’apertura del tratto Torrita-Chiusi avvenne sotto la neonata unità d’Italia, il 24 luglio 1862. Due corse, in partenza da Chiusi alle sei del mattino e da Siena alle diciassette e venti, erano utilizzate anche per il trasporto di merci, percorrendo l’intera tratta in poco meno di tre ore.
Nel dicembre dello stesso anno ci fu il prolungamento fino a Ficulle. Ad Orvieto vi giunse nel dicembre del 1865. Nel marzo 1874 si raccordò ad Orte con l’ex ferrovia pontificia e finalmente la strada ferrata che da Chiusi avrebbe raggiunto Roma poteva dirsi completata.
Dopo questi eventi, che come già detto portarono nuovo vigore all’economia chiusina, e non solo, eccoci ai giorni nostri. Che dire su quel poco che rimane oggi della grande importanza che la nostra stazione ferroviaria ha avuto negli anni passati? Forse è meglio tacere. Non per paura di incorrere nelle ire dei responsabili dell’attuale degrado, ma perché forse non vale nemmeno la pena nominarli. E poi, per dirla con Pasolini, voce coraggiosa durante i sanguinosi anni di piombo: “Io so, ma non ho le prove”.
Comunque …buon compleanno lo stesso … e che questo augurio possa essere di buon auspicio, per gli anni a venire, per tutti noi. Sono convinto, del resto, che l’Amministrazione Comunale sappia di questo anniversario e che vorrà ricordarlo degnamente. Purtroppo, un altro importante anniversario, come ci ha rammentato Marco Lorenzoni nel suo giornale, vale a dire la ricorrenza del 26 giugno 2012, sessantottesimo anno dopo la liberazione di Chiusi dalla tirannia tedesca e fascista, è passato sotto la più totale indifferenza. Peccato.
E’ proprio così Anna. Infatti non sono i concetti di Destra e Sinistra ad essere superati ma il fatto che la Politica de-ideologizzata abbia portato ad una pura gestione del potere con qualche sfumatura di diversità, quelle che Grillo identifica con PDL e PDmenoL. Per me D’Alema non è da un pezzo un uomo di Sinistra – vedi Moretti, Nanni però – e quindi anche se si etichetta in quel modo, i fatti parlano chiaro e mostrano altro. La Politica della Pera (un tempo definita di Sinistra) deve ancora trovare i suoi attori: sono quelli che mancano, non le Idee che anzi stanno tornando di grande attualità.
Non è certo su una politica dei trasporti di sinistra che possono esserci incomprensioni.
Quello che abbiamo sotto gli occhi però è frutto anche di governi di sinistra. Fu D’Alema a dare il via alla societarizzazione delle ferrovie. E del “compagno Moretti” se ne conosce la storia dalla Cgil in poi.
Insomma chiedere politiche di sinistra va bene. Ma a chi? Alle pere?
A parte le giuste sottolineature circa la specifica importanza della Stazione per Chiusi, basta osservare l’Italia durante un atterraggio aereo per capire quale sia la policentricità del suo territorio. Non è solo la politica di Moretti a dover essere messa in discussione ma la non-Politica rispetto all’idea stessa di Trasporto Pubblico e Democratico. Sarà pure che i riferimenti di Destra e Sinistra non esistono più ma continuare a vedere la concorrenza, sullo sfondo del maggior profitto, come unica linea guida, significa andare da una parte mentre perseguire un Trasporto pubblico capillare e popolare – di sana gestione ma senza obblighi di profitto – significa prendere un’altra strada. L’importante, forse – per non spaventare certuni – è di non chiamarla politica di Sinistra. Per differenziarmi da Donatelli propongo di chiamarla……Pera.
Luciano, la mostra farebbe incazzare chi l’ha conosciuta nel tempo adddietro,soprattutto per tutto quello che vi ruotava intorno.Uomini, auto, che adesso sarebbero veramente d’epoca, personaggi, gente in arrivo,”conduttori” e chiappini, l’umanità più varia che arrivava a Chiusi.Una volta assistetti ad una lite di un cliente col giornalaio al quale un viaggiatore in arrivo e diretto a Chianciano chiese se fosse arrivato ”il Gazzettino di Bisceglie”. Il giornalaio gli rispose che era finito, aveva solo ”il Corriere dei Citrulli”.Ma tutto questo era ordinaria amministrazione….
La stazione è diventato quasi un corpo estraneo anche per lo scalo figuriamoci per Chiusi. Non è più da tempo il luogo che brulicava di gente a tutte le ore, sono stai drasticamente ridotti i servizi e il numero di addetti.
Però, anche per quello che ha rappresentato per il paese, uno straccio di mostra con alcune foto d’epoca o almeno uno striscione appesso a quell’accrocco di pensilona si farebbe ancora in tempo a metterceli per ricordare l’anniversario.
Prevedere una discussione sull’argomento mi pare, di questi tempi, francamente illusorio.
La nostra stazione sta vivendo una fase critica. La strategia dell’amministratore delegato Moretti (e di chi gli sta dietro) ci vede fuori gioco. Mi chiedo se una città ferroviaria come la nostra non debba utilizzare la data per capire cosa si possa fare. Ma non mi pare che questa amministrazione l’abbia capito e lo voglia capire.
Quale indifferenza Fulvio ? Interpellati su questo fatto qualcuno ha detto che era in vacanza e gli era passato di mente e che poi la liberazione l’hanno celebrata il 25 Aprile….
Quando si sentono queste cose viene spontaneo interrogarsi :”ma che si vuole di più ?” Questa è la sinistra oggi. Proprio proprio ”sinistra” come aggettivo….ed il bello è che diversa gente dentro il PD gode quando sente certe cose…e pensa che era ora di scaricare il vecchiume…