I ristoranti di Chiusi e i piatti tipici

Il 31 luglio chiusiblog ha pubblicato un post di Carlo Giulietti che lamentava la non adeguata valorizzazione a Chiusi dei piatti tipici locali. Simome Agostinelli, titolare del ristorante “Il pesce d’oro”, ci ha mandato un commento che ho pensato di trasformare in articolo. Simone mi ha poi promesso che intende intervenire sul tema in maniera più articolata e meno personalizzata. Pubblicheremo volentieri. L’argomento non è di poco conto e penso che il dibattito debba essere adeguatamente affrontato anche se con qualche inevitabile “scintilla”. (PS)

 

di Simone Agostinelli

Già fa molto caldo, il clima quindi appesantisce la mente, poi devo leggere articoli come questo e la frittata è fatta!!!! Caro Carlo, ti conosco, con te ho condiviso anche qualche “battagliuccia” e quindi rimango senza parole difronte a tanta banalità e superficialità.

Non voglio entrare nel merito delle sagre, perchè dalla rabbia potrei anche spaccare il portatile (es. durante la” tipicissima” sagra del prosciutto e melone, hanno cucinato per una settimana brustico, tegamaccio e pasta con le uova di pesce, chissà poi quale, visto che in questa stagione non ci sono uova?), sul resto, se permetti, prima di dire cose a casaccio vai nei ristoranti di Chiusi, come hai fatto nella tua vacanza in Langa (che conosco molto bene e ti posso assicurare che in quanto a fregature, non scherzano) e poi giudica.

Mi sento molto chiamato in causa, perché so bene cosa significa scegliere i piatti da proporre e tutta la preparazione e lo studio che c’è dietro questa scelta. E’ un momento difficile per tutti , ma non è certo con questo atteggiamento che ne usciremo.

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9 risposte a I ristoranti di Chiusi e i piatti tipici

  1. andrea baglioni scrive:

    x Carlo grazie ma io sono Andrea e non Filippo….. Se Simone se l’è presa mi dispiace…. ma io credo e lo ribadisco che le sagre (almeno in alcune zone) sono nate proprio per promuovere un paese, un territorio che contiene tradizioni e sapori simili….. poi ci sono altre feste che servono a far cassetta…. e magari andando fuori contesto…..proponendo cose allucinanti…. Certo ci vuole una maggior conoscenza e appoggio la volontà di creare dibattito intorno a questo basilare argomento…..

  2. pscattoni scrive:

    Non è per mettere per forza d’accordo, ma questo dibattito ha probabilmente raggiunto alcuni punti di consenso.
    Prima di tutto l’importanza dell’oggetto di discussione: i piatti tipici possono rappresentare una componente importante dello sviluppo turistico. Forse c’è una valutazione diversa su quanto e come ci si curi della cosa. Simone (Agostinelli) ci dice che l’impegno è molto e su questo ci ha promesso un articolo specifico.
    Ritengo comunque che già si potrebbe cominciare con una ricognizione generale. Vi ricordo che nel settore “gastronomia” del sito della nostra ProLoco appaiono: brustico, tegamaccio, pici, cantucci e vinsanto. Forse è un po’ poco e quindi si potrebbe procedere. Potremmo utilizzare questo blog per una ricognizione da dilettanti (ma anche i ristoratori se non si offendono possono partecipare). Comincio io: il bico che non so se i nostri ristoiranti offrano ancora.

  3. Carlo Giulietti scrive:

    Simone, puoi scegliere due strade, leggere o interpretare quello che ho scritto, cercando di risalire a quello che, avrei voluto dire, senza però averlo detto???… Fai tu.
    Io ti confermo che il mio era solo un discorsoin genere, se avessi voluto parlare in particolare dei ristoranti di Chiusi, prima avrei dovuto documentarmi meglio, su tutti; poi ne avrei parlato con chi ne sa più di me, magari anche con te, poi se avessi continuato, non avrei avuto problemi a dirlo chiaramente.
    Se tu o altri hanno associato le cose, ripeto, per me vuol dire o che c’è stato un fraintendimento o che ci avete trovato un nesso che potrebbe benissimo esserci, almeno in parte.
    Poi troveremo il modo di proseguire il discorso o dopo un piatto di brustco o se proprio vuoi litigare con me su questo, dopo un caffè, mooolto forte.
    Il discorso “dell’erba del vicino” invece è un po’ lungo da affrontare e le motivazioni sono molto varie, difficile in due parole, però la più evidente è la ricerca di evasione dal posto in cui si vive e lavora e dove si conosce un po’ tutti. Non so se, come esempio, ti è mai capitato di andare alla fiera alla Stazione e di non riuscire a camminare perché trovi continuamente Tizio e Caio che o fermano te o chi è con te. Fa piacere, ma non sempre.

