di Paolo Scattoni
È possibile trarre una lezione dei risultati referendari a livello locale? Per l’ambito nazionale avrei sperato un po’ più di misura e l’abbandono definitivo della propaganda urlata. Purtroppo non è stato così. Si continua a urlare anche nel dopo referendum. Non c’è stato il rinnovamento nei comportamenti, ma neppure sui contenuti. La formazione del nuovo governo è un esempio. Invece di dare un segnale si è preferito un governo fotocopia, magari con la nomina al ruolo assai importante a sottosegretario alla presidenza di una certa Boschi che il referendum l’ha perso. Fra l’altro ci aveva promesso che se il no avesse vinto si sarebbe ritirata dalla politica. Fra le novità c’è una ministra all’università che non è neppure laureata.
Dunque il voto referendario a livello nazionale è stato coniugato male. Com’è stato coniugato a livello locale? Direi altrettanto male. Il polittico locale di riferimento del centro sinistra Stefano Scaramelli sta suonando la carica della riscossa, senza neppure fermarsi qualche ora a considerare quello che è effetivamente successo. Non è tempo di radunare le truppe, quanto piuttosto interrogarsi, allargando il dibattito a tutti, su quello che è successo. In particolare capire cosa significhino quei SI e quei NO e poi lanciare un confronto politico sulle prospettive politiche. Ormai anche la Regione sta faticosamente cercando di riflettere sui beni comuni e sulla terza rivoluzione industriale. In questo contesto è fondamentale capire come Chiusi e in generale tutte le cosiddette “aree interne” di cui facciamo parte si sapranno organizzare.
Mi auguro di avere la memoria corta ma il modo in cui si è fecero scappare i giovani da quell’esperienza potenzialmente molto costruttiva, alla mia memoria – forse “nebbiosa” – grida ancora vendetta. Seppure non giovane ne presi le distanze anch’io e anche mia moglie che, almeno allora, rientrava nella categoria. D’altronde se Chiusi è ridotta così, qualche errore anche gli oppositori devono averlo commesso, no? Non può essere che il caffè se non è buono sia sempre colpa dell’acqua.
Io sono a contatto giornaliero – anche come formatore didattico – con giovani tra i 20 e i 30 anni e sebbene sia parzialmente vero cioè che Luciano Fiorani dice, trovo che la media di loro sia eticamente migliore di come eravamo noi che, non ce lo dimentichiamo, ci siamo “fumati” questo paese riempendolo di debiti, auto-assolvendoci con il segno della croce come nel Veneto oppure tenendo i denari per stretti in un pugno chiuso come qua e là anche in Toscana (e nemmeno tanto lontano da Chiusi). Se poi alcuni di loro sono fiacchi e viziati, pensiamo anche come li abbiamo educati o…diseducati noi, in modo che lo potessero diventare…Il mio Maestro Beni Montresor che era nato povero nella campagna veronese degli anni ’20 lasciò la casa di New York alla casa di riposo del suo paese natale. “Alle tue nipoti che cosa lasci?” gli chiesi un giorno, visto che non aveva figli. “Lascerò poco – rispose – gli voglio troppo bene per far loro del male”
Probabilmente la memoria non è più quella di una volta. È l’età. Ho riportato un dato di allora. Lo scrissi anche. Quei giovani si erano esposti. Ci fu anche chi scrisse di un forum permanente. Con un po’ di pazienza posso ritrovare tutto in archivio.
Per mestiere, di giovani ne incontro molti. Di questi tanti rimangono in casa dei genitori non perché siano choosy come ebbe a dire la Fornero, ma per necessità. I più fortunati “lavorano” in studi professionali anche a salario zero. Molti lavorano in bar e ristoranti a 5 euro l’ora. Sono spesso lontani dalla politica come lo sono molti nuovi poveri, giovani o anziani che siano.
Riguardo ai giovani e La Primavera avete (Paolo Scattoni e Paolo Miccichè) o la memoria corta o poche informazioni.
