Ilaria Borletti Buitoni è il Presidente del FAI (Fondo Ambiente Italiano) istituzione ormai familiare anche al “grande pubblico” grazie alle Giornate FAI, il cui intento è quello di favorire la riappropriazione da parte dei cittadini – spesso si tratta di una vera e propria scoperta – dei tesori del loro territorio, in modo da realizzare la “riaccordatura” della Comunità attraverso il diapason di alcuni luoghi emblematici per storia, arte visiva e paesaggio. Riuscirà l’Italia a trasformare questo ingente giacimento culturale in una risorsa di rinascita spirituale ma anche economica?
Ilaria Borletti scrive un libro intelligente sia per concisione che per capacità di rendere rapido l’ “assorbimento” dei temi trattati da parte del lettore. Non fa l’intellettuale che si autocompiace e va dritta al sodo indicando anche possibili soluzioni.
Il titolo è emblematico: PER UN’ITALIA POSSIBILE (Mondadori, 11€). Vi è espressa una speranza e una potenzialità che il sottotitolo – più severamente provocatorio – va a cogliere compiutamente: “LA CULTURA SALVERA’ IL NOSTRO PAESE?”.
E uno dei nodi chiave della provocazione di Ilaria Borletti è proprio questo: il degrado non è colpa nè del “destino cinico e baro” ma nemmeno totalmente della nostra pur deficitaria classe dirigente; il Futuro dipende soprattutto da noi cittadini e dal grado di amor proprio e di identità vera (al di là dei facili “leghismi”) che vorremo conservare; dipende dalla capacità di amare la nostra Cultura e, allo stesso tempo, di trasformarla in un volano di crescita economica.
Importantissimo è infatti l’accento che Borletti pone, da imprenditrice, sulla redditività del Turismo culturale. L’Italia, detentrice del maggior patrimonio mondiale, “sfrutta” meno di altre nazioni questo tesoro. Per esempio in Francia i visitatori nel 2010 sono stati 80 milioni contro i 45 dell’Italia. Possibile? Sono in molti a non averne ancora piena coscienza e ad ignorare le potenzialità offerte dal connubio cultura-arte-paesaggio. Per questo la seconda parte del libro si arricchisce di alcune proposte specifiche: non solo analisi o denunce quindi ma anche linee guida propositive, tra cui spicca l’ormai consolidata certezza che ogni Euro investito nella Cultura si moltiplica almeno per 2,5 (se si rimane alla stima più prudenziale, quella dello Studio Ambrosetti).
In conclusione – oltre all’invito ad acquistare il libro e a contribuire con esso alle iniziative FAI – proponiamo uno stralcio dalla Prefazione di Ilaria Borletti Buitoni che potremmo chiosare con il titolo: “Mancanza di una Visione”:
“ …le nostre città d’arte si sono riempite di milioni di visitatori creando l’illusione che, nonostante il danno terribile subito dal paesaggio italiano, l’economia del turismo fosse salva e crescesse quasi per forza d’inerzia…in realtà proprio l’espansione incredibile dell’industria del viaggio ha messo in evidenza le nostre debolezze, favorendo luoghi certamente meno ricchi dal punto di vista del patrimonio artistico e storico ma meglio capaci di preservarlo e promuoverlo. Al di là degli itinerari di massa…- fiumi di persone nelle nostre più note città d’arte le soffocano, rendendo impossibile la vita degli abitanti – una buona parte della penisola non ha goduto di questa nuova possibilità di sviluppo, in primo luogo per mancanza di infrastrutture, in secondo luogo perché è venuta a mancare la vocazione alla tutela di molti territori…assaliti con il cemento o abbandonati con la più colpevole incuria. La situazione nella quale si trova il nostro patrimonio storico, monumentale e ambientale è frutto di una paradossale mancanza di visione. Aver trascurato per decenni i segni della nostra identità, quella che per secoli il mondo ci ha ammirato, si è rivelata una scelta sbagliata non solo per le limitazioni che ha imposto allo sviluppo di un turismo adatto al nostro Paese, ma soprattutto perché ha annientato qualsiasi sentimento di orgoglio nazionale del quale oggi…avremmo più che mai bisogno. Sarebbe superficiale attribuire solo alla crisi dell’economia globale…la situazione complessa — oserei dire drammatica — dell’Italia, così come imputare al mondo ritardi e responsabilità che sono invece soltanto nostri, figli sventurati della nostra incapacità di indignarci quando si tratta di problemi collettivi e non personali. Il turismo culturale e naturalistico, attento all’ambiente, potrebbe essere una risorsa formidabile in un Paese come il nostro se l’obbiettivo di sostenerlo facesse parte di una scelta condivisa e fosse prioritario e quindi non solo appoggiato da disordinati interventi sporadici”.
Leggere i libri di Settis è un po’ come leggere quelli di Tremonti. Negli scritti si legge una cosa e poi gli stessi autori, in ruoli di responsabilità e governo, agiscono secondo princìpi contrari a quelli che predicano nei loro libri.
x Nicola Nenci. Chi opera nell’università ha spesso la sensazione di trovarsi di fronte a molti predicatori di bene e razzolatori di male 🙂
Di Salvatore Settis so poco, ma il volume “Paesaggio, Costituzione e cemento” è secondo me un buon contributo.
Salvatore Settis è uno dei maggiori responsabili della creazione dei presupposti che hanno portato allo sfacelo del sistema dei beni culturali. Come tutti i suoi colleghi accademici si è occupato più di gestire il potere, invece che di insegnare l’archeologia agli studenti. Ha inoltre la enorme responsabilità politica di avere lavorato da tecnico sia per i governi di centro sinistra che di centro destra. Quello che predica Settis è meglio lasciarlo nella bocca di Settis.
La nostra responsabilità di cittadini è comunque alta. A Chiusi c’è un simbolo come la Fornace, pregevole architettura industriale e memoria storica di questo luogo….almeno un Comitato per protestare contro il suo degrado sarebbe potuto nascere! Invece solo pochi hanno denunciato questo stato di cose. Così dicasi per il deturpamento a colpi di cemento del territorio…se tutti smettessero di sognare la villettina isolata sulla collina e si impegnassero nel recupero dell’esistente, il nostro paesaggio sarebbe meno compromesso…e questo non dipende dai cattivi politici ma dalla responsabilità di ognuno di noi.
Anche Salvatore Settis va predicando da tempo che senza un’assunzione di responsabilità da parte di ognuno, condita con un sano senso dell’indignazione, non ci salveremo da questo scempio.
Nel nostro piccolo con il nuovo Piano strutturale da oltre un milione di metri cubi di cemento continuiamo a dare un bel contributo al declino del territorio e del paesaggio di questa città.
Di indignazione se ne vede poca in giro. Ma dicono di volere i turisti a Chiusi!