In una delle sue “Lezioni Americane” – la prima, se non m’inganna la memoria -, Italo Calvino parla del suo lavoro come di una continua operazione di sottrazione di “peso” in direzione della leggerezza, e rappresenta questo suo sforzo ricorrendo al mito di Perseo e Medusa. Dal sangue dell’uccisione di Medusa – il cui sguardo pietrificava chi la guardava – nasce Pegaso. Dal massimo di peso – la pietra – nasce l’eleganza, la leggerezza del cavallo alato. E’ quello che mi suggeriva lo spettacolo, delizioso, presentato giovedi 12 maggio al Teatro Mascagni.
Erano di scena le quinte classi della scuola elementare con una rappresentazione a tema. Si parlava di storia del nostro territorio e di un protagonista, il Clanis. Lo spettacolo chiudeva il lavoro invernale del laboratorio di teatro tenuto da Alessandro Manzini. Con l’azione, dal mare preistorico, su fino a quando venivano alla ribalta le questioni tra Stato Pontificio e Granducato, con tanto di “battibecco” a suon di torri, siamo passati per il formarsi della Palude e la presentazione dei suoi abitanti. A tutto questo, faceva da collante l’ambizione del piccolo Clanis che voleva diventare grande. Ecco, una materia così densa, che rischiava di restare pesante, Alessandro, da buon lettore di Calvino, l’ha resa leggera, ariosa, godibile anche e soprattutto dai bambini.
Lo seguo da un po’, e mi piace molto come lavora Manzini: pacato, misurato e, soprattutto, bravissimo sia nel suo lavoro, sia nella capacità di dare equilibrio e sicurezza ai ragazzini, che non si sentono mai soli, ma sanno di poter contare sul suo cenno e sul suo sorriso di rassicurazione. Seppur sia stato un laboratorio di poche ore settimanali, ha prodotto un risultato davvero importante. La lettura che Alessandro ha dato della storia del Clanis è lineare, senza concessioni a materiali fantasiosi, anzi, l’ha presentata come una storiafavola interessante quanto e più di altre fiabe assai più conosciute: molto carino lo sketch che riepiloga le varie favole. E quindi abbiamo seguito la drammatizzazione con tanto di personaggio collettivo come la Palude, la personificazione dello scontro tra Granducato e Papato su due fazioni bellicose, la definitiva consacrazione del Clanis come fiume che sfocia a mare con l’aiuto del Paglia. Al di là dello spettacolo, comunque molto ben curato e divertente, credo che vada sottolineato anche qualche altro aspetto.
Molto importante è stata la prospettiva che apre una narrazione di questo genere. Da un lato, la rivendicazione di questa storia come propria da parte di bambini egiziani, arabi, romeni, albanesi, filippini e cinesi consente una loro partecipazione più consapevole alla comunità in cui vivono e di cui spero vivamente vorranno far parte a titolo integrale e non solo come ospiti; dall’altro lato, si offre l’opportunità – soprattutto alle bambine – di un’esperienza che probabilmente (e malauguratamente) alcune comunità di origine non avrebbero permesso. I futuri cittadini si formano anche così.