I risultati elettorali li conosciamo. Un po’ meno abbiamo percepito le differenze di programma. E’ quindi arrivato il momento di discutere di queste differenze e capire come si riverberano da noi.
Propongo allora un tema: quella della cittadinanza.
Nella tabella qui sotto possiamo leggere i risultati definitivi del censimento della popolazione. La popolazione straniera è quasi il 15% della popolazione di Chiusi. I bambini da 0 a 9 anni sono addirittura il 25% del totale. Un bambino su quattro di quell’età a Chiusi è straniero.
Quasi tutti quei bambini “stranieri” sono nati qui da noi e magari non sono mai andati nel loro paese di origine dei loro genitori e che però per la legge italiana è il loro paese. Se ne riparlerà all’età di 18 anni.
Su questo punto le forze politiche si sono posizionate in maniera diversa. C’è chi ha avuto il coraggio di perdere voti per sostenere che a quei bambini deve essere riconosciuta la cittadinanza italiana. Altri hanno sostenuto (motivandolo poco o niente per verità) che invece il meccanismo deve rimanere quello che è.
Il nostro Consiglio comunale ha recentemente deliberato la “cittadinanza onoraria” per quei bambini. E’ una decisione da apprezzare. Rimane un gesto simbolico, che sarà presto dimenticato se non seguirà una riflessione che porti ad atti politici di qualche efficacia. Credo che potremmo parlarne.
Ma anche gli stranieri adulti hanno non pochi problemi. Per la legge Bossi-Fini possono richiedere la cittadinanza soltanto dopo dieci anni di residenza, se immigrati regolarmente, con continuità lavorativa e altre condizioni, possono chiedere la cittadinanza.
A questo punto parte una procedura locale (verifica delle condizioni) e nazionale che dura non meno di tre anni. Negli Stati Uniti il riconoscimento viene definito dopo cinque anni con una procedura assai veloce.
Anche di questo possiamo discutere?E’ evidente che il contributo di questi nostri concittadini alla vita della nostra comunità sarebbe diversa on la cittadinanza.
Un mio nipote, di nazionalità straniera, ha sei anni e spesso afferma con convinzione “io sono italiano”, segno evidente che qualcuno dei suoi compagni di scuola gli domanda da dove viene e lui gli risponde affermando il vero da un punto di vista sostanziale e il falso dal punto di vista della legge. E’ giusto tutto questo?
Luciano, la mia era una puntualizzazione in risposta alla tua critica secondo cui “la sinistra si è dimostrata subalterna e titubante (in questo caso al becerume della Lega)”. Su questo punto invece la posizione era chiara e da me condivisa.
Sul resto possiamo trasferire in dibattito ad altro post. Per quanto mi riguarda io non avrei fatto nessuna guerra a un Renzi vincitore. Avrei semplicemente restituito la tessera perché un programma liberista alla Zingales non lo posso in alcun modo condividere.
Può darsi, ma si tratta comunque di un numero assolutamente trascurabile.
Il Pd ha perso 3,5 milioni di voti perchè anche agli occhi di tanti suoi elettori è apparso come baluardo della casta e dei suoi privilegi.
Le primarie, sotto questo aspetto, come era facile prevedere, sono state un clamoroso autogol.
Dall’interno del Pd si è alzata alta la voce contro i costi della politica. L’apparato si è schierato compatto dall’altra parte. Renzi ha perso ma il danno è stato esiziale.
Un errore dilettantesco originato dalla pervicacia dei culi di pietra.
Non l’ho mica sentito solo io D’Alema affermare che se avesse vinto Renzi la primarie gli avrebbe fatto una lotta senza quartiere.
Veramente nel programma di Bersani la cittadinanza ai nati in Italia da genitori stranieri era la priorità (la prima misura che avfrebbe rpeso il suo eventuale governo). Credo che questo atto di coraggio abbia fatto perdere voti.
Come su tanti aspetti anche sulla questione posta da Paolo (Scattoni) in questo post, la sinistra si è dimostrata subalterna e titubante (in questo caso al becerume della Lega).
Per questo forse la parola rinnovamento è ancora spendibile.
Nello specifico io sono per lo “ius soli”: chi nasce in Italia è italiano.
Purtroppo oggi tutti cercano ossessivamente il rinnovamento e lo sviluppo, come se essi fossero la panacea di tutti i mali. Tuttavia questi due princìpi non sono di per se portatori di alcun valore, ma nessun rinnovamento né alcun sviluppo sono utili o tantomeno auspicabili, se non vengono messi al servizio del progresso e dei diritti. Penso che il rinnovamento che tutti impugnano come l’arma vincente per cambiare il paese sia, in realtà, un mero strumento di consenso elettorale che rischia di ritorcersi contro quelle classi della società civile in continuo indebolimento. Quanti dirigenti di partito sono cambiati nel centro-sinistra dall’anno della svolta fino ad oggi? Io penso che sono stati fin troppi, e che se finora non ne è andato bene nemmeno uno, e se ancora si punta nel rinnovamento, la sinistra sarà destinata a perdere la battaglia o, peggio, a scomparire. Le riforme sociali per consegnare diritti e dignità alle fasce più deboli sono più importanti di qualsiasi idea di rinnovamento della politica, e dovrebbero essere l’obiettivo di ogni sviluppo economico.