Molto raramente, ma ogni tanto approfitto del mio ruolo di “amministratore unico” di chiusiblog per inserire qualche nota un po’ più personale. Questo è il caso.
Questa mattina ero a Roma in attesa di un autobus. C’era un’anziana signora africana, che ho riconosciuto subito come eritrea, alla quale un’altra signora italiana ha chiesto cortesemente da dove venisse, con il probabile intento di capire se avesse a che fare con i recenti sbarchi.
La signora eritrea ha spiegato che era in Italia da quarantuno anni, anche se aveva sempre mantenuto la cittadinanza eritrea. A questo punto è arrivato un omino che l’ha investita con un “i negri debbono rimanere a casa loro”. Subito dopo siamo entrati nell’autobus. L’omino è andato avanti, la signora eritrea si è seduta. Avevo due alternative o andare dall’omino e mandarlo dove meritava o parlare con la signora che stava per piangere. Ho preferito parlare con la signora e spiegarle i miei legami con l’Eritrea, ne è stata molto felice.
In fondo erano tre fermate di bus e sarebbe stato impossibile in quel tempo spiegare all’omino che se oggi c’è una guerra fra Etiopia ed Eritrea, questa trova la sua ragione ufficiale (anche se non esclusiva) in una disputa di confine uscita fuori da un trattato di fine Ottocento dove gli italiani si sono comportati da magliari. Nel tempo di tre fermate non avrei potuto spiegare che la civiltà di quei posti è più antica di quella di Roma. Come spiegare che in millenni quelle terre hanno maturato una civiltà basata su un diritto consuetudinario non scritto della cui complessità ci dà conto un grande studioso all’inizio del Novecento Carlo Conti Rossini che ha bisogno di ottocento pagine per descriverne appena gli elementi basilari (Principi di diritto consuetudinario dell’Eritrea)?
Avrei dovuto spiegare all’omino che magari prima di parlare non sarebbe male leggere qualche libro. Avrei anche potuto dire all’omino che in questa fase così critica gli eritrei sono quelli che disturbano meno perché in Italia sono di transito (assai veloce) e pare che certi paesi (p.e. gli scandinavi) sono felici di accoglierli ed integrarli. In tre fermate di bus non si poteva.
Tutto questo per esprimere la mia preoccupazione sulla china che sta prendendo questa folata di razzismo. Alcuni dei nostri politici non si rendono conto del male che stanno facendo al nostro Paese in cambio di un pugno di voti.
Grande Paolo ! Io probabilmente non sarei riuscito a evitare una parolaccia a quello che imprecava contro la signora eritrea. Poi magari, dopo, mi sarei pentito. Poi magari avrei pensato che non tutti conosciamo la Storia e non tutti abbiamo (grazie ai nostri genitori che ci hanno fatto studiare) gli strumenti per ragionare sulla base della conoscenza di una realtà più estesa di quella del rione dove abitiamo. Poi avrei pensato che ci sono gli instinti biologici della specie, rispetto a cui la parte di cervello cresciuta negli ultimi duecentomila anni, non sempre ha la meglio. Secondo me – posso forse dire una cavolata – la cattiveria, ma anche la bontà, bisognerebbe non lasciarle sole e bisognerebbe tentare qualche valutazione sulle cause e sui rimedi possibili (non impossibili…). Comunque con quelle parole che hai detto, hai un po’ ridotto la sofferenza di una persona civile. Non si può dire, ma questo non è il paese più civile del mondo – anche se occupa un posto in classifica superiore alla maggior parte degli altri. Però, gli eritrei, i curdi, i tibetani ho idea che siano più vicini di noi allo scudetto.
“Non discutere mai con un idiota: la gente potrebbe non notare la differenza.(A B)”… Hai fatto bene a non cadere nella provocazione, certe affermazioni, purtroppo, grazie al clima messo su anche da certi politici sono sempre più comuni, la gente ha la memoria breve per certe cose, l’ignoranza e la stupidità fanno il resto!
Dalla mia esperienza di sub, so che non bisogna battere le pinne se sei vicino al fondo: vai veloce, ma ti accecherai con la melma che sollevi.
Auguro, a questi inesperti “battitori di pinne”, la visibilità cieca che li porti all’embolia. E’ un augurio di cuore.
In questo momento mi sto vergognando di essere un connazionale di quell’ “omino” che tu hai descritto. Molti, anzi, troppi, ormai ce ne sono in giro di questi omini ……… e anche di donnine.