E’ di questi giorni il nuovo scandalo del magna magna del Consiglio regionale del Lazio partito con gli accertamenti sulle spese del capogruppo del Pdl, Franco Fiorito. Lo scandalo riporta l’attenzione sugli elevati costi delle regioni.
La settimana scorsa è uscito il libro La casta invisibile delle regioni di Pierfrancesco de Robertis (edizioni Rubbettino, 10 €). L’autore è un giornalista che per un anno intero ha scartabellato i bilanci delle regioni ed ha scritto questo rapporto in cui dimostra che una spending review è assolutamente necessaria e possibile anche in questo campo.
“Mai nessuno aveva raccontato con una analisi approfondita e attenta la casta delle regioni. Eppure in molti sanno che buona parte degli sprechi di cui tanto si discute si annidano proprio in questi piccoli venti stati che compongono il nostro Paese. Un “giro d’Italia” tra costi, sprechi e privilegi, auto blu, disservizi, società partecipate, enti inutili, viaggi merenda, sedi all’estero, maxi-stipendi e debiti record, pieno di risvolti sconosciuti e dati inediti. Divertenti da un lato e inquietanti da un altro. Al nord, al centro e al sud, nelle regioni “normali” e in quelle speciali. È lì che si annida la vera e voracissima “casta invisibile”, che forse dopo questo libro sarà un po’ meno sconosciuta”.
Anche Il Fatto Quotidiano, martedì 18, ha presentato questo interessante libro in un articolo di Chiara Paolin. Tra l’altro viene riportata la posizione dell’Italia rispetto alla competitività stilata da World Economic Forum: Per l’etica dei politici siamo al 127° posto, per la capacità di arginare favoritismi al 119° e per l’efficienza manageriale al 112°.
Il modello emiliano e quello toscano risultano i meno costosi. Assistendo agli sprechi che ci sono qui e che si vedono ad occhio nudo viene naturale chiedersi: Ma dalle altre parti come fanno a buttarne di più?
Leggendo il libro si comincia a capire.
Se è una battuta va bene. Se èinvece un criterio di valutazione un po’ meno. Se prendiamo la Toscana con una sttantina di leggi approvate all’anno e poi prendiamo il numero di leggi approvate da 927 parlamentari nello stesso periodo, il consiglio regionale toscano emergerebbe come vincente. Evidentemente c’è da riformare sia il parlamento centrale che i consigli regionali, ma questo non è assolutamente in contrasto con il principio sussidiarietà.
Prendiamo il Lazio con 9 leggi prodotte nel 2011 con 52 giorni di lavoro in Consiglio regionale.
I consiglieri regionali sono 74, ogni consigliere ci costa 7.211€ di stipendio base, il governatore 11.753€ a cui va aggiunto un ciosto annuo per vitalizi di 16,4 milioni di euro.
Hai voglia alavorare in commissione!
Personalmente sostengo il principio di sussidiarietà che prevede che le decisioni non debbano essere delegate ai livelli superiori quando possono essere gestite ai livelli inferiori. Se il centro unico d’acquisto per la sanità è più conveniente a livello stratale lo si faccia a quel livello.
Sui giorni di lavoro dei consigli regionali d’aula è ovvio che non è quello che conto, ma l’intero processo (p.e. l’attività di commissione commissione) dell’approvazione dei provvedimenti di legge.
Quella di Patrizi non mi sembra una sciocchezza.
Se guardiamo i giorni di lavoro in consiglio regionale sono pochissimi dappertutto: Calabria 14, Toscana 44, Umbria 30, Lombardia 26; il massimo si registra in Sardegna con 72 giorni di lavoro in aula.
Le leggi prodotte sono pochissime, nel 2011 il Lazio ne ha fatte 9, la Lombardia 26, la Puglia 39, l’Umbria 20.
Se si considera che il grosso dell’attività è la sanità, che potrebbe benissimo essere unificata a livello nazionale (specie per il centro unico d’acquisto) le regioni a che servono?
No, secondo me il livello di governo regionale è essenziale. Il problema vero è quello della trasparenza e dei controlli (leggi Corte dei Conti)
Mi sta venendo un dubbio: ma se invece delle province gli enti da abolire fossero le Regioni ?