Può darsi che alle persone non più “giovanissime”, come me, la lettura del breve glossario che segue consentirà di tornare indietro nel tempo, agli anni della nostra infanzia, quando giocavamo a pallini o a cucco e si usavano parole come straccamerigge per fannullone, pottone per spavaldo, billo lungo per indicare una persona dalle gambe lunghe e trippone per un uomo dalla grossa pancia.
Il linguaggio di allora era immediato, spontaneo, ricco di caratteristiche distintive e peculiari. Era l’elemento che più di ogni altro contraddistingueva una comunità e la teneva unita. Di quel linguaggio nel glossario troviamo molti termini che oggi sono conosciuti solo da poche persone. Vocaboli che si riferivano ai vari mestieri, come quello del calzolaio o dello stagnino, e che soprattutto erano in uso tra i contadini e attinenti al lavoro della terra, pieni di espressività, a testimoniare – come scriveva Pasolini nel testo critico “Dialetto e poesia popolare” – che “il contadino che parla il suo dialetto è padrone di tutta la sua realtà”.
In un mondo globalizzato, nel quale le tipicità linguistiche tendono a sparire, il recupero del dialetto come espressione dell’identità, non costituisce soltanto un’operazione di tipo storico o antropologico, ma è anche un momento che consente di valorizzare il presente per affrontare meglio le sfide di un mondo che viaggia a ritmi frenetici e che spinge all’omologazione. Spero tanto che alle giovani generazioni venga la voglia di riscoprire la lingua che parlavano i loro nonni o bisnonni. Una lingua piena di forza comunicativa e rappresentativa, ultima superstite di ciò che ancora è rimasto puro e incontaminato.
A
abbruccia – abbuiccia: il far della sera, l’imbrunire.
acquato: seconda spremitura dell’uva con aggiunta di acqua calda. Era il vino dei poveri.
allazzito: spossato, privato di ogni forza fisica.
allucchito: stordito, intontito.
appaiccio: Luogo dove raramente batte il sole.
appitto: è riferito ai soldi, il contrario di spicciolo.
appoventa – appuenta: luogo riparato dal vento.
arciòmo: persona ridotta male. Storpiatura di ”Ecce Homo”.
avellà’: Puzzare, emanare cattivo odore.
aspito: vipera
B
bagianotto: un ortaggio che non è ancora maturo.
baluchìo: il muoversi di luci fievoli in lontananza.
balzolo: muretto. Piano rialzato
barbazzale: bargiglio.
bargelle: orecchie o anche occhiali.
barulloni: caduta rovinosa fatta ruzzolando.
baturlo: tuono.
beccio: becco, montone, caprone.
borbuchìo: brontolìo sommesso.
brandano: persona sciatta e trascurata nell’aspetto.
bruggina: brina, indica anche freddo intenso.
C
cacaccio: diarrea.
cacalloro: maggiolino (cetonia aurata)
cacchione: penne non ancora sviluppate. scherzosamente anche i primi peli di un adolescente.
capoficco – capoficconi: a tessta in giù.
caparello: capezzolo
capolla: malleolo.
chimpetto: vino leggero di sapore poco gradevole.
chiribì: equivalente del basco (cappello)
chiucchiurlaia. parole di scherno e derisione verso qualcuno. Sinonimo di visciaia.
Croccino: bastone.
D
dentona: morte. Il riferimento è alla dentatura del teschio.
diavolini – ghiaulini: dolori alle dita dovuti al freddo.
diluvio: attrezzo a forma di ombrello intriso di pania per catturare uccelli di piccola taglia.
dringolà’: tentennare, oscillare.
durlindana: attrezzo per la pesca al traino (tirlindana)
E
erbulaio: erba cresciuta a dismisura in un campo incolto.
erpico: erpice, ma anche persona rozza.
erto: si dice di qualunque cosa che abbia spessore alto.
F
frascuglia: piccolo cespuglio.
filone: pezzatura del pane da 1 Kg. Filare delle viti.
frazzumaglia: marmaglia, accozzaglia di persone.
fresculotto: ragazzotto, adolescente.
fregno: ragazzo. Da frego, di contaminazione umbra.
frignapotte: bambino piagnucoloso.
frollo: muco nasale.
fumicone: appellativo scherzoso dato al fucile da caccia.
garganella (bere a): direttamente dalla bottiglia.
