Giovedì 1 agosto, nel pieno centro di Chiusi Scalo, fu trovato morto nella sua abitazione di Via Pasubio Giulio Ramini, pensionato quasi novantenne che viveva solo. Già da allora tutto faceva pensare ad un omicidio nel corso di una rapina andata male.
A due mesi e mezzo di distanza una riflessione s’impone. Allora l’ informazione regionale e nazionale, solitamente prodiga di notizie di questo genere, o ha ignorato l’episodio o ha accennato una laconica notizia poi senza seguito. L’ unico a parlarne con particolari fu “Primapagina”, periodico indipendente del Sud Senese, la cui redazione è dirimpettaia al palazzo dove è avvenuto l’omicidio. Nella conferenza stampa di Settembre il Nucleo investigativo dei Carabinieri di Siena, che ha condotto le indagini, ha confermato l’ipotesi di “rapina aggravata da omicidio” e comunicato l’arresto, convalidato dalla Procura, di quattro giovani, di cui due fratelli di 23 e 20 anni residenti a Chiusi, e due stranieri, di cui uno minorenne, con regolare permesso di soggiorno residenti nei paesi vicini.
La notizia dell’arresto dei quattro giovani è stata data allora da tutti i Tg regionali e nazionali. Sono venuti fuori particolari agghiaccianti: la vittima è stata immobilizzata e imbavagliata con un fazzoletto e lasciata morire in seguito, da sola, per asfissia o infarto.
Il bottino sarebbe stato di piccoli oggetti prelevati dall’abitazione e di appena 200 euro che i ragazzi avrebbero speso le sere successive nei locali del luogo.
Il triste episodio è l’immagine speculare della crisi umana, sociale e valoriale che stiamo vivendo e di cui non sono immuni i nostri ambienti paesani. Ciò che fa pensare è il silenzio inusuale che i mezzi d’informazione locale, regionale e nazionale hanno tenuto per 40 giorni.
Che questo silenzio sia segno di quell’omertà che regna sovrana nelle stanze del potere di ogni genere dove si concentrano i maestri dell’arte di nascondere la spazzatura sotto il tappeto? E poi c’è stato il giudizio di coloro che hanno salutato come una liberazione l’arresto dei due fratelli chiusini, noti come teppisti e presunti autori di furtarelli e atti vandalici e con una squallida storia nel loro passato.
Peggiore del giudizio temerario è stata l’incapacità di operare un esame di coscienza a livello paesano e l’indifferenza di molti e delle istituzioni, vittime dell’andazzo prevalente che impone di sacrificare la dignità umana sull’altare di celluloide dell’apparenza. E’ la stessa indifferenza di chi, camminando sul marciapiede, scavalca il cadavere dell’ operaio caduto dall’impalcatura. E’ la stessa indifferenza denunciata ultimamente da Papa Francesco.
Omertà, incapacità di sentirsi responsabili degli altri e indifferenza sono alcuni aspetti della crisi morale e valoriale che stiamo attraversando. Nel mondo come a Chiusi. Non denunciare questi mali equivale ad esserne complici.
Il Sig. Giulietti ha detto quello che volevo dire io……leggerment più chiaro!
A Carlo Giulietti.Per certi aspetti è vero e reale che occorra l’educazione al senso della sanzione.Ma c’è un altro aspetto che è inevitabile non vederne il peso ed è quello della comparazione sociale,perchè non è vero che le cause della delinquenza siano solo individuali. In una siffatta società quando si vede intorno a noi la trasgressione alle regole che prima di tutto sono di convivenza civile e di rispetto umano,mi si dica un giovane come possa essere educato se non ha alle spalle una famiglia degna di tale nome.Se i peggiori delinquenti sono a spasso e delinquono ancora sia con i legami mafiosi sia usando la politica per delinquere non ricevendo una condanna dallo Stato come può esserci un riferimento educativo per un giovane?E’ difficile ad uno immerso nella società consumistica odierna fargli capire le cause di tutto questo,e’ anche una questione culturale.E’ questa l’educazione che dovrebbe servire da base per i giovani. Invece esiste il contrario,chi non ha una famiglia che insegni questo è abbandonato senza alcuna difesa.Ed i risultati si vedono.La colpa individuale esiste,ma quella più grande risiede da altre parti,è inutile girarci intorno.
