Negli ultimi due giorni ho letto tre articoli che mi hanno fatto riflettere. Il primo è stato pubblicato sull’inserto di Repubblica d ieri 22 gennaio. Gli altri due sul Sole24Ore di oggi.
L’articolo su Repubblica “Come ho svelato il marmitta-Gate”, a firma di Riccardo Staglianò, racconta come presso una periferica università americana, la West Virginia University, con poche decine di migliaia di dollari è stata scoperta dal responsabile di un laboratorio di meccanica e tre studenti di dottorato la frode della Volkswagen sui suoi motori diesel. La compagnia tedesca aveva escogitato un ingegnoso marchingegno che riconosceva quanto l’automobile era sotto verifica e portava il motore a comportarsi bene dal punto di vista dell’inquinamento a scapito delle prestazioni, per poi riportarlo su strada a prestazioni elevate, con inquinamento fuori norma. Questa scoperta costerà alla Volkswagen multe e rimborsi per decine di miliardi di euro, dimezzandone il valore; per non parlare dei danni alla salute e all’ambiente che quel “trucchetto” ha determinato.
Il team americano sta per immettere sul mercato un sistema di sensori a basso costo che ognuno potrà istallare sulla propria auto e monitorare così gli inquinanti giornalmente. Questo sistema da meno di cento dollari non avrà certamente le stesse prestazioni di quelli da centinaia di migliaia delle università, ma tanti rilevamenti a non perfetta precisione messi insieme possono diventare un potente guardiano sui livelli di inquinamento determinati dal traffico automobilistico. Anche questa è scienza di cittadinanza.
Il secondo articolo che mi ha colpito è quello di Romano Prodi pubblicato sul Sole24Ore di oggi. Si intitola “Il futuro passa dall’istruzione tecnica”. Titolo esplicativo, ma poi nell’articolo si scopre che negli ultimi 25 anni rapporto fra formazione tecnica e professionale si è rovesciato. Se i licei prima erano scelti dal poco più del 30% oggi invece sono a quasi il 50%. Una conquista? Assolutamente no,anche perché i mutamenti radicali del sistema produttivo richiedono specializzazioni sempre più articolate. Il giudizio di Prodi è netto:
“O noi rendiamo chiaro che l’istruzione tecnica applicata è la condizione della sopravvivenza della struttura produttiva italiana o la nostra industria è destinata a scomparire”.
La contraddizione è resa ancora più evidente dal terzo articolo, quello di Claudio Tucci che ho trovato molto significativo sin dal titolo “Mancano 66.000 profili tecnici” e sempre riferito all’istruzione tecnica e professionale l’occhiello rafforza il concetto “A un anno dal titolo il 44% dei ragazzi ha un’occupazione“. Non mi pare servano altri commenti.
Veniamo allora a noi. Qui a Chiusi abbiamo una scuola che offre possibilità diverse di formazione professionale e tecnica. di buon livello. Ho avuto modo di conoscerla attraverso il progetto “Laboratorio ambiente” che mi ha mostrato l’adeguatezza delle strutture e l’ambiente scolastico. L’iniziativa che è stata organizzata su basi volontarie ha trovato riscontri importanti. Sono in molti, anche dall’estero, che si sono affacciati tramite il web per capire quello che si stava sviluppando. Nel sito della regione sulle eccellenze dei processi partecipativi questo esperimento di scienza di cittadinanza ha visto una qunatità di accessi paragonabili a quelli che la stessa Regione ha organizzato su temi molto più generali (http://open.toscana.it/web/laboratorio-ambiente/home).
È soltanto un contributo fra quelli che la nostra scuola sta sperimentando per posizionarsi su livelli di qualità sempre più alti. Sarebbe bene che in un anno elettorale chi si candida a guidare il Comune pensi anche a come contribuire alla scuola come condizione dello sviluppo.
Ha ragione Carlo (Giulietti) quando dice che ci sono pregiudizi sull’istruzione tecnica. Lo confesso, anche quando mio mio figlio con molta decisione mi pose di fronte all’alternativa “o qui o smetto”, ebbi non poche esitazioni. Ricordo con gratitudine l’incoraggiamento della sua insegnante di italiano di terza media. Fra l’altro la sua passione per la meccanica si trasformò negli anni del professionale in passione per l’informatica e quindi dopo la qualifica passò all’istituto tecnico di Arezzo. Ora lavora come informatico e probabilmente se avessi insistito dopo la terza media per un’altra scuola ora sarebbe insoddisfatto e probabilmente disoccupato. Sul Marconi, attualmente Istituto Superiore Valdichiana, se ne sono dette molte, la maggior parte a sproposito. Era stata fatta passare anche l’idea che dovesse chiudere perché l’edificio venisse trasformato in un albergo a tante stelle, per favorire lo sviluppo economico di Chiusi. È proprio vero, la mamma dei cretini è sempre incinta.
Tutti gli anni in questo periodo si parla dell’importanza della formazione tecnica, io stesso in varie occasioni ho citato dati in proposito
https://www.chiusiblog.it/?p=25339
https://www.chiusiblog.it/?p=10802
Il Ministero dell’Istruzione, anche sulla spinta di associazioni di categoria, analisti ed economisti, in vari modi cerca di spingere i giovani a seguire questa strada. Purtroppo non è semplice rimuovere pregiudizi e vecchie concezioni dell’istruzione tecnica, e professionale in particolare. Molti giovani sono invece “affamati” di tecnica e di nuove tecnologie, se le famiglie non risponderanno a questi interessi rischiano di creare studenti insoddisfatti, disinteressati e magari futuri disoccupati o costretti a fare lavori nei quali non troveranno la valorizzazione delle proprie capacità.