La notizia è stata improvvisa. Quasi da non credere dopo le vicende delle fughe di documenti del maggiordomo del Papa Paolo Gabriele. Nulla invece era filtrato e la notizia viene captata quasi per caso da una giornalista ANSA, che sa un po’ di latino. Telefonate di verifica e conferma.
Di questo Papa dirò prima quello che ho avuto difficoltà a comprendere. Ha fatto coincidere il suo ruolo di “defensor fidei” con quello di “defensor doctrinae fidei”, che ha di gran lunga prevalso. Così spesso la elaborazione teologica ha offuscato il coinvolgimento e confronto con la realtà. Molti missionari si sono trovati di fronte al conflitto interiore per l’alternativa fra quelle elaborazioni e il dramma delle popolazioni. Così tanti di loro, secondo me giustamente, hanno fatto prevalere il secondo aspetto e non mi meraviglia che abbiano incoraggiato l’uso del preservativo delle popolazioni per combattere l’AIDS.
Detto questo, però, ho molto apprezzato la figura di Benedetto XVI soprattutto per le sue doti umane, lui che da giovane era stato uno dei teologi più ascoltati del Concilio Vaticano II. Ho sempre avuto l’idea di una grande mente, un professore universitario “prestato alla curia romana”.
Questa mia convinzione si consolidò dopo la tanto discussa lezione di Ratisbona. L’ho letta con attenzione e vi ho trovato una grande trattazione sul rapporto fra fede e regione per concludere che in nessun modo è accettabile una fede inculcata con la forza.
La reazione del mondo islamico deve averlo messo in crisi perché gli ha fatto capire che le parole di un Papa sono diverse da quelle di un professore. Secondo me lì è iniziata la crisi di questo pontefice. L’incipit di quella lezione ci fa capire quale era la sua vocazione vera sacrificata per obbedienza: un professore prestato alla curia romana. Lo si capisce dall’incipit di quella famosa lezione:
“È per me un momento emozionante trovarmi ancora una volta nell’università e una volta ancora poter tenere una lezione. I miei pensieri, contemporaneamente, ritornano a quegli anni in cui, dopo un bel periodo presso l’Istituto superiore di Freising, iniziai la mia attività di insegnante accademico all’università di Bonn. Era – nel 1959 – ancora il tempo della vecchia università dei professori ordinari. Per le singole cattedre non esistevano né assistenti né dattilografi, ma in compenso c’era un contatto molto diretto con gli studenti e soprattutto anche tra i professori. Ci si incontrava prima e dopo la lezione nelle stanze dei docenti. I contatti con gli storici, i filosofi, i filologi e naturalmente anche tra le due facoltà teologiche erano molto stretti”.
In queste poche righe si legge una grande nostalgia per il mondo nel quale avrebbe voluto rimanere.
Oggi con grande eleganza e sincerità ci dice: sono vecchio, non ce la faccio più a governare questa Chiesa il cui volto è stato sfigurato dalle divisioni e dalla corruzione.
Fra qualche giorno non sarà più papa, ma ritornerà professore tra i suoi libri, anche se non più fra i suoi studenti e i suoi colleghi-
Un ultimo elemento, molto profano mi ha colpito in questa vicenda. Eravamo immersi in una campagna elettorale in cui ogni giorni si parlava come in una sorta di incantesimo collettivo di quattro milioni di posti di lavoro, di IMU non solo abolita, ma anche rimborsata, condoni più o meno tombali e così via spargendo demagogia.
Quell’atto storico, semplicemente annunciato e ancor più semplicemente gestito, per un momento ci ha fatto ritornare alla realtà e alla ragionevolezza. Certo la decisione di Benedetto XVI rimarrà nella storia, il nostro momentaneo sollievo no. Ma ci ha fatto bene.
Le conseguenze pratiche e teologiche del coraggioso gesto di Ratzinger non sono neppure immaginabili.
Quello che si può dire è che ora la chiesa si trova a fare i conti sul serio con la modernità e che la sua credibilità è sempre più legata ai comportamenti dei suoi rappresentanti.
Anche l’ultima delle beghine ha capito che il papa ha dovuto gettare la spugna di fronte al malcostume e agli intrighi di potere imperanti in Vaticano.
Un papa “conservatore” che si è rivelato “rivoluzionario”.