G
gattoni: orecchioni, parotite.
gattinasorda: persona apparentemente buona ma che alla fine si dimostra il contrario di quello che sembra.
gavuglià’ (lo stomaco): sentire i morsi della fame.
ghego: chi vuol sembrare simpatico a tutti i costi.
ghirba: Tanica. La ghirba è un otre di pelle usato da tribù dell’Africa per trasportare l’acqua: la parola è stata portata in Italia dai soldati italiani della guerra d’Africa del 1895-96 e di quella libica del 1911-13.
gravacciano: persona pesante e grassa lenta nei movimenti.
I
imbostacchito: rimpinzato di cibo e bevande.
impiastro: persona piena di acciacchi e malanni.
ingarzullito: invaghito, infatuato.
inucellito: arrabbiato. Eccitato alla vista di una bella donna.
invecchiornito: invecchiato precocemente.
L
lampo: un tiro di fumo da una sigaretta.
lanicchio: lanugine che si forma dove si spolvera di rado.
leggera: Vagabondo, scansafatiche.
lillona – bubbana: fiacchezza, febbre da influenza.
luchia: scintilla, favilla del fuoco.
lupino: piccolo callo che si forma sulle dita dei piedi.
M
maghicchio: stomaco dei polli, detto anche cipolla.
mandragolone: furbo, scaltro, ma anche trafficone.
manicchiolo: pomello, maniglia.
merigge: luogo ombreggiato, ombra.
merolla – midolla: parte del pane contenuta dalla corteccia.
mollo: bagnato.
mortesecca: zucca a forma di teschio illuminata all’interno.
mota: fango, melma.
muglio: il mugghio dei buoi ed anche urlo sguaiato.
mutina (alla): chetichella, di soppiatto, zitto zitto.
N
nafantà’: non avere cognizione di quello che si faccia o si dica.
nappa – piffera: grosso naso.
naspà’ – nazzicà’: cincischiare, gingillare.
nenne: latte nel linguaggio infantile.
nini – coco: vezzeggiativo rivolto ad un bambino.
norcola: nocca delle dita.
nusulà’: cercare, rovistare.
nusulone: curioso.
O
oco – ocio: oca domestica.
oppio: pianta del pioppo.
orcello: orecchio molto grande.
orèllo: inizio o fine della pezzatura del pane.
orgnone: rognone.
P
paciata: partita finita alla pari.
panizza: pappa, miscuglio. Minestra o pasta scotta.
pampuglia: foglia della quercia.
pellancica: scarto della lavorazione della carne. Scherzosamente pelle cadente.
pettata: salita molto ripida.
pettignone: il monte di Venere della donna.
pezza bòna: briccone, mascalzone in senso scherzoso.
piaccheriglia: poltiglia, fanghiglia.
pignaculoso: piagnucoloso, noioso, lamentoso.
pincello: grosso fiocco di neve.
pullera: ematoma da schiacciamento. Anche puledra.
Q
quarantacorni: erpice (attrezzo agricolo)
R
racano: ramarro.
ragagnino: attaccabrighe. Che è facile alla lite.
rancicore: raucedine, bruciore alla gola.
riaggeggià’: aggiustare alla meglio.
rincalcone – rincriccone: spintone, pedata, contraccolpo.
rindolchì’: da una temperatura fredda si passa ad una più mite.
ringuattarella – ringuattino – cucco: il gioco del nascondino.
rivoltulo – risvoltulo: focaccina fritta di soli acqua e farina.
rustichino: solletico
rusuria: prurito.
S
sanello: testicolo del gallo. Al cappone gli sono stati tolti.
sbisorià’: tipico dei neonati quando emettono i primi suoni.
sbonzulato: con i calzoni scesi. Anche a brancarella.
scalcagnato: povero in canna.
scarnione (ci ha cacato lo): specie di mosca che depone le uova negli insaccati provocandone la decomposizione. Anche in senso di sfortuna.
sciantello: rimanenza, avanzo, rimasuglio.
seccavigne: persona magrissima.
sgagnulo: guaito del cane.
spepetta: bambina tutto pepe.
spicinìo o spiscinìo: liquidi o cose sparsi un po’ dappertutto.
T
tanfino: carburante, petrolio per i vecchi lumi.
taranzone: giovanotto alto e robusto.
tischio: conglomerato pliocenico di sabbia e ciotoli.
traspigge’ (‘un si sente nemmeno): non sentire nessun rumore.
trampellà’: barcollare. Tirare avanti alla meglio.
tretticà’: tentennare, zoppicare.
troglio: balbuziente.
