di Paolo Scattoni
Un’esponente del Movimento 5 Stelle (del quale non faccio parte) mi ha domandato: se tu dovessi sintetizzare in una pagina un progetto relativo a quello che stai facendo per favorire la diffusione della cultura tecnologica e favorire iniziative di scienza di cittadinanza cosa scriveresti? Ho accettato la sfida e ho scritto alcune righe che trovate qui sotto. Si tratta di un pensiero del tutto personale. Mi piacerebbe però che fosse commentato.
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Progetto: Junior Science Shop
Lo Science Shop è una struttura, spesso collegato a un dipartimento universitario che fornisce sostegno gratuito alla ricerca partecipativa indipendenti in risposta alle preoccupazioni vissute dalla società civile. Si tratta di un approccio basato sulla domanda e bottom-up alla ricerca. Il loro lavoro può essere descritto come la ricerca su base comunitaria. In Italia sono molto rari e comunque i piccoli centri urbani e le aree interne hanno spesso difficoltà a raggiungere queste strutture. Inoltre le attrezzature a basso costo e il movimento maker consentono di pensare alla costituzione di science shop anche in “periferia”.
Obiettivo di questo progetto è quello della costituzione di uno science shop che veda coinvolto il locale Istituto professionale, ma anche associazioni locali per l’innovazione tecnologica e le imprese. Per comodità lo chiameremo “Junior Science Shop”.
Condizioni di partenza
Nel 2015 L’autorità per la Partecipazione della Regione Toscana ha finanziato un progetto (16.000 euro) di scienza cittadinanza che così descrive:
“L’intento di questo innovativo esperimento di “Scienza di Cittadinanza” è di formare un gruppo di studenti e di cittadini in grado di usare e diffondere i nuovi strumenti di analisi ambientale, un tempo accessibili esclusivamente ai centri di ricerca e agenzie, ma oggi disponibili low cost. Un uso diffuso e coordinato – anche tramite web – di questi strumenti può consentire un controllo puntuale ed efficiente della qualità ambientale e – più in generale – incentivare l’interesse per le tematiche ambientali (e le relative strumentazioni di analisi) per fornire alla società civile un ampio spettro di conoscenze per valutare nel miglior modo possibile le decisioni che riguardano e interessano tutti nei territori dove viviamo”.
I risultati di questo progetto sono descritti nel sito regionale dedicato che in meno di due anni ha avuto circa 27.000 contatti. (http://open.toscana.it/web/laboratorio-ambiente/home)
Inoltre la associazione “InnovazioneLocale” creata nel 2014 si è dotata di statuto ed è stata formalizzata. InnovazioneLocale (innovazionelocale.it) ha organizzato corsi gratuiti sul microcontrollore Arduino.
Caratteristiche del progetto
Il Junior Science Shop di Chiusi avrebbe come finalità generale quella di accompagnare la comunità locale nelle trasformazioni determinate dalla rivoluzione tecnologica in corso. In particolare:
1. Monitoraggio dello stato di aria, acqua (lago di Chiusi), terreno (p.e. inquinamento da nichel)
2. Monitoraggio della salubrità degli ambienti (p.e. per le scuole “Progetto Aulapulita” attualmente in corso.
3. Promuovere la creazione di una FabLab a servizio dei maker locali;
4. Promuovere spazi di co-working ed eventualmente di start up.
5. Promuovere attività di informazione sull’innovazione tecnologica e sue possibili applicazioni a livello locale.
Il progetto non è finanziato e dovrebbe quindi ricercare adeguate forme di finanziamento, crowd funding e partecipando a bandi sul tema dell’innovazione tecnologica.
La proposta è sicuramente interessante, anche la Regione Toscana pare faccia dei passi in tal senso, su http://www.intoscana.it/site/it/lavoro/articolo/Sharing-economy-la-Regione-Toscana-presenta-CollaboraToscana/ , anche se non ho avuto tempo di approfondire, mi sembra si diano indicazioni che vanno in questa direzione. Non sarebbe male individuare anche forme di collaborazione istituzionali. Dal momento che sull’ente locale, come verificato, non si può fare affidamento, ripartire dalla Regione non sarebbe male. Servirebbe inoltre coinvolgere anche un maggior numero di potenziali “Maker” ma questo può anche essere una conseguenza naturale, una volta partiti e trovata una sede adeguata.
D’accordo con Enzo (Sorbera), ma qui si propone un “negozio della scienza”, un luogo dove i cittadini, communities e associazioni, anche di centri piccoli come Chiusi, possono trovare aiuto. Altra cosa sono i possibili progetti di associazioni come Innovazionelocale, che potranno proporre progetti sempre più ambiziosi.
La proposta – che mi piace ed apprezzo – seppur articolata, mi sembra minimale, nel senso che sconta il punto di vista parziale delle ultime esperienze che abbiamo condiviso. Cerca di condividere e “recuperare” alcuni progetti nati dalle nostre collaborazioni e, sebbene abbiamo ottenuto risultati entusiasmanti, l’ambito proposto è ancora troppo circoscritto, e finisce per diventare troppo cauto e di basso profilo. E’ un buon punto di partenza, ma occorre fare uno sforzo in più. Abbiamo verificato che sono presenti, nel tessuto cittadino, competenze che potremmo davvero chiamare a collaborare su un progetto d’ipotesi più complessiva di smart city. Un primo nucleo già esiste e sono le collaborazioni ancora “in fasce” tra InnovazioneLocale e il Gruppo Archeologico per la realizzazione di alcuni strumenti. Si tratta di materiali (e know-how ed esperienze) che possono proiettarsi, con qualche (relativamente) piccola modifica, sulla dimensione cittadina. Le direzioni possono essere molte: dai “cobots” alla conservazione del patrimonio ambientale e culturale alla sostenibilità intelligente in termini di risparmio energetico, per dirne solo qualcuna. Il problema qui è il supporto per l’idea di una città che dovrebbe investire nell’economia della conoscenza – anche dei propri cittadini.
La struttura del Science Shop ci ricorda come nei sistemi complessi conta molto l’adesione delle componenti più energiche e creative della società complessa; le nuove tecnologie e la possibilità di definire al meglio i contributi creativi dei maker digitali offre spunti interessanti alla creazione di posti di lavoro sostenibili, riguardo alla manutenzione delle architetture bisogna che da parte del pubblico si attui una nuova strategia urbana di sviluppo ancora lontana dallo sfruttare al meglio i nuovi mestieri.
Meno slogan e più idee questo ancora manca all’orizzonte!