Forse il titolo appropriato per questo articolo avrebbe dovuto essere “Quando la giustizia si diverte”. Almeno per quanto riguarda uno dei due fatti.
Alcuni giorni fa, navigando sul web, mi sono imbattuto in due notiziole curiose che potrete leggere più avanti e che hanno per protagonisti due nostri concittadini d’altri tempi. Il primo personaggio è un certo Curtio da Chiusi, condannato per diserzione e impiccato, che dovette giocarsi la vita ai dadi, a Siena, il 18 marzo 1646. Il secondo è Clemente Paolozzi, scarcerato su cauzione per potersi curare da una malattia che lo affliggeva, ma una volta stabilito il suo nuovo domicilio alla locanda “dell’Angiolina”, in Siena, dopo pochi giorni morì.
La giustizia di allora era assai severa e si finiva per essere arrestati anche per il solo furto di un mantello o di un lenzuolo. Non curanti del rischio, talvolta i clienti delle locande si appropriavano di biancheria e altri oggetti appartenenti all’oste, al quale non rimaneva che sporgere denuncia alle autorità.
Si legge così che “Adì 12 Agosto 1778, da Antonio Gabbrielli oste a S. Reina fù data querela contro N.N. Incerto, per furto di quattro lenzuola, un ferrajolo [mantello], e poca quantità di stame [lana]” e un anno più tardi, “Adì 28 Settembre 1779, da Angiolo Schiatti oste alle Donzelle fu data querela a Giuseppe Gori e a Venanzio per furto di un lenzuolo” (ASS, Capitano di Giustizia 544, c.s.n.). Certo, oggi, almeno in Italia, è davvero impensabile che si possa finire in galera per aver rubato un mantello o un lenzuolo, che, a pensarci bene, poi, nella necessità potrebbe anche essere cosa perdonabile. Ritengo però, al di là del reato in quanto tale, comunque da perseguire, che il giudice dovrebbe valutare per i delitti minori, in quale circostanza essi siano stati commessi.
Sembra strano, ma non lo è, e noi tutti siamo a conoscenza, che nella quotidianità ci sia gente costretta a rubare nei supermercati per poter mangiare. La televisione, ci ha ormai abituato a notizie di furti di tutti i tipi e spesso sentiamo il conduttore concludere la comunicazione con queste parole: “i malviventi sono stati assicurati alla giustizia”. E quasi sempre noi ascoltatori commentiamo: “bravi, ora metteteli in galera e buttate via la chiave!”. Giustissimo! Assistiamo, tuttavia, il più delle volte indifferenti, quasi come se la cosa non ci riguardasse più di tanto, agli annunci delle molteplici ruberie di soldi pubblici da parte di certi personaggi che, nonostante ciò, ci ostiniamo ancora a chiamare “Onorevoli”… Ma, onorevoli di cosa?
La Vita giocata ai dadi
“Adì 18 Marzo 1646 – Curtio da Chiuci [Chiusi] delle Bande di Sua Altezza Serenissima essendo stato comandato per servitio del’Armata, il medesimo scappò e ritornando al paese fu preso e condotto prigione in quelle segrete in Siena con due altri soldati e tutti e tre furno sententiati alla forcha la sera del 17 i medesimi furno condotti nella Consortaria delle Stinche (1), la mattina nelle 16 hore furno condotti tutti tre al Merchato Vecchio dove erano rizate le forche, e giunti al patibolo per ordine de Ministri giocorno alli dadi per Sorte cosi il meschino fece il punto di sei fu appiccato (2), e li altri andorno in galera; fu sacramentato di Confessione e Comunione e la sera nelle 22 fu portato in questa chiesa alla sepoltura.” Dal libro dei defunti di S.Martino A.A. di Siena- libro 1324
Osterie e locande dei secoli passati
“Lunedì 16 Maggio 1644. Il Sig. Clemente del già Sig. Lorenzo Paolozzi da Chiuci [Chiusi] d’età d’Anni 32 in circa doppo essere stato molti mesi nelle Carceri di questa Città s’ammalò, et havendo data promessa di mille scudi fù scarcerato, acciò potesse curarsi, e doppo di nuovo costituirsi, et conferitosi [stabilitosi] à Camera Locanda in Casa della Signora Maria detta l’Angiolina, sotto questa Cura di S.Donato doppo cinque giorni, havendo ricevuto tutti i Sagramenti della Chiesa, e la raccomandatione dell’Anima passò a miglior vita…, (AAS, 946, c.21r).
1) Consortaria delle Stinche = Carcere di Siena
2) Appiccato = Impiccato. Per i disertori si usava l’impiccagione o la fucilazione, mentre i delinquenti comuni venivano decapitati, come si nota da questi resoconti tratti dallo stesso libro: “Adì 12 di Dicembre 1654. Alessandro Donzetti da Torchanelle [?], et habitante a Magliano, di anni 27 li fù tagliato la testa in Sieme con un suo cugino in Merchato Vecchio per monetario furno messi subito in Cappella di Piaza nelle 23 hore andarno per essi dove furno sotterrati nelli nostri Chiostri nella sepoltura che entra per andare in Chiesa dalla porticciola, gratis” – “Adì 12 di Dicembre 1654. Il Dottore Benardino Dovi da Torchanelle [?], et habitante a Magliano, di Anni 57 li fù tagliato la testa per monetario in Sieme con un suo cugino in merchato Vecchio si andarno per essi alla Cappella di Piaza con forme. Sotterrati nei Chiostri dirimpetto alla Porticciola che entra in Chiesa, gratis”.
Le notizie estratte dagli archivi sono state raccolte da “Il Palio. Org”.