Vorrei vedere la cosa anche da un punto di vista leggermente diverso:
“Il medico pietoso fa la piaga purulenta” recita un antico proverbio, alcuni di questi ragazzi si erano resi protagonisti in più occasioni di azioni poco lecite, almeno uno, anche di recente era stato autore di più furtarelli e non so cos’altro, mi pare senza alcuna conseguenza, tanto è vero che solo adesso, credo, gli sono stati ritrovati in casa alcuni oggetti frutto di furto.
Al di la del fatto in se, ritengo che questi ragazzi borderline si debbano aiutare in ogni modo a correggersi e integrarsi, sono abituato a farlo anche personalmente, tutti dovrebbero farlo per quanto possibile, ma sarebbe opportuno fargli capire che esiste anche la sanzione, quando serve. Altrimenti la continua impunità ( in aggiunta a quanto si sente e vede quotidianamente sui media) può anche indurli a credere che qualunque cosa facciano sia consentita e senza conseguenze, in casi estremi questi possono essere i risultati.
Convengo sulla sostanza di quanto dice Tiziana.
Non si può fare riferimento alla onnicomprensività dell’etica religiosa che agisce su ogni singolo individuo e poi addurre le ragioni dell’insufficienza alla società.La comunità è formata da singoli ma l’indifferenza sociale è dovuta all’abbandono della giusta politica.Certamente in una società come quella odierna i cui esempi forniti sono il perseguimento delle ragioni del denaro-pecunia non olet-è chiaro che le persone non vengano educate al rispetto degli altri.Ma questo si deve ai principi che guidano la politica e molti in tantissimi ambienti,compreso quelli religiosi che non hanno vissuto su marte,hanno concorso a questo,non ostante l’impegno lodevole dei singoli di quegli stessi ambienti come è successo in questo caso.L’ho già detto un altra volta:Madre Teresa di Calcutta-fulgido esempio di carità-si è occupata tutta la vita per soccorrere i poveri,ma non si è mai curata di incidere sulle cause della loro miseria.Ed oggi spesso è così che si continua a fare,convertendo mirabilmente anche la morale in business.E questo rende sia sotto il profilo economico ma anche rispetto alla politica.,.basta vedere Chiusi.E qui mi fermo.
Bel concetto quello della Marroni, che si scontra però con la società moderna dove l’individuo è il centro di tutto e dove le isitituzioni la fanno da padrone. Mi spiego, quante volte negli ultimi anni abbiamo letto o vissuto episodi in cui il singolo cercava di rendersi ‘responsabile’ ed é passato subito dalla parte del torto? Una delle ragioni per cui un corpo steso per terra viene ignorato?
Mi è francamente difficile, per vari motivi, parlare di questo tragico avvenimento ma per non ritirarmi in quell’omertà cui, giustamente, fa riferimento Marco Fè due considerazioni le voglio fare.
Pur condividendo le riflessioni di Tiziana (Marroni) sulle responsabilità personali devo dire che, avendo visto crescere (anche abbastanza da vicino) i due ragazzi chiusini arrestati, c’è stato un momento nella loro adolescenza in cui ho avuto netta la sensazione che si giocasse il loro futuro. Un momento in cui era chiaro che si trovavano di fronte a bivio: o una vita dura e di sacrifici ma onesta o la strada della devianza. Ebbene, in quel periodo ho visto chiaramente che la nostra comunità con le sue istituzioni stavano dando risposte inadeguate.
Nella straziante vicenda è facile ritrovare l’insensatezza e la banalità del male: un’ingiusta fine per il vecchio pensionato che aveva ripetutamente e generosamente teso la mano ai due ragazzi e una terribile prospettiva per due giovani cui la vita non ha mai sorriso.
Conoscevo bene” Giulino”, caro amico dei miei genitori, e la sua morte così ingiusta mi ha riempito di un dolore impotente. Dico impotente perché questa tragedia era annunciata e certi comportamenti erano stati notati da molti. Nel caso specifico dissento da Marco: quei ragazzi sono stati a suo tempo molto aiutati dalla nostra
comunità (ne sa qualcosa Don Antonio) sia sotto l’aspetto economico che educativo. Ma forse dobbiamo accettare il” quisque faber est fotunae suae”. Una volta una situazione di disagio era spesso molla per il miglioramento, oggi è più facile dire che la colpa è degli altri(comunità, istituzioni,ecc.) e mascherare così la “non voglia” di impegnarsi e mettersi alla prova.Sarebbe auspicabile che il “singolo” si rendesse responsabile delle
proprie scelte e dei propri comportamenti anche perché la società altro non è che una moltitudine di “singoli”.