da Daria Lottarini per la lista Possiamo
Possiamo – Sinistra per Chiusi esprime un giudizio critico sul metodo con cui l’amministrazione comunale ha gestito la concessione per l’utilizzo della struttura dell’Ente S. Stefano.
L’Associazione nella sua autonomia ha fatto domanda per usufruire degli spazi, seguendo le procedure stabilite dal regolamento comunale che, appunto, prevedono la presentazione di una richiesta per l’utilizzo di beni mobili o immobili.
Il comune deve definire, sulla base dello stesso regolamento, l’eventuale concessione, le modalità e le relative condizioni; in tale circostanza riteniamo che avrebbe potuto valutare l’esistenza di altre richieste. E’ nota a tutti l’esigenza, sentita da parte di diverse associazioni, di avere a disposizione una sede per la propria attività.
L’Ente comunale poteva predisporre un bando per coinvolgere altri soggetti interessati. Invece ha preferito rendere pubblica la notizia a cose fatte..
Stupisce che il regolamento comunale non sia stato mai menzionato, né dal sindaco, quando rivendica la discrezionalità della scelta, né nella delibera di giunta. Evidentemente, la discrezionalità è stata totale. Ciò dà il senso di come vengano definite le scelte:
la modalità sbrigativa con la quale è stata concessa la struttura , a nostro giudizio, non sembra rispondente a quei criteri di trasparenza e imparzialità che un’amministrazione pubblica deve sempre adottare.
La nostra critica è, in ogni caso, più generale ed è relativa ad un metodo che l’Amministrazione comunale adopera sistematicamente per gestire i rapporti con il sistema associativo, sia in tema di erogazioni di risorse finanziarie, sia per la concessione di strutture pubbliche che, è bene ricordarlo, non sono di proprietà degli amministratori ma dell’intera collettività.
Negli ultimi anni si è consolidata una prassi, nella elargizione dei contributi alle associazioni, politicamente molto discutibile, rispetto ai criteri di trasparenza che sono essenziali per una buona amministrazione. In particolare, quando vengono elargiti ripetutamente contributi, alle medesime associazioni, per decine e decine di migliaia di euro. Ci risulta che ad alcune di esse siano stati dati finanziamenti per somme che arrivano a venti- trenta mila euro in sole due annualità.
Invitiamo i cittadini e le associazioni a riflettere su simili metodi che possono sembrare poco importanti e relegabili nella semplificazione delle scelte, ma al contrario sostanziano, a nostro avviso, un modo di intendere e praticare il potere da parte di chi governa la città. Un “potere” decisionale che, anziché essere al servizio della collettività, diventa troppo spesso, occasione strumentale per acquisire visibilità e facile consenso.
Ciò, che deve essere una scelta amministrativa da realizzarsi attraverso un percorso regolato da norme e criteri di trasparenza, per soddisfare un bisogno o addirittura un diritto, viene trasformato in una sorta di benevola concessione. Una “discrezionalità” che sembra essere legata alla “magnanima” disponibilità di chi governa.
Possiamo, chiede che siano adottati metodi più trasparenti, criteri verificabili sulla rispondenza dei programmi presentati, rispetto ai principi normativi vigenti, quali le pari opportunità , la solidarietà e l’interesse per la collettività. Sia inoltre attuato l’indirizzo contenuto nel regolamento quando afferma che la Giunta annualmente riferisca al Consiglio comunale , anche congiuntamente all’illustrazione del rendiconto della gestione , di cui all’art. 227 del d.lvo 267/2000 , in merito all’attività svolta in tale ambito. Compresi gli atti di indirizzo annuali , la fissazione dei limiti di partecipazione , l’individuazione di requisiti minimi per l’erogazione dei contributi o benefici.
Questo semplice comportamento da parte di chi ha la responsabilità di governo eviterebbe anche il nascere di polemiche inutili e dannose che creano divisioni nocive a una positiva crescita del sistema associativo locale.
Non sono pessimista come Giorgio Cioncoloni. Una trasparenza conquistata e non concessa può aiutare. Per ora c’è troppa disparità fra chi detiene l’informazione chi la vorrebbe.
Il caso degli ex Macelli è paradigmatica. Il comune si è privato di una proprietà e dopo dieci anni non si capisce che cosa nel frattempo sia successo. Quando il Comune ha riscosso il prezzo di quella cessione? Tutto regolare? In fondo è un bene della collettività che è stata ceduta a certe condizioni e non si comprende se e come quelle condizioni siano state rispettate.
Sulla questione delle regole sull’affidamento di beni comunali ho proposto che i due gruppi consiliari di minoranza presentino una mozione. Vediamo se anche loro usano l’informazione come “bene comune” oppure la utilizzano per il proprio consolidamento politico.
La risposta di Paolo Scattoni toglie diversi dubbi, soprattutto quelli della legittimità dell’atto.
Per quanto riguarda la discrezionalità, purtroppo, sempre per esperienza, penso che non ci sia nulla da fare perché la concezione della “moderna amministrazione” è quella che ha come principio “io ho vinto le elezioni e quindi non devo rendere conto a nessuno”.
Solo gli elettori potrebbero fare qualcosa ma sembra che per la maggioranza di loro questa “arroganza del potere” sia un elemento marginale se non addirittura positivo.
Casi nazionali ci dimostrano che solo la magistratura è in grado di ridimensionare questo “potere assoluto”, ma non credo che a Chiusi ce ne siano gli estremi.
Questa dichiarazione, tanto sollecitata, ora c’è. Mi pare che le posizioni dei due gruppi di minoranza ora coincidano. Non sarà forse il caso di presentare una mozione in consiglio?
X Giorgio (Cioncoloni)….speriamo che quel giorno venga presto…..ci credo poco, però.
Il paese di Chiusi, è “Cosa loro ” ! Vedremo a Ottobre che fine faranno i ” Leccanti ” !
Per uno che ha consumato i corridoi del Comune e un bel po’ di soldi per chiedere documentazione (dagli anni ’80 soprattutto per la mia tesi di dottorato) è facile essere d’accordo con Giorgio (Cioncoloni). Una sola precisazione. A quello che ho capito c’è una decisione dell’Ente Santo Stefano risalente al 2001 con la quale la chiesa veniva data in concessione per 20 anni al Comune, che poi l’ha data in uso ai Semidarte prima e ad Asservizio ora.
La prima domanda che sorge spontanea, frutto anche di esperienze personali come consigliere comunale, è questa: ma gli amministratori sono al corrente del fatto che esiste un tale regolamento?
La seconda domanda, meno retorica, ma che richiederebbe un serio approfondimento, è questa: ma la giunta comunale può decidere da sola l’affidamento di un bene di proprietà dell’Ente S. Stefano, ente autonomo e dotato di un proprio consiglio di amministrazione, di cui il sindaco è solo un componente?
Altre domande sono conseguenti: gli altri componenti sono stati informati? Erano d’accordo? La procedura è legale?
Tutto questo non per polemica, ma per chiarezza e trasparenza, dal momento che è l’ora di finirla di pensare che tutti coloro che chiedono chiarezza sono solo dei frustrati il cui loro unico scopo è quello di polemizzare contro chi fa solo il bene del paese.
Tutti sono contenti che venga fatto il bene del paese ma nel rispetto delle regole e dando a tutti i cittadini pari opportunità, anche a coloro che non vanno tutti i giorni a scappellarsi negli uffici comunali.
Chi interpreta la richiesta di confronto costruttivo e trasparente come “lesa maestà” non ha capito niente di come funziona la democrazia e verrà il giorno in cui lo capirà a proprie spese, come è successo a molti.