Nell’iniziativa di Primapagina sulle elezioni amministrative molti hanno sottolineato il mutamento degli ultimi anni, il confronto fra la situazione attuale con quella dei bei tempi che furono. Lorenzoni, ad esempio, si è soffermato con sul drammatico calo della partecipazione al voto. In tutte queste analisi, però non si è tenuto in debito conto la variazione della composizione sociale del nostro comune. Quando si parla di caduta di consenso di questo o quel partito non si può lavorare soltanto con i valori assoluti.
L’ISTAT ci offre dati preziosi per qualche considerazione sulla presenza di stranieri nel nostro comune. I dati si riferiscono alla fine del 2015. Gli stranieri ufficialmente residenti a Chiusi rappresentano poco meno del 15% della popolazione. Questi cittadini non possono votare alle elezioni politiche e regionali. Una buona metà (stranieri comunitari) potrebbe votare alle amministrative, ma finora non l’ha fatto. Quando quindi si maneggiano dati assoluti dei voti ottenuti da questo o quel partito, di questo dato occorrerebbe tenere conto. Questo, però è soltanto un aspetto.
Se non ci fossero i 1274 cittadini stranieri i residenti sarebbero pari alla popolazione residente a metà degli anni ’20 del secolo scorso quando cominciava a crescere per lo sviluppo della ferrovia (elettrificazione, etc.). Il lieve calo rispetto al 2013 non dipende dai rientri (compensati da nuovi arrivi) quanto piuttosto all’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di alcuni di loro. È facilmente prevedibile che il fenomeno si accentuerà nei prossimi anni. La popolazione che da decenni è stabile intorno agli 8600-8800 abitanti (salvo un picco di 9200 nel 1981-1991) sarà sempre più caratterizzata da popolazione straniera o di origine straniera con cittadinanza italiana.
Da sottolineare come più della metà dei residenti stranieri sia di origine comunitaria e quindi i maggiorenni di questa quota potrebbero già votare alle elezioni amministrative previa iscrizione ad un elenco elettorale speciale. Dei comunitari la stragrande maggioranza è rumena. Infatti i rumeni rappresentano quasi la metà di tutti i residenti stranieri.
Possiamo anche accennare al fatto che la cosiddetta “invasione islamica” da chiacchiera da bar non c’è. Infatti dalle nazioni di provenienza possiamo dedurre che i residenti che professano quella fede sono probabilmente meno di 150.
Questa è la situazione. La mia recente esperienza all’interno di un progetto della scuola professionale di Chiusi dove una buona parte degli iscritti è straniera mi induce ad affermare che questa sezione della popolazione rappresenta una risorsa importante e non certamente un problema. Ma quali politiche verranno messe in atto per tale valorizzazione? Per ora non se ne intravedono.
Rimane invece il problema degli stranieri rifugiati. Non se ne conosce il numero, forse una ventina. Ma questa è una questione del tutto diversa.
Fa piacere sapere che finalmente una forza politica si ponga il problema che riguarda il 15% della popolazione di Chiusi. Speriamo che il dibattito non sia generale ma si cominci a parlare di azioni specifiche per l’integrazione e la valorizzazione di questa nuova risorsa.
Posso assicurare che questo argomento sarà tema di discussione nella imminente campagna elettorale. I 5Stelle stanno studiando la questione e la prossima settimana sarà a Chiusi un parlamentare europeo con cui verranno individuate, tra l’altro, le linee di intervento per una questione non più rinviabile.
Come voteranno i concittadini comunitari è l’ultima delle preoccupazioni perché il coinvolgerli nelle prossime elezioni comunali è un passo decisivo per una integrazione sempre maggiore.
Chi si sente a proprio agio nella nuova casa è sicuramente portato a rispettarne regole e strutture e a contribuire a migliorarla.
I 5Stelle sono consapevoli che non avranno consensi elettorali per questa battaglia (è molto improbabile che i rumeni votino il Movimento invece è facile che qualche voto se ne vada nel tentativo di coinvolgerli nelle elezioni) ma è una battaglia di civiltà e nell’interesse della città perché, come ricorda Paolo (Scattoni), i concittadini comunitari (in prevalenza rumeni) sono una risorsa che non può più essere dispersa.