Canale Letta. È una nave carica di promesse

 di Gianfranco Barbanera

Cade l’ultimo diaframma e due oceani s’incontrano, in politica, così come accadde per il canale di Panama.

Diversa salinità, diversi livelli di acque che rischiano di contaminarsi. Qualcuno se lo augura, ma non accadrà, almeno nel breve periodo.

Ogni mare mantiene le sue leggi e quel breve pertugio che si è aperto viene controllato a vista. Le navi passano da un oceano all’altro, ma solo in virtù di sofisticate tecnologie di dighe ed idrovore.

In entrambe le opere, di politica e ingegneria, lo scopo non è fare incontrare le acque, ma permettere il transito di navi, in un senso e nell’altro, con indubbi vantaggi economici.

Un’opera d’ingegneria politica, quella del nuovo governo, realizzata a freddo, per rispondere ad uno stato di necessità: alcune navi di provvedimenti devono comunque “passare” nel più breve tempo possibile.

Questo lo scopo della realizzazione del “Canale Letta”. Ad ognuno poi le sue tempeste e le sue bonacce. Come dire: “Ciascun partito se la vedrà con i suoi, in mancanza di una controparte, che ora è divenuta parte.

Chi ha vinto? “L’Azienda Italia”, per alcuni; per altri solo “l’azienda”, con i suoi valori prioritari di “più” e “meno”.

L’istinto di sopravvivenza ha decretato la vittoria della dimensione economica, amputando “la persona” della sua molteplicità di esigenze e di valori.

Uniti per sopravvivere. Non è molto, ma per ora è tutto.

“Rappacificazione” è la parola d’ordine. Termine sproporzionato alla situazione reale, perché prefigura una guerra, che non c’è stata, se non in ambito masmediale con sterili termini di aggressività verbale. Parole contro parole.

I programmi del PD e quelli del PDL quasi si sovrappongono. Può sembrare un paradosso, ma è proprio la bonaccia dei due “oceani”, incapaci di produrre progettualità e metodologie differenziate, la causa della crisi della politica e della rabbia che monta dal basso.

È accaduto di tutto: dalle congiure ai tradimenti, dalle ritirate strategiche agli assalti.

Ad un tratto, eccoti il Governo, bello e fatto. Meno male!

Rimangono tanti punti di vista su queste ultime vicende e, come è ovvio, altrettante diverse letture.

È il bello e il buono della democrazia, purché ciascuno abbia la consapevolezza della propria postazione, onde evitare il rischio della supponenza e del radicalismo.

Se la politica vacilla, non possiamo chiedere ragione solo ai diretti interessati. Il politico ragiona da politico, il partito da partito, con grande desolazione e risentimento del “cittadino”, che ragiona da cittadino.

È opportuno spostare la nostra attenzione su altri ambiti culturali, ricercando luoghi più prossimi ai fondamenti della natura umana. Ricercare un comune denominatore, indipendente da ruoli e ideologie e tale che possa conciliare il politico con il civico.

La causa della tensione che sale non è da ricercare solo nell’antipolitica. Molteplici sono i focolai e forse il sentimento prevalente non è tanto la rabbia, quanto lo scoramento. La gente non si saluta quasi, non sorride più.

Accade in certi momenti di crisi, non solo economica, quando il vicino di casa viene visto con invidia o con sospetto e si indulge in una morbosa divisione in ceti. Non è solo il torrente in piena a causare la frana, ma anche i mille stillicidi che imbevono il terreno.

Una chiave di lettura ce la possono offrire gli studi di John Scott sull’aggressività umana, sintetizzati nel seguente chiaro esempio. Due gruppi di scout, accampati nella stessa zona, ma fieramente rivali, si riuniscono allorché l’unica sorgente d’acqua alla quale entrambi attingono, è sul punto di esaurirsi. Lo stato di necessità supera le contrapposizioni culturali e le antipatie istintive. Così i due gruppi si aggregano per far fronte alla minaccia della sopravvivenza, un’urgenza che, tuttavia, non esclude la ripresa della rivalità, una volta risolto il problema.

Viene da pensare a certe giornate di fine agosto, in cui il cielo è terso, ma senti l’elettricità che si addensa nell’aria e già presagisci rovesci e grandinate. Ma poi chissà… potrebbe anche accadere qualcosa di nuovo per effetto di questo rapporto ravvicinato. È il rischio di un’onesta comunicazione.

Qualcosa d’inedito è già accaduto, tipo il passo indietro dei big. “Una manovra per salvare l’Italia, o se stessi e la continuità della politica?”, viene da chiedersi. Nessun sarcasmo! Quasi certamente tutte e due. Se così non fosse, al posto di una “buona politica” basterebbe una “buona amministrazione”.

L’attuale intesa –provvidenziale – finalizzata alla soluzione di problemi emergenti, non può esimere le due parti maggiormente interessate dalle ricerca della propria identità e da un “arricchimento dell’anima”, la vera grande emergenza di questi nostri giorni.

