di Paolo Scattoni
In questo momento ho la televisione accesa su L7, trasmissione Omnibus sul referendum. È una rissa insopportabile dove i decibel si sprecano e dove non solo non si capiscono le argomentazioni , ma non si riesce neppure ad ascoltare. I partecipanti sembrano essere stati istruiti su tecniche di interruzione e di disturbo da mettere in atto quando l’interlocutore sembra offrire argomenti interessanti.
È sempre antipatico il ritornello “io l’avevo detto“, ma questa volta non posso evitare l’autocitazione. Era il 21 aprile, sala Eden, il comitato NoTriv aveva organizzato un dibattito sui risultati del referendum e già prospettava un comitato del NO al referendum che infatti si formò pochi giorni dopo. In quell’occasione sono intervenuto. Il succo del mio intervento era “non è possibile reggere una campagna elettorale di cinque mesi” (mi illudevo saranno alla fine più di sette). Sottolineavo il rischio che una lunga campagna elettorale sarebbe stata urlata e non orientata ad informare. Salvo alcune lodevoli eccezioni purtroppo è stato così.
Ho cercato di creare un mio percorso personale di studio. Partivo da da una posizione per il NO, ma sapevo poco della riforma. Non escludevo che approfondendo avrei potuto anche cambiare opinione, tanto da proporre provocatoriamente su chiusiblog la costituzione di un comitato per il NI, per approfondire insieme. Ho studiato la mia posizione iniziale per il NO e ho trovato solide conferme. Domenica quindi vado ai seggi per votare TRANQUILLAMENTE NO.
Sono d’accordo e anch’io voterò tranquillamente NO.
Che sia stata un campagna elettorale giocata più sulle suggestioni che sugli argomenti con un inaudito dispiego di mezzi da parte del governo e del Pd non v’è alcun dubbio.
E’ altrettanto vero che chi voleva informarsi ha potuto farlo e il senso della riforma è più o meno chiaro a tutti: se passa si va verso un confuso accentramento dei poteri.