Laboratorio Ambiente è stata per me un’occasione per tornare dopo tanti anni a frequentare una scuola media superiore. Ho fatto un’esperienza importante perché mi ha permesso di capire un po’ di più degli studenti universitari con i quali ho a che fare nel mio lavoro.
Come molti colleghi, sono solito lamentarmi della progressiva mancanza di concentrazione, del continuo ricorrere al web e soprattutto a facebook. In una scuola media superiore il fenomeno è ancora più evidente e quindi ci dobbiamo aspettare che la tendenza continuerà nel tempo.
In quegli incontri settimanali ho anche maturato la convinzione che probabilmente hanno ragione loro, gli studenti. Già mi immagino che con questo mi sono guadagnato un posto fra i”giustificazionisti”. Cercherò di spiegare perché non lo sono. Sono infatti convinto che quei ragazzi che al professionale si dedicano al cellulare più che alle lezioni interpretano il futuro. Sono gli stessi ragazzi che invece cambiano improvvisamente quando si debbono dedicare ad operazioni pratiche come quelle di laboratorio.
Se ci pensiamo un momento il modo di fare didattica che abbiamo conosciuto noi più vecchi nelle superiori è nella forma rimasto immutato da più di 800 anni a questa parte: un docente che cerca di tramettere dalla cattedra la conoscenza che possiede. Di questi 800 anni ne ho sperimentati “soltanto” 60 ma ritornando indietro con la memopria trovo che c’è sempre stato una forte resistenza all’innovazione. Quando la biro sostituì il pennino molti si lamentarono dell’impatto negativo sulla qualità della calligrafia. Trent’anni più tardi quando cominciò a diffondersi il Personal Computer un collega più anziano mi disse che lui aveva sempre utilizzato la penna stilografica e avrebbe continuato a farlo. Un paio di anni più tardi come avevo previsto pesticciava sulla tastiera come tutti.
Se ci pensiamo bene, però, oggi la velocità dell’innovazione è molto meno controllabile e la capacità di aggiornamento molto più difficile.
Ricordo che 4 o 5 anni fa i miei studenti arrivavano con il loro portatile, oggi non più, si arriva con lo smart phone e si segue la lezione con un occhio e con l’altro ci si collega a facebook. Mi dicevano alcuni docenti del Marconi che tutti i tentativi di “chiudere” i collegamenti a social sono andati miseramente falliti.
Nella mia esperienza in quella scuola mi sono però convinto che questa situazione da ostacolo dovrebbe diventare un’opportunità. Da poco (possiamo tranquillamente dire da pochi mesi) si comincia a discutere e sperimentare un nuovo stile di insegnamento: quello dell’aula rovesciata. Il docente preparare brevi video (5/10 minuti) dove si spiegano le conoscenze che prima si fornivano in classe. E in classe che si fa? Semplice, si lavora in piccoli gruppi per il lavoro pratico; banalmente quelli che prima erano i compiti a casa. Soprattutto, nelle scuole professionali, il lavoro pratico di laboratorio. Il docente si trasforma da trasmettitore di conoscenza a coordinatore di gruppi di studio e di sperimentazione.
Non sono un pedagogista, ma a me apre che questo concetto di “insegnamento rovesciato” è in qualche modo già contenuto nel pensiero di una signora che si chiamava Maria Montessori. Non poteva certo contare sullo smartphone, ma il valore del costruire conoscenza attraverso la collaborazione e l’esperienza già ce lo aveva raccontato.
Certo il lavoro di riconversione non sarà facile. A me però piacerebbe che esperienze come quella che abbiamo fatto in laboratorio ambiente possa essere replicato sperimentando questo nuovo modo di lavorare di lavorare.