Così è stata definita l’emergenza umanitaria venutasi a creare a partire del gennaio 2011, in seguito ai fatti di Tunisia e Libia , con innumerevoli sbarchi di profughi a Lampedusa. Il governo italiano ha deciso che ogni regione avrebbe accolto un numero di rifugiati proporzionale alla sua popolazione.
La Toscana, a sua volta, ha pensato di gestire la cosa non realizzando grandi centri ghettizzanti, ma con la politica dei “piccoli gruppi”. Di inserire, cioè, pochi rifugiati in ogni paese.
E così, a Chiusi, ne sono arrivati otto, sei a Sarteano, sei a Chianciano e via via. La procedura di richiesta di asilo politico, che nel frattempo, ha cambiato nome , in “protezione internazionale”, consiste nel sostenere un colloquio davanti ad una apposita commissione che stabilisce, in base alla storia e alle vicende umane della persona, se sia possibile concedergli la protezione. Di protezioni ce ne sono vari tipi, di varia durata, da quella internazionale a quella umanitaria.
I nostri ragazzi di Chiusi, tutti provenienti dall’Africa subsahariana , esattamente dal Senegal, Niger, Sierra Leone e Ghana, erano andati a lavorare in Libia e allo scoppio della guerra sono dovuti scappare un’altra volta. ( Questa sintesi omette le esperienze precedenti nei loro paesi , le fughe da guerre civili o tribali, l’attraversamento del deserto, le ferite fisiche e morali che li hanno segnati e li segnano, …).
Arrivati a Chiusi, a fine maggio 2011, si sono trovati inseriti in un appartamento, gestito dalla Misericordia, in una realtà profondamente nuova. Hanno cominciato a studiare italiano-base a luglio e agosto e poi di seguito hanno frequentato corsi gestiti dal Centro territoriale per l’educazione permanente, che hanno consentito di conseguire la certificazione A2 , a qualcuno B1.
A gennaio 2012, a Torino, c’è stato il colloquio con la commissione esaminatrice, sono stati giorni di grande attesa, stress , misti a speranza. A questo colloquio i ragazzi si erano in qualche modo preparati andando a Siena, dove gli operatori ARCI li avevano aiutati a rielaborare la loro “storia personale”. Dopo un mese e mezzo si è saputo che solo uno di loro ha ottenuto la protezione umanitaria. Gli altri hanno potuto fare ricorso, sostenuti economicamente dalla Regione Toscana.
Nel febbraio le organizzazioni di volontariato per migranti hanno promosso raccolte di firme per sollecitare il governo ad una seria soluzione della “vicenda” : qui a Chiusi sono state raccolte più di 600 firme, tra cui anche quella del sindaco.
Intanto il Comune di Chiusi ha stipulato una convenzione in base alla quale i ragazzi, dal 1 marzo, svolgevano servizio volontario nei giardini pubblici del paese, tutte le mattine tre ore da martedi a venerdi, fino al 30 settembre. Hanno partecipato anche ad un corso antinfortunistica. Hanno quindi lavorato sette mesi senza ricevere nemmeno un euro, nemmeno un grazie.
Il sabato e il lunedi continuavano a fare lezione di italiano.
Dato l’esito negativo del ricorso, i ragazzi hanno potuto ricorrere all’appello, sempre sostenuti economicamente dalla Regione. Nel frattempo era scaduto il loro permesso di soggiorno e per motivi inspiegabili, non veniva rinnovato dalla questura. Passato già un anno in Italia, i ragazzi non vedevano alcuna prospettiva, nessuna possibilità di lavoro, uno stato lontano e burocratico, un futuro incerto, unica certezza la struttura di accoglienza, vitto e alloggio…
Nell’estate, a fine luglio, nel generale clima di attesa, è uscita una sanatoria, ma riguardava i clandestini, non era per loro in quanto risultavano richiedenti asilo. (Intanto tutti gli appelli avevano avuto parere negativo).
Solo a ottobre, finalmente,il governo, incalzato anche dall’ Unione Europea per gli enormi ritardi, decretava di concedere A TUTTI i richiedenti asilo dell’emergenza Nordafrica, il permesso umanitario da ricevere entro venti giorni dalla richiesta ! I nostri l’hanno chiesto il 20 novembre e soltanto il 28 febbraio hanno potuto ritirarlo !
Nel frattempo è stato deciso di concedere anche un documento di viaggio, una specie di passaporto, per circolare anche al di fuori dell’Italia. Con questi documenti hanno potuto ottenere anche una carta di identità italiana.
Con il 31 dicembre il Governo dichiarava conclusa (!) l’Emergenza Nordafrica e quindi la convenzione con le Regioni ( con le rispettive Protezioni civili). In seguito alle proteste delle organizzazioni per migranti, prorogava la convenzione fino al 28 febbraio e passava alle singole Prefetture la gestione di eventuali strascichi.
Inoltre per “inserire i titolari di protezione internazionale” nel mondo del lavoro (!) è stato pensato il tirocinio formativo con contratto fino a un anno, compenso di 500 euro mensili, che verrà poi rimborsato al datore di lavoro.
Questa è un po’ la situazione e ora che, per i nostri africani, sembra tutto finito, tutto, invece, deve cominciare! E in questo momento di grave crisi economica non è certo facile!
I ragazzi sono abituati alla “durezza della vita” e non sembrano spaventati, confidano nella vita, in Dio, certo più che nella legge. Sono pronti ancora una volta, dopo ventuno mesi di attesa, di speranze alternate a delusioni, vissuti nella pazienza mite, tipica della loro terra, a giocarsi la vita e a ricominciare. Nei prossimi giorni, infatti, lasceranno la struttura di accoglienza , ma non hanno ancora una meta né per il lavoro, né per la casa.
Mi pare di capire che i problemi più grossi comincino adesso… Cioè quando i giovani africani lasceranno la casa di accoglienza… Credo che la comunità chiusina (dall’amministrazione comunale alle associazioni, dai partiti ai sindacati ai singoli cittadini) debba fare qualcosa affinché quei ragazzi possano rimanere qui, come cittadini a tutti gli effetti….
Molto bello e significativo questo rapporto di Simonetta (Bardini). Grazie. E’ un testo prezioso perché ricostruisce una vicendan che vede strettamente interrelati problemi umani, economici e civici.
Il problema non è stato risolto nonostante la buona volontà dei rifugiati, l’impegno dei volontari della Misericordia e l’impegno finanziario pubblico. Nonostante tutto il risultato rimane ancora avvolto nella nebbia.
Proviamo allora ad immaginare che potrebbe essere successo nelle regioni in cui si è scelto di “chiudere” i rifugiati nei centri di (cosiddetta) accoglienza.
Cosa significa lasceranno la struttura di accoglienza?