di Paolo Scattoni
Questo mio è un giudizio del tutto personale. Non si può bloccare un intero Paese per più di otto mesi con una campagna elettorale continua caratterizzata da un frastuono assordante. È stato un turbinio di dibattiti (soprattutto televisivi), confronti, manifestazioni e comitati. Il tutto sarebbe dovuto servire a migliorare le conoscenze per un voto consapevole. In parte è servita, ma quello che soprattutto è prevalso, in tutto questo tempo, è stato il desiderio di imporre una linea politica e, almeno da una parte, l’affermazione di una leadership che la riforma avrebbe dovuto consolidare. Sin dall’inizio è stata fortemente personalizzata: “o vince il SI o me ne vado”. Posizioni, poi, solo formalmente corrette, ma che nella pratica sono rimaste intatte. C’è stata la inutile passerella di artisti (talvolta neppure quelli, ma solo nani e ballerine) che hanno di solito motivato con superficialità il loro voto. di Paolo Scattoni
C’è stata la offensiva passerella dei cosiddetti poteri forti. Una banca di affari come la JPMorgan che si è permessa di dichiarare “Il salvataggio del Monte dei Paschi sarà possibile soltanto se vince il SI”. Un’interferenza inaccettabile che per quanto mi riguarda ha contribuito a trasferire i miei risparmiucci presso altra banca. Non vorrei, votando NO, di contribuire alla mia personale rovina economica.
Fra sei giorni inizierà il silenzio elettorale e domenica finalmente si uscirà da questa pesante atmosfera che è stata creata artificialmente.
Personalmente non mi aggregherò alle manifestazioni di giubilo se, come spero, vinca il NO e neppure mi vestirò a lutto se vincerà il SI. Tirerò invece un sospiro di sollievo per la conclusione di questi otto mesi di brutta politica.