di Paolo Scattoni
Premetto subito che non so leggere un un bilancio. Quello che provo a fare è un po’ di chiarezza sulle cifre di base. Nel recente dibattito sono volate molte cifre anche inesatte (comprese quelle fornite da me). È allora il caso di andare alla fonte e consultare il sito della Fondazione Orizzonti.
Consiglio di gestione. Relazione sull’andamento dell’amministrazione e sulla attività della Fondazione- anno 2015 a firma della Presidente Silva Pompili. È una lettura che consiglio in modo che gli ignoranti come me possano minimizzare gli errori. Nella relazione ci sono anche le previsioni economiche 2016-2018 che vengono riassunte nella tabella riportata sopra. La relazione avverte che “la dimostrazione di operatività” riguarda l’anno 2016. Bene allora soffermiamoci sul 2016. Le uscite previste ammontano a ben 325.863 euro. Una cifra ben al di sopra a quelle che sino ad ora sono circolate. Questi costi sono coperti dalle entrate che per ben 213.000 da contributi pubblici: 158.000 dal Comune e 65.000 da Regione e Ministero.
Allora tutte le attività della Fondazione, la maggior parte delle quali riguarda il Festival costano un bel pò. Ora possiamo cominciare a fare qualche considerazione se quanto produce la Fondazione (incluso il Festival) valga questo sforzo rappresentato dal “pubblico”. La mia opinione è che non li valga. La valorizzazione delle risorse locali potrebbe essere gestita autonomamente con cifre ben più modeste. Diciamo il 10% di quella cifra più la possibilità di un se pur limitato utilizzo del teatro. Io credo che i gruppi locali ci farebbero una bella firma.
Allora tutto il resto vale 300.000 euro? Da qui possiamo partire.
Continuo a chiedermi se Piazza (..etta) Duomo sia il luogo adatto per allestire quel tipo di spettacoli. La risposta che mi do è assolutamente no. Se in nome dell’ “arte” vengono precluse le libertà cittadine io non lo accetterò mai. Leggere il post su Orizzonti di qualche giorno fa.
Diciamo che ci vorrebbe un assessore alla cultura capace di leggere bene la realtà locale e di consultare chi può dare una mano. L’importante è che lo faccia in trasparenza e con criteri di tracciabilità delle decisioni. In questi giorni sto rileggendo Wikicrazia di Franco Cottica. Gli strumenti ci sono basterebbe tentare di utilizzarli.
Si certo, Cultura è tante cose e la Fondazione Orizzonti non si dovrebbe occupare solo di Performing Arts, così da intenti costitutivi “valorizzare il patrimonio culturale, teatrale ed economico, che rappresentano alcune delle eccellenze del nostro territorio”.
Per fare questo ci vogliono spiriti liberi e menti illuminate, pronte ad affrontare nuove progettualità… e, soprattutto, che cerchino di “leggere” il presente ma con un occhio ad un futuro che spesso si manifesta prima del previsto …facile a dirsi…
Si d’accordo. Il problema, però, è chi decide su cosa si vuole. Le risorse sono limitate e quindi una considerazione va fatta. Io, ad esempio, non sono d’accordo che a Chiusi (ma anche altrove) per “cultura” si debba intendere esclusivamente il teatro. Faccio come esempio il lavoro che è stato fatto per il movimento maker. Non è assolutamente un esempio “pro domo mea” perché di risorse finanziare al Comune non sono mai state chieste, ma anche questa è cultura oppure no? Non voglio qui entrare nel dettaglio, ma personalmente ritengo che 325.000 euro per la Fondazione siano eccessivi in assoluto, non solo per quello che produce.
Le risorse impiegate sono troppe o troppo poco, dipende da cosa si vuole ottenere. Se si parte dal famoso “con la cultura si mangia” e dal coefficiente (variabile ma ormai dimostrato) di moltiplicazione rispetto ad ogni euro investito correttamente, è un conto. In questo modo diventa un investimento che prevede ricadute dirette ma anche indotti multipli e diversificati sul territorio; in questo senso, la cifra attuale potrebbe essere persino insufficiente. Se invece si ripete un modulo culturale di nicchia – ovviamente meglio se ben fatto – che delizia solo una minoranza – credo che sia un lusso che al momento non ci si possa permettere.
Un’ultima considerazione di carattere generale. Va comunque evitato il malcostume di speculare sul bisogno di un’artista di esprimersi pagandolo una miseria o persino ingannandolo sul fatto che sta investendo sul suo futuro (e quindi facendolo lavorare gratis). Questo sistema non solo penalizza la vita quotidiana di queste persone ma, alla lunga, abbassa terribilmente il livello qualitativo (prendendo chi costa meno al di là della qualità).