U
ubìa: mania, fissazione.
umà’: detto di liquidi, trapelare umidità da un materiale poroso in forma di piccole gocce.
unguanno (pr. ‘nguanno): Quest’anno, nell’anno in corso.
uria (fare le cose a): a casaccio, senza riflettere.
V
vagillà’: vaneggiare, non starci con la testa.
veglio: erba lacustre infestante.
veltricchio: interiora di animali macellati.
vièto: rancido, stantio.
violo: viottolo.
visciaia: tipica arte chiusina di prendere in giro.
Z
zacchera: sporcizia, sudicio accumulato.
zazzicà’: tentare di usare qualcosa senza competenza.
zinale: grembiule da cucina.
zordulone: persona sudicia, sozzone.
bravo necre un mi ricordavo tante parole ma ora lìimparo grazie laultura e va rispettata:-)))
Sono cose bellissime , non dobbiamo mai dimenticarle !!
X Giampaolo (Tomassoni) Zello non lo avevo mai sentito dire. Vedi che ho ragione di dire che ne ho lasciati tanti per strada. Non ce la faremo mai a completare il glossario. Per indicare una giornata di freddo intenso conoscevo, “oggi c’è un sidio che t’entra nell’ossi”.
Dunque, vediamo se mi riesce di non fa’ casino.
Lo disse la mamma di Cognacchino, quando lavorava per Messié al bar centrale, in una giornata particolarmente fredda. Stupìto per quella frase chiesi spiegazioni, e lei mi disse che voleva dire che era talmente freddo che polvere e neve facevano mulinello nelle insenature delle vie. Zello è lo zozzo, vabbé. Il “labrinto” sarebbe invece il termine per le insenature.
X Enzo (Sorbera). Per la “pannuccia” hai ragione, ma troppi ne ho lasciati. Dopo qualche hanno cominciata la ricerca considerai terminata la raccolta, ma dovetti accorgermi quasi subito che altrettanti ci sarebbero stati da citare. Comunque il glossario che è stato pubblicato, per ragioni di spazio, è solo una piccola parte.
X Giampaolo (Tomassoni) Sinceramente non l’ho mai sentito dire, però, pò esse’ che sia chiusino.
“C’è lo zello nel labrinto” l’ho sentito di’ a Chiusi. Ma sarà chiusino?
Paer Gunnar Larson è un signore svedese con un curriculum lunghissimo e una conoscenza dell’italiano praticamente perfetta. Che siano gli stranieri a “farci scuola” vuol di’ che il lanicchio attecchisce in dov’è appaiccio (di passione e di quattrini, più che di sole – a meno che un siano sòle, che ce n’è fin troppe -). Ma “pannuccia” non l’hai citato: attrezzo da massaie, mi fece sbellicare l’applicazione della “pannuccia” a un cameriere in un locale poco pulito (diciamo così), che si frequentava da studenti: all’apparire del lercio zinale del cameriere, la domanda fu: “‘ndo’ l’hai presa ‘sta pannuccia da svinatore?”. Non riferisco la risposta per rispetto 🙂
Congratulazioni, Fulvio. Gli studiosi veri non hanno la puzza sotto il naso. D’altra parte la llingua italiana è stata costruita con i professori della Crusca che andavano in vacanza soprattutto nel senese e marcavano i nostri contadini segnando via via le loro espressioni lessicali.
Per fortuna gran parte della nostra “vecchia lingua”, è stata messa in salvo. Tempo fa, esattamente nel 2007, ricevetti una telefonata da un certo Prof. Par Larson, allora direttore dell’Istituto Opera del Vocabolario Italiano –CNR-, che ha sede nella villa di Castello a Firenze, la stessa in cui risiede l’Accademia della Crusca, dove mi chiedeva una copia del mio lavoro, “Così Parlava Chiusi”, per poterla inserire nella loro Biblioteca. Qualche anno dopo, con mia grande meraviglia, ho ritrovato molti vocaboli della mia raccolta inseriti, e citati come chiusini, nel “Dizionario etimologico dei dialetti italiani”, opera del prof Manlio Cortellazzo e della prof. Carla Marcato.
Un tempo l’Accademia della Crusca aveva come compito quello di “fissare” terminologie locali. Oggi si parla della chiusura dell’istituzione per motivi economici. Allora lavori come questi divdentano sempre più preziosi.
Che meraviglia, altro che il politicamente corretto!