Anche se Chiusi non è stata sempre sufficientemente considerata dal capoluogo di provincia Siena rimane pur sempre la città di riferimento in cui, da secoli, la nostra gente si è riconosciuta e con la cui immagine si è presentata al mondo.
E ci è piaciuto raffigurarci con la Città del Palio, di Piazza del Campo, del Monte dei Paschi, del panforte e dei ricciarelli. Potremmo definire Siena come Città dei primati perché Piazza del Campo è considerata una delle piazze più belle del mondo, il Palio è una manifestazione che non ha eguali nel pianeta, il Monte dei Paschi è la banca più antica della storia dell’economia.
E quella <senesità>, che aveva la sua più tipica espressione nel forte senso di appartenenza che caratterizza i contradaioli, ha costituito l’aspetto fiero e originale della gente senese della cui simpatia ci siamo spesso fregiati. Inoltre, fino a pochi anni fa, Siena era tra le prime città d’Italia per benessere e tenore di vita. Ma, come purtroppo sappiamo, le cose umane subiscono alterne vicende e in questi ultimi mesi, indubbiamente tra i più catastrofici della storia di Siena, la situazione si è capovolta a causa del crollo inaudito del Monte dei Paschi, da sempre <babbo> a cui ricorrevano comuni, enti, sodalizi e associazioni della Città e della provincia.
Con il tracollo del Monte dei Paschi è in crisi il Comune di Siena che lamenta un buco nel bilancio di 17 milioni di euro. E’ in crisi l’ Università, il cui dissesto oltrepassa i 19 milioni e non è immune neppure l’ Azienda Sanitaria il cui deficit si aggira sui 10 milioni.
Si correrà il Palio quest’anno? Ci auguriamo di sì. Ma sarà con difficoltà perché il contributo annuale che il Monte dei Paschi elargiva ad ognuna delle 17 contrade è passato da 15mila a soli 3.500 euro.
David Cantagalli, illustre senese, <l’editore del Papa>, che si è sempre tenuto fuori dal <sistema Siena>, individua la causa prima della catastrofe in quel <sistema di potere fondato sulle clientele, sui silenzi compiacenti e su comunicazioni non veritiere> definito invece dai suoi adepti più illustri <groviglio armonioso> che, con il senno del poi, si è rivelato un nefasto inciucio tra massoneria e potere politico trasversale.
Se la crisi economica, politica e morale è diffusa nel mondo e in Italia a Siena raggiunge il suo culmine. Ed è facile prevedere l’effetto domino, del resto già iniziato, in provincia. Che cosa rimane a Siena e provincia se togliamo il Monte dei Paschi con i suoi annessi e connessi? E’ stata una bella scoperta sapere che San Bernardino da Siena, vissuto a cavallo tra il XIV e XV secolo abbia scritto un’intera opera sull’economia intitolata <Sui contratti e sull’usura> in cui affronta i temi della proprietà privata, dell’etica del commercio e della determinazione del valore e del prezzo.
<San Bernardino analizza, inoltre, la figura dell’imprenditore e ne difende l’onestà nel lavoro. Condanna, senza mezzi termini, i nuovi ricchi che, invece di investire la ricchezza in nuove attività, preferiscono prestare ad usura strangolando la società anziché farla crescere. Riteneva infatti che la proprietà non “appartenesse all’uomo”, quanto piuttosto “fosse per l’uomo” come strumento per ottenere il miglioramento della società. Uno strumento che veniva da Dio e che l’uomo doveva meritare, applicare e far fruttare come saggio amministratore>.
San Bernardino morì nel 1444, di lì a poco sorse il Monte dei Paschi. Non so se sia ragionevole pensare che la più antica banca del mondo si sia ispirata, nel suo sorgere, ai principi di San Bernardino che predicò per 45 giorni di seguito in Piazza del Campo. Credo che sia lecito però credere che qualsiasi cenno di ripresa e di rinascita debba ripartire dalla freschezza e verità della sua profezia.
Forse della Siena, decapitata del Monte dei Paschi, impoverita nelle sue istituzioni e secolari tradizioni, rimane la saggezza economica di San Bernardino, insieme all’esempio di Santa Caterina che ebbe il coraggio di far sentire la sua voce autorevole nel sistema politico di quel tempo facendo ritornare il Papa da Avignone a Roma. Della Siena al tracollo rimane allora la santità. Non è poco. E si potrebbe ricominciare da lì.
Io del senso di appartenenza e della senesità contradaiola non mi sono mai sognato di fregiarmi,e non è perchè non sia nato e cresciuto a Siena(per me la considero una fortuna non da me decisa certamente)ma perchè ho sempre considerato una tale posizione come un baluardo di chiusura nei confronti del mondo esterno ed anche del suo divenire.Pur lavorando e facente parte di una istituzione senese ne ho recepito i lati positivi e negativi,ma per anni ho vissuto tale diversità
col mondo che la circondava come uno splendido isolamento di Siena stessa,come se tutta la gente vivesse un sogno,quasi in un regime feudale,paragonato per altri versi ai fiorentini per i quali agli occhi dei concittadini stessi erano da considerrasi privilegiati coloro che spalavano le cacche dei cavalli dei Lorena.Siena che ha vissuto solo dell’economia della banca,ha plasmato il suo modo di pensare sulla centralità di una sola istituzione e quando quella crolla,crolla quella carta che fa venir giù tutto il castello.Questo è il limite a cui è stata costretta Siena da secoli,e non da oggi,salvan- do magari se stessa ma salvandosi nella chiusura e nel senso di appartenenza ad un mondo che poi si è rivelato alla fine non all’altezza delle sfide della modernità globale.Ripartire da San Bernardino la vedo dura….