Alcuni interventi sul blog in relazione alle primarie mi hanno sollecitato alcune considerazioni che vorrei proporre alla discussione. premetto che non sono un politologo né un antropologo, quindi alcuni riferimenti sono derivati più da impressioni personali che non da letture specifiche.
Un primo elemento alla base del ragionamento è il seguente: “I modi della politica degli anni ’60 e ’70 sono fortemente mutati, non a causa di volontà perversa di qualcuno, quanto piuttosto di un evidente mutamento dei modelli culturali. I modi della comunicazione ci hanno profondamente trasformati. Faccio il pendolare da più di quarant’anni. Negli anni ’70 la conversazione in treno fra le persone che non si conoscevano era la regola e spesso le discussioni anche animate. Oggi se non siete fra amici a stento salutate i vostri compagni di viaggio. La comunicazione interpersonale è cambiata. Nella politica, che è essenzialmente comunicazione per arrivare alla decisione, non è cosa di poco conto. Questo mutamento è alla base delle svuotamento delle tradizionali sedi della politica.
La seconda constatazione è che non c’è ancora un modello alternativo. In questa transizione molto spesso invece si sono depositati alcune scorie della vecchia politica, che mancando di controllo hanno trovato grande espansione.
Fatta questa premessa credo che le primarie siano state un’iniziativa che ha segnato un passaggio importante: la competizione per la candidatura a leader di governo è stata reale. Non sono d’accordo con chi afferma che il risultato era facilmente prevedibile perché sono gli stessi risultati delle regioni “rosse” a dimostrare il contrario. Dove la macchina dei partiti del centrosinistra era più forte lì si sono avuti i risultati peggiori per Bersani. Anche la polemica sull’accessibilità al voto non mi sembra fondata. Se più di tre milioni di persone hanno saputo come fare e hanno votato tutti, anche i professori universitari, potevano comprendere il meccanismo :-). L’apertura e la contendibilità delle primarie del centrosinistra per ora non trova riscontro in nessun altra iniziativa politica.
Il contestatore Grillo le ha fatte via internet e soltanto fra i vecchi iscritti. Il centrodestra non sembra neppure capace di organizzarle. Le regole pesanti imposte hanno funzionato a limitare il voto “strumentale” che pure c’è stato: “non sono un elettore di centrosinistra ma vado a votare per Renzi perché se vince mette in crisi il PD”.
C’è anche la convinzione che la vittoria di Bersani determinerà la permanenza dei “rottami” mi sembra senza fondamento. I gruppi parlamentari del PD sono già quelli con la minor percentuale di politici di lungo corso. Il regolamento prevede una permanenza massima di 15 anni salvo deroghe. Già si sa che D’Alema e Veltroni non si ripresenteranno. I rimanenti sono una trentina e ne rimarranno probabilmente quattro o cinque su più di trecento parlamentari. Mi pare una polemica strumentale. Certo a me sarebbe piaciuto avesse vinto Laura Puppato, ma purtroppo non è andata così. E’ la legge della maggioranza.
Anche l’obiezione sul possibile riflesso condizionato che nel candidato Bersani l’elettorato meno avvertito vi percepisca un “profumo comunista” mi pare poco credibile. Se così fosse sarebbe davvero preoccupante. Ormai rassicura anche l’Osservatore Romano (non mangia bambini!). Da questo punto di vista ho trovato interessante l’analisi pubblicata sul Sole24Ore.
Il discorso secondo me è molto diverso a livello locale. Qui da noi per stravincere si sono mosse reti amicali e parentali, che non hanno mai fatto riferimento alla politica. Le organizzazioni dei partiti sono state assenti in maniera assai preoccupante. Nessuno ha risposto ai toni enfatici e allarmistici che sono stati lanciati in rete. Questo passaggio della politica chiusina deve essere studiato e valutato attentamente. La domanda su cosa sia veramente il PD a Chiusi rimane per ora senza risposta.