Tutto il mondo è paese, anzi municipalità

di Massimo Mercanti

Tutto il mondo è sulla riflessione…(e non è un caso che ogni riferimento ad Habermas non sia casuale).

Prendi un rappresentante di ogni contrada di paese, aggiungi un esperto (si fa per dire) in comunicazione (meglio se in quota rosa), invia un comunicato stampa dopo aver ricevuto la benedizione del potere politico e presentati ai cittadini con il volto del rinnovamento. Al massimo devi rendere conto a te stesso, gli altri non potranno che seguirti, considerato che il perverso gioco del consenso è a loro conferito indirettamente.

Una formula come tante sono le alchimie politiche scaturite dalle rovine delle ideologie. Roba che se con qualcuno di loro ti fossi intrattenuto in  conversazione a cena sui massimi sistemi amministrativi ti avrebbero guardato allibiti fino al momento della richiesta del conto al cameriere. E’ un po’ come  davanti alla commissione di laurea, presenti la tesi e per stramba che sia ne esci con il punteggio discutibile ma con il potere conferito. Per far cosa dio solo lo sa. Forse un programma strutturale, meglio se triennale, ricorrendo ai manuali della pratica ricorrente dove il più esperto conosce già la formula che moltiplica la superficie per l’altezza. Colori le priorità tra il capoluogo e la frazione ma alla fine è solo un marciapiede fatto in economia per solcare l’ovvietà.

Mancano i soldi, potrai sempre rimodulare ad ogni bilancio preventivo, l’importante è manifestare la volontà. Oppure chiedi la consulenza sul come rivitalizzare un paese magari scoprendo che non hai il coraggio di estirpare le erbe che lo hanno reso moribondo. Se fallisci, o vai sotto inchiesta, potrai sempre dire che saranno sempre meno coloro che si sacrificheranno all’impegno civile della politica amministrativa. C’è sempre qualcuno pronto ad occuparsi dei fabbisogni di personale nel programma triennale delle assunzioni. Male che vada non sei un ufficio di collocamento, potrai sempre recitare  l’art. 6, c. 1. del D.Lgs. 30.03.2001, n. 165, e s.m.i. con il quale se non ottemperi a quello che prevede non potrai assumere personale appartenente alle categorie protette.

C’è sempre da formulare indirizzi, come quello di potar le piante dei giardini. Se togli l’ombra per mettere al sole le stupidaggini ammetti che è solo la facoltà di coloro che si preoccupano delle “politiche immateriali” con l’alibi di averlo fatto fare a mani esperte. Non sempre la maggioranza dei cittadini ti chiede di prendere il potere nelle mani ma nel momento stesso che qualcuno vuole coadiuvarti nella sua gestione, se non altro per la condivisione di un punto di vista o di un fine, ti senti attaccato alle fondamenta del palazzo. Tranquilli c’è sempre un’estate che fa stravaccare i buoni propositi. Fra una sagra e un concertino al chiar di luna si trova sempre il tempo per stendere un velo pietoso sulle contraddizioni.

L’importante è sottolineare come l’individuazione “di obiettivi specifici e la loro sistemazione organica all’interno di un piano di lavoro, possa qualificare in senso positivo l’azione amministrativa rendendola più efficace ed efficiente”. L’inverno porterà il gelo ma la fortezza per un altro anno resterà intatta. Hai voglia a ragionare “all’ingrosso”, il riferimento è proprio “la riflessione di Habermas” sull’idea dell’agire comunicativo. Purtroppo tutto il mondo è paese, anzi municipalità, e se è vero che su molte cose “è impossibile raggiungere, da soli, una verità oggettiva, allora tanto vale abbandonarsi ai propri umori, senza che diventino né vincolanti né illuminanti per nessuno “

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4 risposte a Tutto il mondo è paese, anzi municipalità

  1. pscattoni scrive:

    Ho interpretato l’articolo di Massimo Mercanti come una disperante critica del bla bla imperante. Io credo che anche questo nostro dibattito potrebbe essere così catalogato. Perché allora non cominciare a praticare certi modelli anche senza la collaborazione e la partecipazione del cosiddetto “potere costituito”. Sul piano strutturale, su bioecologia cerchiamo di costruire un dibattito con esperti “veri” in un campo neutro e percepito come tale.

  2. enzo sorbera scrive:

    La teoria dell’”agire comunicativo” si articola come risposta e sistemazione a quella che in un saggio celebre del 1976 lo stesso Habermas definiva come la crisi della razionalità del tardo capitalismo. E’ ancora giocata su un’idea di verità e di spazio-tempo che noi ormai abbiamo lasciato alle spalle da almeno venti anni. Nel nostro quadro di riferimento, la teoria habermasiana è un po’ come uno specchio art nouveau: rétro e spesso inutile. Il nostro quadro spazio-temporale è alterato; la struttura comunicativa è compulsiva e non orientata al convincimento; la stessa idea di verità non è più legata al “duro mondo dei fatti”, ma a fenomeni narrativi più o meno coerenti e virtualizzati (e anche qui, la riflessione di Baudrillard ha almeno quindici anni). Può una struttura discorsiva come la politica essere interpretata (nel doppio senso del termine: letta e “indossata”) nei termini di un’azione comunicativa? L’unica certezza che abbiamo è che ogni politica è una politica locale. Giustamente Mercanti lo sottolinea, ma mi aspettavo un “coraggio” maggiore 🙂

  3. lucianofiorani scrive:

    La riflessione di Mercanti fotografa alla perfezione la nostra realtà (di Chiusi) ma a quel che ne so pare corrispondere anche a quella di tanti altri comuni della zona.
    Insomma il sindaco dell’aperitivo non pare una nostra esclusiva prerogativa.

  4. ……mi farebbe piacere fare una chiaccherata con il Mercanti.

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