Più anima, più attenzione ai grandi temi dell’esistenza, cogliendo l’insegnamento di Papa Francesco e della tradizione umanistico-cristiana di matrice europea.

Nella realizzazione piena della “persona” è il segreto della vera auspicata “crescita”.

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10 risposte a Canale Letta. È una nave carica di promesse

  1. carlo sacco scrive:

    L’articolo che ho cliccato è interessante ma l’augurio che l’articolo fa al termine credo che delinei un terreno di non facile attuabilità anche nel medio periodo.Il maggior ostacolo ritengo sia il fatto che nel contempo che si tenta di creare ex novo ”un centro di gravità permanente”,l’umanità cresce,aumenta la popolazione e diminuiscono le risorse,facendo secondo il modello vigente girare il meccanis- mo che succhia le risorse naturali ed umane e le consuma distruggendole.E’ questo che non si ferma,se non con la desertificazione industria- le e creando miseria e migrazioni.Questo che ho detto è una prassi che si svolge ogni attimo sotto i nostri occhi.Dovremmo avere la bac- chetta magica per fare variare il meccanismo di sviluppo detronizzando gli interessi costitui- ti che si opporrebbero.E’ una teoria che può sembrare anche avvincente ma che non tiene conto della realtà materiale dell’esistenza umana.O accettiamo il fatto che da quando ho iniziato a scrivere l’articolo sono morte per fame e malattie ad essa legate 100 mila persone,oppure altre alternative non le vedo se non quelli che destinati a morire in un prossi- mo futuro impongano con politiche di forza ai loro governi di buttare a mare lo sviluppo velo- ce ed accettino il decremento lento.

  2. Allora, dato che il primo ad alcuni è piaciuto, eccone un altro:

    http://www.eurasia-rivista.org/la-privatizzazione-della-politica-e-il-moloch-dello-sviluppo/19461/

    É offerto da Roberto Tistarelli su facebook. Essà che non ce lo facevo…

    Secondo l’articolo il bandolo sta nel trovare un “centro di gravità permanente” diverso dal modello dello sviluppo.

  3. pscattoni scrive:

    Non so se l’ipotesi che si legge nell’articolo di Furio Colombo che segnala Giampaolo (Tomassoni) sia fondata. L’autore è persona seria che stimo molto per l’azione che da parlamentare ha costantemente svolto per i rifugiati in Italia. Sostiene che quanto è avvenuto negli ultimi tempi sino al governo Letta sia stata frutto di una cospirazione. Per quanto mi riguarda aspetto che Romano Prodi, la vittima illustre di questa ipotetica cospirazione, apra un confronto.
    Su quanto sostiene Daria (Lottarini) consiglio la lettura di un breve ebook di Francesco Gesualdi che si può scaricare con meno di un euro. (http://www.amazon.it/Leconomia-bene-comune-Zoom-ebook/dp/B00BS835CS/ref=cm_cr_pr_pb_i) Tratta della possibilità di rispondere alla crisi e al disagio con siderando il “volontariato” quale elemento centrale di un nuovo modello economico. Mi ha ricordato altri testi sul tema che emergono sul tema.

  4. Altro articolo interessante in merito, segnalato da Francesco Storelli su facebook: http://giacomosalerno.wordpress.com/2013/05/19/pd-triste-fine-di-un-partito-furio-colombo/

  5. daria lottarini scrive:

    http://www.repubblica.it/economia/2013/05/18/news/salari_cresce_disuguaglianza_47_della_ricchezza_a_10_famiglie-59098062/?ref=HREC1-9
    In questo articolo come in altri pubblicati continuamente sta il succo della situazione, non credo che ci sia bisogno di scomodare il comunismo, Marx o la filosofia, tantomeno l’avversione(?) per la ricchezza da parte della sinistra. Se non si ammette che un tale sistema va rivisto hai voglia a lavorare e continuare a pensare di produrre ricchezza. Per chi la produco io questa ricchezza se riesco a malapena a mantenere i miei figli?

  6. carlo sacco scrive:

    Caro Lele,mi suona strano che tu pensi di perdermi come amico perchè non ti trovi d’accordo con quanto esprimo.Io penso proprio che la società pauperista-quella che tu nomini- sia quella che è scaturita dal capitalismo così come è venuto evolvendosi e facendo adattare e strutturare il mondo alle sue regole.Chi ha negato mai che prima di spartirla la ricchezza occorra produrla?Penso proprio nessuno e di nessuna fede politica.Lo stesso Marx come ben sai ha riconosciuto al capitalismo una grande forza evolutiva per la quale la società si emancipa proprio per la contraddizione dialettica che tale sistema fa scaturire.E’ come viene ripartita la ricchezza che è il problema. Chi non vuole sentire ragioni di cambiamento ritengo che sia proprio il sistema dove viviamo che di dice che mette al centro l’uomo ma che invece gli sottrae l’anima e lo spirito critico, basta vedere cosa è il mondo oggi ed in tale mondo vige il capitalismo non la società socialista od altro.I bisogni umani dell ‘homo economicus quali osservazione dell’universo, mente,psiche,ai quali tu ti riferisci sono bisogni essenziali della specie umana,ma forse dimentichi che nel mondo esistono 4 miliardi di poveri,due miliardi di meno poveri e un pugno di ricchi che dalla loro posizione spartiscono la torta come vogliono.Parlare di necessità che l’uomo non venga considerato solo come homo economicus è riconoscere che il capitalismo ha fallito completamente,dal momento che è proprio tale sistema che lo considera economi- cus ne fa oggetto di profitto e lo valuta per quanto serva economicamente.Quando non gli serve è meno che un animale in ogni parte del mondo.