  4. x Carlo: che il tuo articolo è contestualizzato alla realtà chiusina è chiaro e palese, non fosse altro che per i riferimenti alle tue proposte programmatiche preelettorali, da dibattere nei famosi forum mai partiti. Inoltre, essendo questo Chiusiblog e non Chiancianoblog o Sarteanoblog, mi sembra logico che il riferimento è Chiusi, quindi il mio commento è motivato e non frutto di superficialità. Io sono d’accordo con quanti ritengono che la tipicità sia un valore aggiunto, da vendere; mi preoccupa solo il fatto che la buona volontà dei ristoratori, a volte, non venga riconosciuta dai clienti più prossimi, che sono proprio i chiusini. A Chiusi ci sono già i circuiti gastronomici( vetrina Toscana, Girogustando, sapori del Cetona e molti altri), ma quando si fanno le serate, anche se ben pubblicizzate, è più facile vedere un forestiero, che un chiusino( tranne il sempre presente Fiorani). Ma si sa:”l’erba del vicino è sempre più buona”.

  5. enzo sorbera scrive:

    Il problema della visibilità è reale: un amico tedesco non ha comprato una bottiglia di Nobile perché temeva che lo fregassero (conosceva il vino Montepulciano d’Abruzzo, ma non Montepulciano). Alle mie spiegazioni la sera a cena (ed opportuno assaggio 🙂 ) si è ricreduto. Ma quanti hanno la possibilità di amici che possono guidare rispetto ai dubbi? A proposito di “accostamenti”: a causa di un paio di ospiti vegani, abbiamo sperimentato pici al pesto (pesto rigorosamente di “produzione propria”): ottimi! Quando la base è forte, gli accostamenti sono tutti leciti e gustosi.

  6. marco lorenzoni scrive:

    La cucina è cultura, fa parte della cultura di un popolo, di un luogo, la tradizione pure… Ci sono ristoranti e sagre che propongono – e bene – piatti della tradizione, in qualche caso con qualche ritocco che non guasta. E ristoranti e sagre che invece presentano proposte improbabili. Ma è anche vero che molti locali ignorano e non hanno in menù piatti tipici del luogo che forse, per un ragionamento semplice sulla promozione, dovrebbero invece avere. Così come non tutti i ristoranti hanno vini del posto che pure esistono e sono pure quotati… Idem per olio e altri prodotti. Cominciare a ragionarne potrebbe essere un primo passo per cominciare a “fare sistema” come si dice adesso…

  7. pscattoni scrive:

    Il problema della visibilità dei nostri piatti tipici esiste. Non so se ho cercato bene, ma di gastronomia si fa cenno soltanto nel sito della pro-locoe si fa cenno soltanto a tre.
    Forse tutti i cultori dovrebbero organizzarsi per valorizzare il lavoro di studio di cui ci parla Simone Agostinelli.

  8. Carlo Giulietti scrive:

    Anche riguardo alle sagre, cui si fa solo un breve accenno in un paio di commenti, mentre ci vorrebbe un articolo a parte, forse hai letto in fretta e quindi in maniera superficiale, perchè, come vale per i ristoranti è anche per quelle, quindi non si può “fare di tutta l’erba un fascio” e leggendo bene avresti trovato che “…son nate come funghi….e nel bene e nel male..” “…di attrarre e magari far ritornare l’ospite in momenti più tranquilli…” (Filippo); “…Concordo pienamente con lo scopo che, ce l’abbiano o meno in origine, si dovrebbe dare alle varie sagre, sfruttandone il richiamo che hanno…” (io). Mi parrebbe chiaro, comunque il significato è che ci son sagre e sagre e comunque si potrebbe fare in modo di indirizzarle in maniera che abbiano una ricaduta sull’economia del paese in cui si organizzano, quando è possibile.
    Sul lago trasimeno lo scorso anno ho trovato una di queste dedicata interamente al pesce del trasimeno e ci ho mangiato delle pietanze ottime. Chiaro che se dovessi andare in un ristorante di quel paese vorrei ritrovarcele, così mi pare, dovrebbe essere.
    (questo è il seguito, ho un altro commento già inviato, che al momento non compare)

  9. Carlo Giulietti scrive:

    Caro Simone, hai fatto bene a puntualizzare, ma se tu avessi letto con attenzione l’articolo, avresti notato che dove parlo di cucina non compare né il nome “ Chiusi” né “Chiusini”, poi se qualcuno ce lo associa avrà pure motivo. Ovviamente non era mia intenzione fare una recensione dei ristoranti del nostro centro, per la qual cosa non avrei le competenze, il mio era solo un discorso generale e criticavo la forzata “raffinatezza” che sta dilagando in molti locali, anche quelli meno indicati e non potrai negarlo anche della zona. Spesso si cerca anche per piatti poveri e della tradizione popolare-contadina e indipendentemente dalla bontà, a mio modestissimo parere, gli fa perdere la tipicità che dovrebbe contraddistinguerli. Per non parlare dell’esempio del commento, che chiaramente non è di Chiusi. Poi come ho scritto “tutti i gusti sono rispettabilissimi” e ogni ristoratore ha più di me il polso del mercato, ma, sempre secondo me, i pici sono i pici (li uso per esemplificare) e se devono rappresentare il piatto della tradizione popolare, devono essere chiamati, serviti e conditi come da tradizione! Ciò non toglie, per spiegarmi ancora meglio, che si possano preparare anche pici con i gamberetti (tra l’altro li ho mangiati e non sono male), o con il ketchup, ma non sono più piatto tipico. Le Langhe purtroppo le ho saltate.

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