Nuovo anno scolastico: auguri a tutti, ma io “tifo” professionale

istituto-einaudi-marconi3di Paolo Scattoni

Chi prima e chi dopo, a seconda della regione, i nostri ragazzi iniziano un nuovo anno scolastico. Di solito si celebra con una buona dose di retorica del tipo “loro sono il futuro del Paese, la scuola deve avere un ruolo propulsivo” e così via sproloquiando.

Personalmente preferisco misurarmi con la scuola locale e il suo possibile ruolo per il nostro territorio. Il nostro Istituto di Istruzione Superiore Valdichiana (Marconi- Einaudi) non passa un buon momento. Da una parte da qualche anno i corsi per geometri e ragionieri sono in crisi come in tutta Italia. Quei corsi che un tempo rappresentavano per i diplomati una buona prospettiva occupazionale, oggi invece soffrono di una crisi dei rispettivi settori che non è detto che finisca con la fine della congiuntura economica sfavorevole.

Diverso è invece il discorso per l’Istituto professionale. Per i diplomati del Marconi la prospettiva di un posto di lavoro è molto superiore a quella di altre scuole. Inoltre il ruolo la vecchia gerarchia che vedeva i licei classici al vertice, poi gli scientifici, quindi i pedagogici per poi passare agli istituti tecnici industriali in fondo alla scala i professionali, si sta rovesciando.

Nella scala di valori tradizionale i professionali dovevano formare i cosiddetti operai specializzati. Non è più così. I lavori dove si ripetono le stesse operazioni tutto il tempo, quelli che non ti chiedono di pensare troppo, stanno velocemente scomparendo. Oggi è necessario un tecnico che deve operare con macchine complesse che richiedono competenze complesse. Ecco allora l’importanza delle scuole professionali e di una parte di quelle tecniche.

Allora perché non c’è un’esplosione di iscrizioni al nostro professionale?

Provo a ipotizzare. La prima causa è che le famiglie, che riescono facilmente a influenzare i propri figli di quattordici anni al momento della scelta, credono ancora che la formazione dei licei è ancora quella da privilegiare. Allora visto che poi queste scuole non così difficili come una volta perché non iscriverli?

La seconda causa è la cattiva fama per alcuni episodi del passato che è difficile scrollarsi di dosso, nonostante che gli sforzi degli ultimi anni non giustifichino questi giudizi. C’è poi la cattiva abitudine che certi studenti particolarmente difficili che comunque debbono continuare per un paio di anni dopo le medie inferiori per completare l’obbligo, non si sa perché, si tende ad iscriverli alle scuole professionali.

Infine c’è la variabile “studenti stranieri“. Chissà perché ma c’è un’opinione che i i ragazzi provenienti da famiglie immigrate “ritardino” il percorso della classe, magari perché non sanno bene l’italiano o sono meno preparati.

Allora se per le prime cause occorre trovare soluzioni per far conoscere la scuola, per quello che veramente è, per l’ultima non si deve fare nulla. Da qualche tempo ho avuto modo di frequentare il professionale di Chiusi, prima per il corso CISCO e successivamente per laboratorio ambiente di cui si è scritto anche su questo blog. Bene ho trovato un livello alto della scuola e dei ragazzi. Gli studenti “stranieri” eccellono. Diciamo che usano il congiuntivo molto meglio di quelli italiani.

Nell’espresso di questa settimana c’è un reportage sugli stranieri in Italia. C’è un articolo a firma di Gloria Riva dal significativo titolo “E a scuola sono i più bravi”. Porta informazioni interessanti, non si possono riassumere qui. Quello che però emerge è che i genitori degli studenti italiani debbono stare più che tranquilli, i loro ragazzi non avranno che da guadagnarci da una presenza consistente di stranieri.

Allora per questo inizio di anno scolastico gli auguri sono per tutti, ma il mio “tifo” è per la nostra scuola professionale. Su questa si può costruire molto. Sono dell’opinione che la nostra scuola dialoghi seriamente con le nostre imprese meglio di quanto sia stato fatto sinora, prima che sia troppo tardi.

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