  7. luciano fiorani scrive:

    Ciao Lele.
    Primum vivere, deinde philosophari.
    Parrebbe superfluo ricordare questa frase di Aristotele nell’opulento occidente. Eppure…
    Il nutrimento del corpo (il mangiare) viene prima di quello della mente (la filosofia), sempre e ovunque.
    Come soddisfare questa necessità è questione aperta ma che sia ancora all’ordine del giorno anche da queste parti mi pare di tutta evidenza.
    Non mi appassionano più le dispute terminologiche ma nessuno è ancora riuscito a convincermi che sia morale che un individuo disponga di ricchezze smisurate e un altro non abbia di che vivere dignitosamente.
    Questo scandalo era, ed è, a mio parere, intollerabile, sotto qualsiasi sitema economico e politico si manifesti.
    Poi…che ognuno si definisca come meglio crede.

  8. pscattoni scrive:

    Caro lele (Battilana) è sempre bello pensare che sei fra gli attenti lettori di chiusiblog. Come sai il blog pubblica soltanto eccezionalmente articoli di carattere generale. Questo del dottor Barbanera è una di quelle eccezioni giustificata dalla fiducia a un altro “strano” governo.
    Le tue considerazioni sono molto interessanti e probabilmente susciteranno interventi che rimaranno nel dibattito politico-filosofico. POer quanto detto prima, me tiro fuori anche se come dovuto pubblicherò tutti gli interventi.
    L’interporetazione del pensiero marxista ha dato luogo a innumerevoli interpretazioni. Compreso quella dello stesso Marx quando si è confrontato con i primi movimenti socialisti. “Je ne suis pas marxiste” ebbe a dire leggendo nel 1880 un documento dei socialisti francesi. (http://www.youtube.com/watch?v=vGY9KhS0y40)

  9. E’ da tempo che leggo i commenti di Carlo Sacco e non mi trovo d’accordo. Ma essendo un caro amico, ho sempre preferito tacere per paura di perderlo come amico. Spero di non perderlo stasera. Io sono stato comunista e pian piano ho guardato al comunismo con occhi critici. Quando nel 1989 e’ crollato il Muro di Berlino gia’ non lo ero piu’. Pero’ credo che Marx avesse in mente un uomo liberato si’ dai bisogni materiali ma per realizzare compiutamente la sua natura umana. Non sognava una societa’ pauperista. A me sembra che in alcune posizioni neo- comuniste ci sia contemporaneamente un’ avversione per la ricchezza ed una spinta incontrollabile alla equa distribuzione, dimenticandosi che prima di essere spartita la ricchezza deve anche essere prodotta. Infine sembra che la vita sia solo una chance da spendere per riequilibrare i redditi. Mi permetto sommessamente di ricordare che esiste la grandezza dell’ Universo,la singolarita’ della specie uomo, la mente, la psiche, per alcuni l’anima. Non credo che l’uomo sia solo un homo – economicus, e’ molto di piu’.

  10. carlo sacco scrive:

    Si bene,ma non basta.L’auspicata crescita non deve prescindere da come si debba ripartire la ricchezza,e per adesso solo parole(anche quelle di Papa Francesco).E’ questo il primo principio e guardando il traffico nel canale di Corinto(non è Suez quello come è scritto fra l’altro..) dell’illustrazione mi sembra che non ci sia posto per due direzioni di navigazione: ce n’è una sola di direzione,ed è la direzione di una nave che si chiamava Monti 2 sulla quale prua c’è stato riscritto sopra ”Governo Letta” quale nome della nave attuale.Gli strumenti che stanno apparendo nel progetto politico mi pare che non scantonino tanto da quanto fatto sotto Monti,sono quelli che non possono rispondere alla domanda: cosa cambierà di profondo?”La realizzazione piena della persona”che è il segreto della vera auspicata”crescita”-come termina il Post-non possa prescindere dal fatto di creare quei fondamenti di inversione di tendenza del come si affetti e si spartisca la fatidica torta.Spesso quando sento parlare di ”realizzazione della persona” l’ovvietà di tale pensiero mi fa pensare che però tale auspicata situazione dipenda molto e quasi esclusivamen-te da come si affonda quel coltello e dalla dimensione degli spicchi che vengono consumati da ognuno di noi,mentre c’è anche gente che gli spicchi li vede mangiare.E questa è sempre di più.

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