Sul resto, è chiaro che i tempi siano cambiati ma giovani lo siamo stati tutti e, per quanto mi riguarda, ho fatto liberamente le mie scelte (pagando quello che c’era da pagare e senza il paracadute della famiglia) e dico chiaramente che non apprezzo minimamente il modo di fare della stragrande maggioranza dei giovani di oggi che ormai viaggiano con altri valori, altri principi…e con la macchina spesata da babbo e mamma.
…. su questo punto, mi sento di dare ragione a Paolo (Scattoni). Credo che i giovani siano disposti ad esporsi ma devono sentire che ne vale la pena. Per i più anziani che hanno un lavoro solido o la pensione è più facile parlare; loro non solo hanno una situazione diversa ma vedono che a Chiusi, il senso della rinuncia pervade un po’ tutti e quindi perchè non loro? La Primavera, passate le elezioni, ripiegò su stessa con un programma empirico e minimalista…e di conseguenza….
Io ricordo le penultime elezioni. Fui chiamato dalla Primavera a esprimermi sull’urbanistica di Chiusi. Trovai un ambiente effervescente dove un gruppo di giovani si stava impegnando con diversi compiti. Quindi si esponevano. Perché poi si siano allontanati dall’impegno politico non lo so. Che ci voleva dar loro più spazio nelle liste e aiutarli ad essere eletti?
Sono d’accordo con Carlo (Sacco). Anche se generalizzare non è mai buona norma è chiaro che la situazione è quella che dice lui. Poi, naturalmente ci sono le eccezioni, ma eccezioni rimangono.
Ormai tra chiusiblog, primapagina e i social il modo di ragionare dei problemi di Chiusi c’è.
Però a farlo sono sempre una cerchia ristrettissima e prevalentemente attempata.
Lasciamo stare problemi come sanità, rifiuti, acqua che i giovani vivono solo di riflesso ma sul Palapania, delle centinaia di giovani che praticano sport a Chiusi chi ne ha sentito uno proferir parola?
Il motivo, anche secondo me, è quello che indicava Carlo (Sacco): non disturbare il manovratore.
Perché saranno anche giovani ma hanno capito come va il mondo: mettersi contro mano ha dei prezzi.
Una volta c’erano altre motivazioni che bilanciavano questa eterna situazione.
Oggi, per cosa dovrebbero esporsi? Per dignità, per un mondo e un futuro migliori, per dare un contributo alla città, per riaffermare libertà di giudizio…?
Per quel che vedo non sono robe che interessino la stragrande maggioranza dei giovani.
Dei vecchi già sappiamo.
Ma che vuol dire “…. i giovani sono tutti allineati e coperti e non alzano mai il ditino”? Si viaggia per generalizzazioni. Oggi ci sono giovani allineati e coperti e ci sono quelli che partecipano. Perché quelli che negli anni 70 avevano il posto in banca grazie all’iscrizione a certi partiti o magari grazie all’amicizia di qualche grande imprenditore che cosa erano? Anche allora c’erano quelli che partecipavano e quelli che per opportunismo o per necessità tacevano o appena sussuravano. Il problema oggi è quello di interpretare i tempi. In un’età di grande incertezza è necessario agire pronti ad essere smentiti appena il giorno dopo.
Il costume di Chiusi caro paolo Miccichè forse lo conosci poco, perchè sento che ti chiedi se ci sia qualcuno che abbia qualcosa da dire pubblicamente. Pubblicamente non c’è nessuno, oppure pochi, perchè quei pochi o sono venuti via da tempo immemore lasciando la gestione alla nouvelle vague democristiana-cattolica, che stà ad ascoltare, parlano fra loro, ma non reputano conveniente farlo corampopulo dentro al loro partito. Merce obsoleta, segno anche di grande involuzione personale.Trent’anni fa almeno c’era qualcuno che si ribellava a questo stato di cose, oggi i giovani sono tutti allineati e coperti e non alzano mai il ditino per dissentire.Che segno è ? … e se i giovani sono peggiori da questo punto di vista dei più anziani, mala tempora currunt.Il corto circuito prodotto appositamente e con grande lucidità politica di spaccare la sinistra quando ormai si era frammentata da sola è stato redditizio al neogoverno dc di stampo renziano.Tu forse non eri nato ma negli anni 60 arrivò a Chiusi una organizzazione che si faceva chiamare ”gli uomini del GO”.Facevano riunioni, vendevano elettrodomestici, tutti erano diventati piccoli rivenditori e facevano riunioni dove si vedeva la gente normale urlare a squarciagola quando veniva presentato un prodotto :”GOOO !!! Padri di famiglia, giovani e meno giovani, donne ed uomini.La febbre renziana gli rassomiglia, l’unica cosa che non è cambiata è il prodotto in vendita : le pentole ….
Si, e infatti parlavo di te non per personalizzare ma per esemplificare. Volevo dire che, appunto perchè il Partito è un mezzo e non un fine – e concordo pienamente – se il mezzo non va bene, va cambiato; va cambiato dall’interno o dall’esterno, dagli iscritti che si ribellano a questo andazzo o tramite una scissione, a livello nazionale così come a Chiusi. Essendo il PD uno dei due grandi partiti italiani, la sua salute è fondamentale anche per la nostra salute. Se non riesce ad essere un mezzo efficace, bisognerà pure porsi il problema no? Continuando a dire che il PD non va bene ma che è un mezzo, siamo arrivati a questo, nonostante che molti di noi lo avessero paventato, visto le premesse. La Boschi e De Luca cosa hanno a che fare con Speranza e con Emiliano…e, per esempio, anche con Scattoni? Gli uni o gli altri non possono stare nello stesso consesso e condividere valori comuni.
Marino non era certo Alemanno ma anche lui pensava di stare nel PD utilizzandolo come mezzo, senza considerare che ne sarebbe uscito stritolato, che gli anticorpi lo avrebbero attaccato. Ha puntato ad ottenere molto, non considerando che più lo faceva e più anticorpi attivava. Diciamo che ha sbagliato tattica e questo, in politica, è un errore capitale al di là dei buoni contenuti e delle buone intenzioni.
Non posso che ripetere ancora una volta quanto ho già detto. Per me il partito è un mezzo e non un fine. Ho continuato ad aderire al PD perché la speranza è che possa esprimere un pratica politica capace di affrontare il cambiamento determinato dalla terza rivoluzione industriale.
La Raggi può fare peggio di Marino? Non è impossibile perché Marino ha affrontato molti problemi ormai incancreniti e per questo è stato fatto fuori. Le modalità sono state penose. Solo per non farlo parlare in una seduta di consiglio che lo poteva tranquillamente sfiduciare pubblicamente.
Paolo, quando si polemizzava con te non era per puro gusto dialettico ma perché si individuava nel PD l’anello debole tra chi doveva essere invece la colonna portante di un nuovo modo di fare politica. Questo partito, frutto di una fusione a freddo, si è via via dissolto in un agglomerato di tribù in guerra fra loro, oltre ad abdicare alla vocazione ulivista ovvero un centro-sinistra portatore di una certa visione del mondo e di un modo di fare politica alternativo alla, allora, volgarità berlusconiana. La conseguenza per aver seccato la discussione e la partecipazione interna al partito è stata la esternalizzazione sui Media, che ha fornito l’enzima di crescita per piante spontanee, la più grande delle quali è il Movimento 5Stelle. La gestione del potere sta accecando i politici del PD che non si rendono conto di cosa stia succedendo e tornano a comportarsi come nella Prima Repubblica fino al redivivo “governo balneare”, versione panettone. Consegneranno il Paese nelle mani dei 5Stelle che, se è vero che non sono ancora pronti a governare, è vero anche che per noi che siamo la “gente”, non lo sono nemmeno gli altri. La Raggi fa o farà peggio di Marino, Alemanno e soci che hanno distrutto scientificamente Roma?
O gli iscritti cercheranno di far sentire la propria voce oppure la scissione sarà l’unica, sebbene dolorosa, scelta che rimane da fare. Civati, Fassina e Cofferati come avanguardie? E a Chiusi, qualcuno che abbia qualcosa da dire pubblicamente?